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Wiligelmo, la Cacciata dal Paradiso (particolare)

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TUTTO comincia da Modena. Se pensiamo alla pittura ci sembra naturale far coincidere l’inizio dell’arte moderna con Giotto, quando per la prima volta l’uomo appare nella sua verità e nella immediatezza della sua azione, con i movimenti esteriori e i moti interiori che rispecchiano la sua natura. Ma è una convenzione contraddetta dalla esperienza della scultura che, ben prima della pittura, mette in scena l’uomo nella sua forza e nella sua miseria, in un racconto di vita e di azione.

Tutto questo accade a Modena, due secoli prima di Giotto a Padova, tra 1099 e 1106 quando uno scultore di origini tedesche, ma certamente con bottega nella città emiliana, Wiligelmo, racconta in quattro grandi lastre nella Cattedrale, le storie del Genesi. Sono così sorprendenti da lasciare senza fiato.

Una lapide ci consegna il nome di Wiligelmo, il primo artista a dichiararsi, con orgoglio, con il proprio nome, in latino, e nell’assoluta certezza del proprio merito: “Quanto, fra gli scultori, tu sia degno di onore, è dichiarato ora, Wiligelmo, dalle tue opere”.

È emozionante vedere emergere dalla pietra un uomo con la sua inconfondibile, quanto potente, personalità. Una dimostrazione di capacità narrativa senza precedenti, con il rapporto vero tra Dio e gli uomini: ecco Eva che esce dal corpo di Adamo che continua a dormire; ed ecco i progenitori cacciati dall’angelo: le loro teste sono piegate dall’archetto della cornice per accentuarne l’umiliazione. Poi li vedremo lavorare (!) con ampi abiti che ne coprono le nudità mentre zappano la terra, alle radici di un albero il cui tronco si sovrappone alla colonna, in una sorprendente soluzione spaziale. Sentiamo il loro corpo, la loro umanissima umiliazione. E poi le azioni drammatiche: Caino che uccide Abele, il cui corpo si affloscia senza vita, come una marionetta sotto la violenza del colpo; Lamech colpisce con una freccia Caino, che invano afferra il ramo di un albero per non cadere. E poi l’arca, e Noè che ne esce con i figli con pacificata solennità, come un gruppo antico.

Nel ritmo, nella azione, le storie di Modena esprimono una varietà di emozioni, di sentimenti, perfino di turbamenti, dell’uomo, con una forza originaria, letteralmente biblica. Più nessuno, neanche Giotto o Giovanni Pisano potranno andare oltre.

La Genesi

Wiligelmo fa scuola, se troveremo sul fianco del duomo di Modena il maestro della porta della Pescheria e il maestro delle Metope. Quest’ultimo, nel linguaggio romanico di Wiligelmo, introduce una variante apollinea, di ritrovata classicità, con una intuizione anticipatrice della rinascita federiciana Modena è laboratorio di ricerche così profondamente innovative da aprire la strada a tutti i cantieri di scultura nelle cattedrali padane; dal Sant’Abbondio di Como al San Michele di Pavia, alla Sacra di San Michele, al Sant’Andrea di Vercelli, al San Donnino di Fidenza, al Duomo di Cremona e di Ferrara.

Un fermento di invenzioni di allievi di Wiligelmo, di nuove idee di Nicholaus, di Antelami, che raccontano e nascondono verità, sotto una selva di simboli che hanno la loro origine a Modena, la mecca della scultura romanica. Che si diffonderà fino alle grandi cattedrali del sud della Francia. Ma nessuno sarà completo, intenso come Wiligelmo. Epico come Omero.


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