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8 minuti per la letturaDa sempre si cerca di usare modelli scientifici per comprendere e spiegare i comportamenti umani: funziona davvero o si rischiano semplificazioni?
Mettere assieme scienze umane e matematica, o meglio utilizzare i metodi matematici per spiegare i comportamenti umani, è sempre stato il pensiero fisso di alcuni scienziati. Un po’ come la ricerca in fisica della teoria del tutto, il tentativo è quello di una razionalizzazione portata alle estreme conseguenze, con il tentativo di formalizzare qualsiasi accadimento riguardi le persone. Attenzione, non formalizzare in maniera soft, ma appunto per mezzo della rigorosissima matematica.
Le scienze umane e la sociologia in particolare conoscono molto bene questo tipo di approccio: fa parte, in senso ampio, di quello che si definisce scientismo, un atteggiamento che partendo dal presupposto dell’unicità del metodo scientifico per qualsiasi disciplina, tenta di uniformare qualsiasi processo di conoscenza scientifica all’approccio nato con il preciso intento di muoversi in un campo di tipo deterministico. L’esasperazione di questo atteggiamento trova fondamento in quella che viene definita sociologia matematica: un’area interdisciplinare di studio che combina concetti e metodi della sociologia con la matematica e la statistica.
L’obiettivo principale della sociologia matematica è quello di utilizzare modelli matematici e analisi quantitative per esaminare e comprendere i fenomeni sociali e le dinamiche delle società umane, sulla base dell’ipotesi che è possibile applicare strumenti matematici e statistici per analizzare i processi sociali complessi. L’elenco degli strumenti utilizzati per questo fine è molteplice, a partire ovviamente dalla statistica, ma gli studiosi di sociologia matematica utilizzano anche equazioni e modelli matematici per rappresentare e analizzare i comportamenti sociali. Questi modelli possono includere equazioni differenziali, reti complesse, sistemi dinamici e altro ancora. Un’area di particolare interesse è lo studio delle reti sociali, cioè la struttura delle relazioni interpersonali in una comunità o una società.
Gli analisti utilizzano metodi matematici per esaminare la topologia delle reti, l’influenza sociale, la diffusione delle informazioni e altre dinamiche sociali attraverso le connessioni tra individui; la teoria dei giochi è invece spesso utilizzata per studiare le decisioni e le interazioni strategiche tra individui o gruppi nella società. Questo approccio si concentra su situazioni in cui gli attori cercano di massimizzare i loro risultati in base alle scelte degli altri. Infine, quelle che vengono definite simulazioni computazionali: la sociologia matematica spesso ricorre a simulazioni computerizzate per esaminare i comportamenti sociali in contesti complessi. Queste simulazioni possono aiutare a comprendere come emergono determinati modelli sociali e a testare ipotesi teoriche.
La schiera di scienziati che si richiamano a questo tipo di approccio vede senz’altro in posizione di prima fila lo scomparso George Homans, docente di sociologia dal 1939 all’università di Harvard, dove fu nominato professore nel 1953. Gli interessi fondamentali di Homans toccano soprattutto il campo della sociologia industriale: fu infatti fra i primi collaboratori di Elton Mayo. Considerato uno dei pionieri della sociologia matematica, Homans è noto per il suo lavoro sulla teoria dello scambio sociale e per aver applicato modelli matematici alla comprensione dei comportamenti sociali e delle relazioni interpersonali.
Ma vanno ricordati anche Duncan Watts, uno dei principali esperti di reti sociali e complessità sociale, che ha contribuito in modo significativo allo studio delle dinamiche delle reti sociali attraverso l’uso di modelli matematici e di analisi dei dati e Robert Axelrod, noto per il suo lavoro sulla teoria dei giochi e sulla cooperazione, che ha invece applicato modelli matematici e simulazioni per esplorare la cooperazione reciproca e la stabilità delle strategie sociali. Ancora, moltissimi gli autori che hanno lavorato attorno al concetto di reti sociali, influenzando in qualche modo l’approccio matematico alla sociologia: James Coleman, Mark Granovetter, Albert-Lázló Barabási, Nan Lin e Ronald Breiger i principali.
La questione dell’approccio matematico nella sociologia è oggetto di dibattito all’interno della disciplina, e non c’è un singolo, identificabile gruppo che avversi completamente l’uso della matematica. Tuttavia, ci sono alcune correnti di pensiero e posizioni che sono state più scettiche riguardo all’uso eccessivo della matematica nella sociologia. Innanzitutto, va segnalata la posizione di alcuni sociologi che ritengono che l’uso eccessivo della matematica possa portare a semplificazioni eccessive dei fenomeni sociali complessi.
Essi avvertono che l’uso di modelli matematici può ridurre la ricchezza e la complessità delle situazioni sociali reali. Per questa ragione, un’altra prospettiva propone l’approccio qualitativo, basato sull’osservazione diretta, l’intervista e la ricerca sul campo, come più adeguato a catturare la complessità e la ricchezza delle esperienze sociali. Ci sono anche gli studiosi della tradizione critica della sociologia, come i teorici dell’approccio marxista o postmoderno, che talvolta esprimono scetticismo riguardo all’uso della matematica, vista anche come possibile strumento usato per sostenere il potere e l’oppressione: mentre gli storici della sociologia vedono la matematica come un approccio più recente nella disciplina, preferendo l’analisi storica e la comprensione delle trasformazioni sociali nel tempo.
La posizione che sembra più realistica – e soprattutto corretta – è quella di chi sostiene un approccio pluralistico, che combina sia metodi quantitativi che qualitativi in modo appropriato a seconda delle domande di ricerca e dei contesti specifici. Un approccio che realizza la piena flessibilità della metodologia sociale e si prospetta come epistemologicamente tollerante nei confronti dei metodi utilizzati per giungere a livelli di conoscenza più elevati. Vi è da aggiungere che bisognerebbe fare una riflessione anche sugli effetti che può produrre un approccio di raccolta dei dati su soggetti consapevoli di essere parte della ricerca o meno, perché vi sono numerose evidenze che le cose possono cambiare anche radicalmente (e questo non è certo un bene rispetto alla qualità dei dati stessi che verranno poi analizzati).
Ma questo è un altro, complesso discorso. Per quanto mi riguarda, credo che una linea di approccio che preveda integrazione fra approccio qualitativo e quantitativo, ma anche fra intrusività e periscopicità nella raccolta dei dati possa essere il modo migliore – da un punto di vista etico ma soprattutto guardando alla qualità dei dati ottenuti – per poter fare una buona ricerca.
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Ma le suggestioni fra gli strumenti della matematica e lo studio dei comportamenti umani non finiscono qui. Voglio ricordare, per esempio, l’approccio certamente singolare adottato da un grande studioso qual è l’antropologo britannico Timothy (Tim) Ingold. Le sue opere si concentrano principalmente sulla comprensione della relazione tra l’essere umano e l’ambiente circostante, nonché sulla critica delle tradizionali dicotomie concettuali come natura/cultura e mente/corpo.
Ingold ha sviluppato un interessante modello teorico, che utilizza alcuni capisaldi della geometria, pur reinterpretandoli con sagacia, umanizzandoli in qualche modo: ci riferiamo alla sua idea di linea e di trama. Ingold introduce la nozione di linee e trame proprio come modo di concepire la vita e l’esperienza umana. Le linee rappresentano le convenzioni e le rappresentazioni astratte, mentre le trame si riferiscono alle pratiche materiali e alle esperienze in continua evoluzione.
Ingold afferma che la vita è una trama, in cui gli esseri umani sono immersi, piuttosto che una serie di linee fisse e distinte. In sostanza, le linee rappresentano concetti astratti, categorie o rappresentazioni convenzionali che tendiamo a utilizzare per descrivere il mondo. Esse sono spesso vincolate a schemi culturali, categorie di pensiero o discipline accademiche, e possono includere concetti come natura, cultura, mente e corpo.
Ingold critica l’uso eccessivo di queste linee astratte perché tendono a semplificare la realtà e a separare artificialmente ciò che, secondo lui, dovrebbe essere considerato come interconnesso. Le trame, d’altra parte, rappresentano le pratiche materiali e le esperienze della vita quotidiana: sono quindi costituite da attività, azioni, relazioni e interazioni che si verificano nel contesto dell’ambiente circostante. Le trame, pertanto, sono dinamiche e in continua evoluzione, poiché sono influenzate dalle circostanze, dall’ambiente e dalle interazioni sociali: le trame sono ciò che compone la vita stessa, in contrapposizione alle linee astratte che possono distorcere la comprensione della realtà.
Nella sua prospettiva, la direzione delle linee è spesso determinata dalla cultura, dalle convenzioni sociali e dalle categorie di pensiero che influenzano la percezione e la comprensione del mondo. Queste linee astratte (come appunto, per esempio, natura e cultura) sono spesso costruite socialmente e culturalmente e possono variare da una società all’altra. Ingold critica l’uso eccessivo di queste linee astratte, poiché tendono a semplificare e separare artificialmente la realtà, portando a una visione distorta del mondo.
Per questa ragione enfatizza l’importanza di spostare l’attenzione dalle linee astratte alle trame delle pratiche e delle esperienze reali. Egli suggerisce che dovremmo concentrarci sullo studio delle attività quotidiane, delle interazioni sociali e delle esperienze materiali per comprendere meglio la vita umana e la cultura. Le trame sono dinamiche e in continua evoluzione e sono plasmate dalle azioni degli individui, dalle loro interazioni con l’ambiente circostante e dalle circostanze specifiche, risultando così più vicine alla realtà vissuta e alle esperienze quotidiane
La lezione che fornisce Tim Ingold è quindi chiara e condivisibile: un invito agli antropologi e a tutti gli studiosi a considerare la vita umana e la cultura non come una serie di concetti astratti separati, ma come un intreccio continuo di pratiche ed esperienze in evoluzione, in cui le linee e le trame sono costantemente intrecciate.
Questa prospettiva sfida le dicotomie tradizionali e promuove una comprensione più dinamica e interconnessa del mondo. Molto interessante: un uso di concetti geometrici che calzano perfettamente la realtà sociale.
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