Antonio Canova, “La Pace” (1815) Kiev, Museo Varvara e Bogdan Chanenko
3 minuti per la letturaPensando alla condizione della popolazione Ucraina, ma anche dei musei e dei monumenti, sono intervenuto alla Camera con queste parole: “Illustre Presidente Draghi, Presidente della Camera, Ministri, deputati, i suoi interventi, negli ultimi tempi, indicano la necessità di armare o di potenziare l’armamento dell’esercito ucraino. È vero che, ricordando Machiavelli, forse questo indica la condizione naturale lungo i secoli, interrotta soltanto negli ultimi settant’anni, quella che lui dice: “sempre, mentre che io ho di ricordo, o e’ si fece guerra, o e’ se ne ragionò”. Se non si fa, come noi non la facciamo, se ne ragiona e se ne può ragionare in diversi termini, alcuni dei quali sono nell’avviso di quanti hanno manifestato posizioni pacifiche. Io credo di non avere quel temperamento, ma di immaginare, per esempio, di portare in Italia, in Campidoglio, l’immagine della “Pace” di Canova, nel momento in cui si commemora il secondo centenario dell’artista.
Voglio ricordare, però, che l’Ucraina era particolarmente cara a Tolstoj, il quale indicava – e lo raccomando alla sua memoria –, in modo molto semplice, questa rotta: “Come non si può spegnere il fuoco con il fuoco, né asciugare l’acqua con l’acqua, così non si può eliminare la violenza con la violenza”. Sarei, quindi, prudente per l’avvenire a pensare che armare quell’esercito, che è un grande esercito di resistenza e diventa sempre più forte con i cittadini, non sia, in realtà, un modo per non interrompere questa guerra e aumentare i morti, perché anche un soldato russo morto è un innocente, non ha voluto quella guerra, l’ha subita”.
Con particolare attenzione, invero, ma con un riferimento improprio, Draghi, nella replica delle sue comunicazioni alla Camera, mi ha risposto in questi termini perentori:
“Onorevole Sgarbi, io capisco la sua tristezza – che poi è anche la mia e credo quella di tutti noi qui – di fronte alla carneficina, che è vero che non distingue le divise, ma distingue i bambini. È un terreno molto scivoloso questo, perché, se noi sviluppiamo le conseguenze di questo ragionamento – cioè non aiutare militarmente i Paesi che vengono attaccati, questo è il ragionamento – allora dovremmo accettare che sostanzialmente difendiamo il Paese aggressore, non intervenendo. Dovremmo lasciare che gli ucraini perdano il loro Paese e accettino pacificamente la schiavitù. Capisce bene che questo è un terreno, come dicevo, scivoloso, che ci porta a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito Paesi inermi, a cominciare da Hitler, a cominciare da Mussolini”.
In chiusura del dibattito io ho, a mia volta, ribattuto: “Onorevole Presidente, la sua replica alla mia dichiarazione è stata ripresa dai telegiornali e contraddetta dal Papa. Non voterò la risoluzione della maggioranza per una semplice ragione: lei ha opportunamente evocato Mussolini e Hitler, ma ha dimenticato che per liberare l’Europa da Mussolini e Hitler gli americani sono sbarcati in Sicilia e hanno condotto una battaglia vittoriosa. Ora, armare oggi, nella speranza della vittoria, è una illusione, ma nella certezza della sconfitta è uno sterminio, perché si moltiplicano i morti e si uccidono persone innocenti senza alcun esito. Per questo la tregua, una tregua difesa da noi e non un cedimento al potere dell’Impero del male – peraltro amatissimo nel passato e nei programmi del Movimento 5 Stelle: Putin è stato per loro un idolo – è una proposta che io le ho fatto, come il Papa dice, in pace. Non armandoli perché la guerra continui nella certezza della sconfitta militare. Putin è lo sconfitto morale, è sconfitto sui social, è sconfitto nella comunicazione, nell’opinione pubblica ma è il probabile vincitore militare. Non è su questo piano che dobbiamo contrastarlo, ma sul piano morale e sul piano della persuasione”. Così credo. E anche il Papa
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