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Cari uomini, ho pensato a lungo se scrivervi. Non potrei farlo. È proibita qualsiasi comunicazione tra noi e voi. Quando è accaduta, in passato, le conseguenze sono state nefaste. Pensate a quello che è successo a Cassandra o a Gesù Cristo. Sapete essere crudeli, lo sappiamo qui. Noi invece non siamo nulla, nulla che voi possiate concettualizzare, ma questo tendete a dimenticarlo.

Ho deciso di scrivervi perché non posso più riposare. Mi invocate di continuo. Io sempre, in ogni istante, vi ascolto e voi implorate, imprecate, sperate. Per questo motivo vorrei dirvi qualcosa che possiate tenere a mente, anche per i mie futuri: non posso fare nulla per voi che non possiate fare voi stessi. Se sono troppo diretto, mi scuso.

Io non sarò che una somma di miliardi di istanti e quegli istanti siete voi, o meglio sono ognuno un millesimo delle vostre azioni. So che avete sofferto, nel corso del mio predecessore, e mi dispiace. È successo che abbiate avuto a che fare con la morte, con la malattia, con l’incertezza, con la paura, più di quanto vi sia accaduto negli ultimi decenni. O almeno, in una misura collettiva più vasta, più generalizzata.

Qualcosa è cambiato in voi, non c’è dubbio. Ma non so se abbiate compreso effettivamente cosa. A volte ci sembra da quassù che voi guardiate in tutt’altre direzioni, anche se la cosa più ovvia sarebbe guardare dritto. Ma è piuttosto raro che scegliate le cose più ovvie, abbiamo capito anche questo. Non vi comprendiamo voi uomini, ma vi impariamo. Siamo qui per quello: siete il nostro presente, il nostro passato e il nostro futuro, come noi lo siamo per voi. Letteralmente.

A livello macroscopico vi comportate adesso come una specie di animale impazzito. Una di quelle bestie ferite che gira in tondo, ora ringhiando ora guaendo, e si aspetta che il suo aguzzino possa spuntare da qualsiasi parte. Una bestia sa che sentirà male, può prevedere la sofferenza, è questo che la impazzisce di dolore, ma non sa il perché di quella pena e dunque si aspetta tutto da tutti e corre avanti e indietro, spesso aumentando i propri mali, a volte correndo loro incontro. Voi esseri umani tutti insieme siete quella bestia, anche se provate a darvi un tono, a usare quella che chiamate razionalità.

Avete coniato molte spiegazioni scientifiche: sono le risposte ai perché che vi ponete, una cosa tutta vostra, ma spesso tendete a ignorarle. Riuscireste meglio nel vostro intento se aveste tutti lo stesso fine comune, ma non è così. In meno di tutti gli altri animali, voi avete che a volte vi sfugge il fiuto istintivo: l’odore che comanda di porre prima di ogni altro obiettivo quello della propria salvezza. Lo avete dimostrato da un paio di secoli a questa parte, quando avete smesso di prendervela solo tra di voi e avete iniziato a infierire sul tutto vivente. Quei secoli sono stati difficili per noi.

Al rientro del 1760, visto l’andazzo lì da voi, molti giovani anni hanno iniziato a sabotare il Passaggio. Rifiutavano di andare di sotto, se aveste continuato a scavare, bucare, bruciare, radere al suolo. Alcuni obiettori di coscienza, li chiamavamo così usando il vostro gergo, fingevano fino all’ultimo di essere pronti, ma poi si immobilizzavano, rifiutando di muoversi. A molti piaceva passarsi di bocca in bocca una vostra parola: sciopero.

Ovviamente sono stati costretti a prendere il loro servizio di sotto. Saremmo finiti tutti altrimenti, voi giù noi su. Ma loro pur di non prestarsi allo scempio erano pronti a mandare tutto all’aria, volevano farci esplodere di nuovo: il Big Bang lo avete chiamato voi. Divertente.

Ma quello che vorrei dirvi è che state sbagliando ancora direzione. “Speriamo che il 2021 sia migliore”, lo sento da milioni di vostre voci, in centinaia di lingue. Temo di dovervi deludere. Io non sarò migliore, come il mio povero predecessore non è stato peggiore di altri. Voi sperate in me, quando è in voi che dovreste sperare. Se solo vi poteste vedere da così lontano, come vi vediamo noi, capireste che tutti insieme siete una forza immensa, portentosa, terribile, più di venti maremoti, più di cento vulcani o di mille terremoti. Noi non siamo che tempo. Una materia fluida e mobile nelle vostre mani, senza forma, senza direzione.

Ci avete dato delle convenzioni, classificazioni, scansioni, ma sapete bene che noi siamo oltre: non abbiamo prima né dopo, avanti né dietro, presente, minuti o ore. Tempo distensio animae. Ci piacque parecchio quando lo disse uno di voi, sembrava aver capito il legame tra noi e voi: siamo fatti della stessa materia. Bello questo vostro concetto di anima o demone o spirito o comunque vogliate chiamarla, ci è parso che per un momento ci aveste visti un po’ anche voi dal basso, aveste compreso come siamo fatti quassù.

Voi sperate che io sia migliore. La speranza è memoria del futuro disse il greco, un altro che aveva compreso l’impasto di cui siamo fatti. Il vostro futuro, che sarei io nell’immediato, è fatto del vostro passato, voi lo conoscete già. Potete essere migliori se siete stati migliori. Lo siete stati? A volte ci è parso di sì. Non tutti insieme, no. Tutti siete ancora una forza cieca e amorale, spesso distruttrice e avida. Ma osservando piccoli gruppi di voi, ecco ci incantavate.

Ci incantate tutt’ora. Ci sono azioni vostre che fermano il flusso del tempo, che diventano infinite, eterne. Sono azioni a volte completamente irrazionali, ma neanche istintuali: nulla che abbia a che fare con l’utilità o la sopravvivenza. Ecco, quelle azioni modificano gli atomi del mondo, invertono le leggi fisiche, sconvolgono i destini biologici.

Abbiamo guardato l’amore. Abbiamo osservato come fate arte: il trucco che avete escogitato per rubare una rotellina al meccanismo del tempo e nasconderla, tramandandovela di mano in mano come un prezioso oggetto di famiglia. Abbiamo visto anche la cura, che è un atteggiamento tutto vostro. Quando lo abbiamo colto nei primi di voi, siamo sobbalzati. La civiltà è nata con il primo femore rotto curato, ha detto una vostra scienziata.

Anche l’umanità si potrebbe dire sia nata allora.

Non posso fare quindi molto altro che ricordare voi a voi stessi. Sapete già cosa fare: parlate di curarvi a vicenda, proteggere i deboli, tutelare l’arte, salvare l’ecosistema. La direzione la conoscete, anche senza vederla. Cercate solo di arrivarci il più dritto possibile, senza inutili deviazioni. Non sono quelle altre le cose importanti. Sapete di quali parlo. Ascoltate bene chi vi ha osservato da tempo infinito: non sono quelle le cose importanti.

Io spero in voi. Con tanti auguri per il nostro incontro, Il 2021


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