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“State buoni, se potete”, raccomandava Don Filippo Neri agli orfani di cui si occupava, nella povera Roma del Cinquecento. Un appello che si è conservato attraverso i secoli e un po’ anche tra i denti, ogni qualvolta ci si trova in compagnia di bambini spesso troppo movimentati. Il monito non è comunque stato d’aiuto a un ristoratore di Roma, che oggi rischia di ritrovarsi a dover risarcire un danno da 30.000 Euro alla famiglia di una piccola cliente, ustionata con una pizza bollente rovesciata da una cameriera, la quale era stata spintonata da un altro bambino.

L’incidente avviene nel 2007, dopodiché la famiglia della piccola infortunata chiama in causa il locale chiedendo un risarcimento danni. Il Tribunale di Ostia rigetta la richiesta, ma in Appello il ristoratore viene condannato a risarcire la famiglia, poiché avrebbe dovuto prevedere che i piccoli clienti sarebbero stati un potenziale pericolo per il servizio in sala.

La Corte d’Appello ha insistito nel condannare la condotta “troppo tollerante” del proprietario del locale che non aveva rimproverato i bambini, asserendo che avrebbe dovuto essere più intransigente e prevedere il loro eccessivo movimento.

L’orientamento concorde della Cassazione su questo punto ha definitivamente confermato la condanna a carico del ristoratore. Nelle motivazioni della Suprema Corte ritroviamo perfino l’esempio del giurista romano Ulpiano, che considerò responsabile un barbiere che ferì alla gola un suo cliente con il rasoio dopo essere stato urtato dalla pallonata di alcuni ragazzini, perché era cosciente di stare esercitando la propria attività in una zona frequentata da molti bambini.

A ciò la Cassazione ha aggiunto anche che i ristoratori hanno la responsabilità del benessere del cliente nel momento in cui lo stesso entra nel locale, e che il loro non si limita a essere un mero servizio di erogazione di cibo e bevande nei confronti di chi paga. Tuttavia, la Suprema Corte ha “restituito” il caso alla Corte d’Appello poiché non appaiono chiare le motivazioni della sentenza: qual è stato l’effettivo danno estetico per la bambina? Con quali criteri si è arrivati a individuare nella somma di 30.000 euro l’importo del risarcimento?

Una spinta che rischia di costare parecchio, quindi, sulla pelle (letteralmente) di una bambina ustionata e di un ristoratore considerato direttamente responsabile. Ma se sul piano giuridico possiamo rifarci perfino ai nostri avi romani per ricondurre le colpe di un incidente all’esercente di un’attività, è altrettanto comprensibile, sul piano puramente umano, che i genitori non abbiano alcuna responsabilità per l’incapacità dei propri figli di osservare le regole del luogo in cui si trovano con quel minimo di educazione necessaria a qualsiasi età? Pochi mesi fa si gridava allo scandalo per la decisione del proprietario di una pizzeria di non accettare bambini nel suo locale, proprio perché consapevole del fatto che potessero arrecare disturbo ad altri clienti ed intralciare il servizio; oggi la notizia che la Suprema Corte abbia condannato un ristoratore per non aver impedito ai bambini di muoversi ci fa storcere il naso. Non sarà che, come in molte altre situazioni, anche in questo caso la responsabilità di un incidente è un concetto altamente relativo? L’idea che dei bambini vengano “esclusi” da quel frammento di vita sociale che è una cena fuori casa ci fa rabbrividire: “sono bambini, che volete che sia”. Eppure è necessario entrare nell’ottica che non tutto ciò che riguarda i bambini è scusabile con il loro “status”. E di fatto, se mai ci sia davvero un colpevole, quello non è mai il bambino. Chi sfugge (quasi) sempre ai propri doveri nel momento in cui un bambino si mostra non già troppo vivace, ma maleducato, sono proprio i genitori.

La differenza tra vivacità e maleducazione può essere spesso fraintesa, eppure c’è: un bambino maleducato non risponderà positivamente né al primo, né al secondo, né al decimo richiamo; il bambino con il “semplice” argento vivo addosso saprà, seppure nella propria euforia, rispettare le indicazioni dei genitori che, nel momento in cui un inserviente porta in tavola la cena, gli chiederanno di sedere e non dare fastidio.

Chiedere al bambino di avere anche solo una vaga idea della precarietà in cui si muove un cameriere in un locale colmo e con delle portate in mano, è davvero una pretesa incontentabile: ai suoi occhi potrebbe sembrare un giocoliere che è lì per farlo divertire. È corretto dire che il gestore di un locale sia responsabile del benessere del cliente che entra nel suo esercizio; è sbagliato pensare che sia responsabile anche della mancata educazione dei clienti più piccoli, lasciati girovagare senza controllo per tutto il locale.

Genitori, state attenti, se potete.


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