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“Dieci, nove, otto…”

Ogni anno finisce alla rovescia e con il botto.

Butterò nel secchio il vecchio calendario. Prenderò l’agenda nuova, fresca di stampa – il dorso della rilegatura sboccerà alla prima apertura – e inizierò a segnare appunti e appuntamenti, con una calligrafia ordinatissima. Mi conosco e so che arriverà quasi subito la prima sbavatura d’inchiostro, la prima rettifica. Soltanto allora quelle pagine cominceranno a essere mie. Non sono capace di scrivere a matita e non uso una gomma da quando frequentavo le scuole medie. La mia vita è una costellazione di cancellature fatte a penna e quindi di cancellature in qualche modo incancellabili.

“…Sette, sei, cinque…”

È un trucco da quattro soldi contare il tempo al contrario fino ad azzerarlo; un po’ come chi, dopo aver sporcato i calzini, li rivolta dal lato opposto e se li rimette indosso. È un trucco da quattro soldi, ma certe sere vorrei esserne capace anch’io.

Il mio tempo non conosce sottrazioni, soltanto aggiunte: nel mio conto alla rovescia di Capodanno, un secondo può soltanto sommarsi a un altro.

“…Cinquantasei, cinquantasette….”

Ho la memoria degli elefanti e a volte mi pare anche la stazza, mi pare di non riuscire a fare manovra neanche in una piazza per il volume che mi porto dentro e appresso e dappertutto.

Posso dimenticare le date dei compleanni, confondere nomi e indirizzi, ma non sono mai stata turista su questa terra. Pur sentendomi sempre per natura un po’ straniera, ogni albergo l’ho abitato come fosse una casa.

“… Cinquantotto, cinquantanove…”

Quando lascerò andare le cose, sarò libera di andare anch’io. Temo di aver guardato troppo e troppo a lungo in prospettiva del passato. All’anno che viene non chiedo niente, vorrei in futuro solo un tempo presente.

“… Sessanta!”

Auguri!


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