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Frutta e bottigliette d’acqua vendute a prezzi di gioielleria nei chioschi, mentre dal campo al supermercato le quotazioni dei prodotti agricoli si impennano a volte fino al 300%. Intanto agli agricoltori continuano a essere riconosciuti solo pochi centesimi. Sono distorsioni di mercato antiche che l’emergenza Covid ha aggravato e rischiano ora di rendere ancora più pesante una situazione di difficoltà che le imprese agricole e dell’agroalimentare stanno cercando di contrastare. Ma non sono solo le ferree regole commerciali a stritolare le imprese. Tra le maglie si insinua sempre di più la malavita che guarda con crescente interesse al settore agroalimentare diventato particolarmente appetibile.
L’ultima operazione delle Forze dell’Ordine che ha sgominato, nei giorni scorsi, il racket delle bancarelle a Roma con sequestri e arresti conferma che i prodotti agricoli sono al centro del business della criminalità organizzata. E non sono più solo i tradizionali reati, dai furti all’abigeato, che interessavano in particolare le campagne del Mezzogiorno.
Ora nel mirino ci sono le attività agroindustriali di tutto il Paese. Con conseguenze gravi sulla sicurezza alimentare e sullo sfruttamento della manodopera. Si sfugge a ogni forma di controllo, ma è sulla gestione dell’intermediazione e sui prezzi che si gioca la partita più pericolosa. Che alla fine porta l’imprenditore stremato a cedere agli usurai per garantirsi i finanziamenti necessari per andare avanti, strada obbligata verso la vendita dell’azienda a prezzi stracciati. E così i colletti bianchi del malaffare entrano prepotentemente nella gestione delle attività. Insomma si parte dal chiosco per arrivare ai capannoni e ai mercati esteri costruendo una filiera degli inganni. “Un inganno che può riguardare – denuncia Coldiretti – anche la qualità con l’offerta durante tutto l’anno, per esempio, di caldarroste congelate senza alcun rispetto della stagionalità”. Un business ad ampio raggio che spazia dalla frutta ai gelati fino ai fiori.
E con la crisi che morde gli spazi sono sempre più aperti. L’ultima fotografia sull’industria alimentare scattata da Nomisma consegna l’immagine di un settore in forte allarme per le prospettive a breve termine. Il blocco del canale Horeca e le incertezze dell’emergenza sanitaria peseranno sui fatturati delle imprese. Solo il 20% prevede di chiudere il 2020 con un aumento del giro d’affari, per il 62% si stima una calo delle vendite che per alcune potrebbe addirittura toccare il 38%. Un’ipoteca pesante per l’economia italiana in considerazione del forte contributo che l’industria alimentare dà allo sviluppo socio-economico, soprattutto al Sud. Nomisma segnala infatti in Campania, Puglia e Molise l’incidenza doppia dell’industria alimentare su occupati e valore aggiunto rispetto alla media nazionale con livelli ancora più alti in Calabria, Sardegna e Sicilia.
La criminalità prima di altri sembra aver compreso il valore strategico del settore. E’ questo dunque il momento di stingere le maglie. La legge per contrastare il caporalato è operativa, anche se a metà, da 4 anni, manca invece una normativa adeguata in materia di illeciti agroalimentari. Il testo in realtà è pronto, si tratta del disegno di legge che ha recepito le proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie di Coldiretti.. Il ddl è saltato la passata legislatura e ora è ripartito l’iter alla Camera e nei giorni scorsi si sono svolte le audizioni delle organizzazioni di categoria.
Il provvedimento accende i riflettori su frodi e reati che danneggiano il consumatore (per la prima volta spunta il reato di disastro sanitario) e finiscono per mettere a rischio la sopravvivenza delle aziende agroalimentari. Ma è necessario accelerare perché proprio in considerazione della dimensione globale della criminalità e dei sistemi sofisticati che vengono adottati non è più possibile fronteggiarli con un quadro penale di reati fermo al Codice del 1930 e alla legge sull’igiene degli alimenti del 1962. “Nell’ambito delle frodi alimentari- sostiene Coldiretti – è necessaria una vera e propria azione di restyling tenuto conto che la normativa attuale si limita a punire condotte del tutto marginali riconducibili all’oste che aggiunge l’acqua al vino”. La malavita ha fatto giganteschi passi avanti arrivando a controllare cinquemila locali della ristorazione con l’agroalimentare che è divenuto una delle sue aree prioritarie di investimento perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e punta dunque ad appropriarsi di vasti comparti dai campi agli scaffali distruggendo la concorrenza e minando l’immagine del made in Italy. Per questo nel nuovo ddl in primo piano c’è l’agropirateria con pene severissime. Da qui l’appello della Coldiretti ad accelerare i tempi e approvare subito un quadro di norme strategico per tutelare un sistema che dalla produzione alla ristorazione vale oltre 538 miliardi e da cui si può ripartire per una concreta e solida ripresa dell’economia post Covid.
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