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«Priorità al piano vaccinale». È questa la parola d’ordine nella nuova stagione governativa inaugurata con il giuramento di sabato scorso. La pronunciano in tanti e tanto si sta facendo per accelerare la campagna. Due giorni fa è stato varato il nuovo piano, con l’obiettivo di arrivare a 500mila italiani vaccinati al giorno, 6 milioni al mese, utilizzando soprattutto medici di base e pediatri. Ma non solo.

Il cambio di passo coinvolge anche Protezione civile, forze armate e volontari. Questi ultimi, che secondo un dossier citato dall’Ansa su cui sta lavorando Palazzo Chigi, sarebbero 300mila immediatamente attivabili, verrebbero utilizzati per l’allestimento dei centri vaccinali e le eventuali tensostrutture, così come per la parte sanitaria.

ADDIO PRIMULE

Operativa in questo senso è già la Croce Rossa, che sta fornendo al centro vaccinale dell’aeroporto di Fiumicino 30 medici al giorno su due turni, che potranno arrivare a 40 quando il centro sarà a pieno regime e potrà somministrare tremila vaccinazioni al giorno.

Quanto sta avvenendo allo scalo romano potrebbe presto essere replicato a livello nazionale. E sarebbe perfettamente in linea con l’indicazione data dal presidente del Consiglio, Draghi, nel suo discorso al Senato: «Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private».

E le famose primule lanciate da Arcuri e disegnate dall’architetto Stefano Boeri, foriere di polemiche nei mesi scorsi? Non sono state richieste finora da nessuna Regione. Ecco allora che potrebbero presto finire nel dimenticatoio, sostituite da centri come quello dell’aeroporto di Fiumicino, ma anche palazzetti e caserme.
La Difesa ha già risposto presente: il primo hub di questo tipo è stato allestito in tre settimane alla cittadella militare della Cecchignola, a Roma, e aprirà i battenti lunedì prossimo 22 febbraio con una capacità di 2.500 dosi somministrate al giorno. Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha spiegato che si tratta di «un ulteriore doveroso contributo del sistema della Difesa alla battaglia che il Paese sta conducendo contro il Covid».

Il presidio della Cecchignola sarà operativo tutti i giorni su due turni di sei ore. Guerini ha assicurato che seguiranno allestimenti di altri centri in tutta Italia messi a disposizione della Difesa alle Aziende sanitarie locali che ne faranno richiesta.

Le Forze armate intendono offrire il proprio contributo in questa «battaglia», come l’ha definita Guerini, anche attraverso la logistica. Continua infatti l’Operazione EOS della Difesa per la distribuzione dei vaccini. Oggi sono attesi all’aeroporto militare di Pratica di Mare gli arrivi di 547.200 dosi di AstraZeneca, altre 754.806 sono previste domenica 28 febbraio e 470.258 giovedì 4 marzo (per un totale di 1.772.264 dosi). Dopo gli arrivi e la suddivisione da parte del personale del ministero della Salute, avverrà la distribuzione nelle Regioni.

VATICANO CONTRO NO VAX

A proposito di AstraZeneca, l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, ha fatto sapere che il 1° marzo partiranno le vaccinazioni presso i medici di medicina generale, una volta ricevuto il via libera definitivo del ministero della Salute, partendo dai nati nell’anno 1956 (65 anni) con il vaccino AstraZeneca.

Se la Regione Lazio corre, il Vaticano pone un aut aut ai dipendenti. Nella Santa Sede la vaccinazione contro il Covid è sì su base volontaria, ma per chi si rifiuta sono previste «conseguenze di diverso grado che possono giungere fino all’interruzione del rapporto di lavoro». Lo prevede un decreto in materia di emergenza sanitaria dell’8 febbraio scorso2021. In una successiva comunicazione, la Santa Sede precisa che il documento «è stato emanato per dare una risposta normativa urgente alla primaria esigenza di salvaguardare e garantire la salute e il benessere della comunità di lavoro, dei cittadini e dei residenti nello Stato della Città del Vaticano».

Per chi rifiuta la profilassi, prosegue la nota, «la salvaguardia della comunità può prevedere l’adozione di misure che da una parte minimizzino il pericolo in questione e dall’altra consentano di trovare comunque soluzioni alternative per lo svolgimento del lavoro da parte dell’interessato».


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