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Sembrava che tutto andasse per il meglio per quanto riguarda l’infezione da Cov-2 ma negli ultimi giorni si è registrata un’impennata di contagi che ha superato il migliaio di casi verificati attraverso tampone, ma sono certamente molti di più.
A questi alti contagi non corrispondono, per il momento, aumenti significativi di ricoveri in terapia intensiva e di mortalità. Tuttavia si dovrà attendere almeno una settimana per sapere il destino di questi contagiati rispetto allo sviluppo di una malattia più o meno grave.
Intanto occorre ribadire in modo ripetitivo che, nonostante i grandi progressi ottenuti nella conoscenza del virus, sappiamo ancora troppo poco per esprimere giudizi sul futuro. Se ne fanno molti, da parte di esperti e meno esperti, ma va ricordato che si tratta di opinioni e non di conoscenze basate su dati scientifici convalidati.
INTERROGATIVI
Fino a che non avremo un vaccino o una terapia efficace occorre far tesoro di ciò che è stato ottenuto con il lockdown. I soli mezzi difensivi che abbiamo a disposizione sono sempre quelli: mascherine, distanziamento, evitare assembramenti di ogni tipo e lavarsi frequentemente le mani. Ci sia o no la cosiddetta seconda ondata, la precauzione non deve venir meno perché il virus è ancora in circolazione, anche se forse, per la lezione acquisita dagli anziani, colpisce soprattutto i più giovani al di sotto dei quarant’anni, il che pone una serie di interrogativi sulla ripresa delle attività dopo le ferie agostane, incluse quella scolastica.
Contrariamente a quanto si era ipotizzato all’inizio della pandemia, anche i bambini si infettano a ogni età. Ad esempio dal registro americano Virtual Picu, si può apprendere che, su oltre 176.000 giovani infettati, il 30% aveva meno di 2 anni di età, il 24% aveva fra 2 e 11 anni e il 46% fra 12 e 17 anni. Di tutti questi, 74 erano ricoverati in terapia intensiva, un numero molto piccolo rispetto a ciò che succedeva per gli adulti e, sopratutto, per gli anziani.
Un altro studio americano indica un bambino in terapia intensiva per ogni 2.000 contagiati, un risultato analogo a quello riportato da ricercatori cinesi. Quindi i bambini possono venire infettati, ma sviluppano raramente una malattia, essendo per lo più asintomatici o con pochi sintomi, simili a quelli che si manifestano nell’influenza stagionale.
L’ENIGMA BAMBINI
Le ragioni per cui non sviluppano malattie sono ancora sostanzialmente poco chiare. Sappiamo, tuttavia, che i bambini hanno meno recettori detti ACE2, a cui il virus si aggancia attraverso le sue “punte” per entrare nelle cellule. Se il virus non entra nelle cellule non può replicarsi e quindi invadere i polmoni o altri organi.
Un’altra ragione per non sviluppare la malattia potrebbe essere una ridotta carica virale. Ciò è al momento molto dubbio, anche se un recente articolo apparso sul Journal of Pediatrics riporta che i bambini, in molti casi, hanno una carica virale analoga a quella degli adulti e in alcuni casi addirittura anche più elevata, sopratutto nei due giorni precedenti la comparsa dei sintomi.
La ovvia domanda seguente può essere: se c’è analoga carica virale, i bambini sono contagiosi come gli adulti? I dati disponibili indicherebbero che la contagiosità cresce con l’aumento dell’età del giovane. Uno studio condotto nella Corea del Nord riporta che i più giovani hanno una contagiosità minore del 50% rispetto agli adulti, ma si tratta sempre di studi condotti su numeri relativamente piccoli di bambini. Uno studio americano che segue 6.000 bimbi darà presto dei risultati più consistenti.
Possiamo anche chiederci perché infettano di meno. Probabilmente perché, rispetto agli adulti, emettono meno aria con la respirazione ed essendo piccoli l’aria e le goccioline non raggiungono l’altezza degli adulti anche perché, essendo spesso asintomatici, non hanno tosse e non starnutiscono. Quindi si può essere relativamente tranquilli, ma sempre se genitori e nonni manterranno le solite precauzioni e non si abbandoneranno a baci e abbracci.
AUTUNNO A RISCHIO
I problemi, però, tenderanno a moltiplicarsi con l’autunno perché per la prima volta l’infezione da Cov-2 si sovrapporrà a quella dell’influenza stagionale e anche in questo caso sappiamo molto poco. Il sovrapporsi dei sintomi, in un primo tempo analoghi per le due infezioni, determinerà indubbiamente una grande confusione, perché in assenza di test rapidi si rischia di curare l’influenza come se fosse Covid-19 e viceversa. A maggior ragione saranno importanti le norme di sicurezza, perché mascherine e quant’altro ridurranno anche il diffondersi del virus dell’influenza oltre che del Cov-2.
La presenza delle due infezioni può anche rappresentare uno stress per le strutture sanitarie, richiedendo molti più ricoveri ospedalieri, perché non va dimenticato che anche l’influenza induce mortalità, soprattutto negli anziani portatori di altre patologie.
Può essere perciò utile la vaccinazione antinfluenzale? Certamente sì. Purtroppo in Italia la vaccinazione contro l’influenza non è molto popolare, neppure fra il personale sanitario che si vaccina solo per il 20%. Il vantaggio delle vaccinazioni oltre che per gli anziani, è importante perché una buona percentuale dei vaccinati (circa il 60%), essendo protetto, non svilupperà sintomi e quindi non aumenterà, anzi diminuirà il numero delle persone che, avendo sintomi, chiederanno l’intervento di test diagnostici.
I DUBBI-CHIAVE
Inoltre si potrebbero avere altri vantaggi. Ad esempio, uno studio della John Hopkins University riporta che fra i vaccinati contro l’influenza diminuisce la mortalità da Covid-19. Uno studio condotto in Brasile, dove nel corso di questa pandemia era presente anche l’epidemia influenzale, riporta che su oltre 92.000 vaccinati contro l’influenza si aveva, fra i contagiati da Cov-2, un calo di ricoveri in terapia intensiva dell’8% e un calo del 17% della mortalità.
Potrebbe essere utile per i più fragili anche una vaccinazione antipneumococcica per evitare la sovrapposizione di infezioni batteriche oggi spesso resistenti agli antibiotici.
In conclusione, possiamo guardare con fiducia al futuro per il prossimo autunno quando non si può più posticipare l’apertura delle scuole? Dobbiamo continuare con le misure di sicurezza, circoscrivere i focolai e aumentare la vaccinazione contro l’influenza e altre infezioni polmonari? Infine, come mai dobbiamo sempre ricorrere alla letteratura straniera per avere informazioni e risposte a legittime domande? Non sarebbe ora di promuovere risorse economiche perché l’Italia non sia parassita, ma contribuisca attraverso la ricerca a una maggior conoscenza di questa pandemia?
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