Chiara Appendino
2 minuti per la letturaTORINO – Il sindaco di Torino, Chiara Appendino, è stata condannata alla pena di sei mesi per falso in atto pubblico nel caso Ream.
«Erano 4 capi i capi di imputazione, 3 sono caduti. È rimasto il falso in atto pubblico del 2016, ma è caduto quello del 2017. Speriamo di ribaltare ultimo pezzo di sentenza», ha detto l’avvocato di Appendino, Luigi Chiappero.
Nell’ambito del procedimento sono stati condannati per falso in atto pubblico anche Paolo Giordana a otto mesi e l’assessore Sergio Rolando a sei mesi. È stato, invece, prosciolto dal tribunale torinese perché il fatto non sussiste il direttore finanziario del Comune di Torino Paolo Lubbia che aveva scelto il rito ordinario e non quello abbreviato come avevano fatto gli altri imputati.
«Sono stata anche assolta dall’accusa di ‘Abuso d’ufficio’ anche in questo caso perché il fatto non sussiste – ha dichiarato su Facebook Chiara Appendino – in primo luogo tengo a sottolineare che, come è evidente anche dalle carte processuali, non ho tratto alcun vantaggio personale, anzi: l’accusa, nella sostanza, era di aver ingiustamente ‘avvantaggiato’ il Comune».
In ogni caso, rispetto al proprio futuro Appendino ha aggiunto che «questa sentenza non pregiudica la possibilità di rimanere in carica e, quindi, porterò regolarmente a scadenza il mio mandato, in attesa del giudizio in appello. Come previsto dal nostro regolamento interno, invece, mi autosospendo dal Movimento 5 Stelle, sempre fino al prossimo grado di giudizio che auspico arrivi nei tempi più brevi possibili».
Il sindaco di Torino ha precisato che «non ho mai avuto alcun problema a risanare un bilancio ‘disastrato’ come quello ereditato, anche con manovre impopolari. Questa cifra, definita dal perito ‘peanuts’ noccioline (parliamo di meno dello 0,4% del bilancio dell’Ente), poteva anche essere inserita nel bilancio 2016, senza portare in dissesto l’ente, sempre a detta dei periti. Non avrei mai avuto, dunque, il movente per commettere intenzionalmente il falso. Semplicemente, in un quadro normativo molto complesso e in una situazione definita dai periti ‘unicum’, ‘peculiare’ e ‘eccezionale’, abbiamo scelto di imputarla al 2018 perché ritenevamo fosse la scelta giusta da fare alla luce delle informazioni in nostro possesso e degli accordi intercorsi».
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