Il porto di Palermo
5 minuti per la letturaSul porto di Palermo sventolerà la bandiera rossa della Cina. Le compagnie cinesi COSCO Shipping Ports e China Merchants Port Holdings hanno presentato alle autorità regionali un piano di investimenti da 5,67 miliardi di dollari, pari a 5 miliardi di euro per realizzare e gestire nel porto una mega piattaforma per il trasporto di container. Il progetto fa seguito all’incontro di una rappresentanza di investitori cinesi provenienti da Shangai con i vertici di Eurispes, l’Ente privato italiano che si occupa di studi politici, economici e sociali, a Villa Zito a Palermo.
L’iniziativa, che vede come capofila di un gruppo societario la COSCO Shipping Ports Limited, compagnia statale cinese che detiene partecipazioni in 15 scali europei, prevede la realizzazione di una mega piattaforma marittima integrata destinata al trasporto merci con navi portacontainer. La ricaduta occupazionale a regime è stimata nell’ordine di 500 nuovi posti di lavoro, mentre è al momento più difficile calcolare l’incidenza nell’indotto.
Lo scalo fa parte dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale (AdSP – Western Sicilian Sea Port Authority), è situato nel nord-ovest della Sicilia, sul Golfo di Palermo nel Mar Tirreno, al centro del Mar Mediterraneo. Ospita mercantili, navi da crociera ed un cantiere navale della Fincantieri SpA. Il posizionamento e le infrastrutture di cui verrebbe dotato, consentirebbero al porto siciliano di candidarsi a diventare il più grande Hub d’Europa, un luogo strategico per i traffici marittimi tra l’Asia e il Mediterraneo, favoriti sia dalla Via della Seta, il progetto transfrontaliero su cui sta investendo da un decennio Pechino, sia dal raddoppio del Canale di Suez, e rappresenta una ghiotta opportunità per il rilancio dell’economia marittima della Sicilia occidentale.
La Istmo srl di Palermo ha lavorato sulle potenzialità del progetto e rivela che gli investimenti programmati potrebbero incrementare la capacità gestionale del porto dal livello attuale di circa 10.000 TEU (la misura standard di lunghezza dei container) fino a 16 milioni di TEU, superando l’attuale traffico in termini di TEU di Rotterdam.
L’investimento della COSCO segue a ruota quello realizzato nel porto del Pireo in Grecia che è diventata una storia di successo e indica che, qualora progetti simili venissero portati avanti nel Mezzogiorno, apporterebbero ulteriori benefici alla comunità locale, al potenziale delle esportazioni italiane verso la Cina ed altri Paesi asiatici lungo la Via della Seta, e, aspetto forse di maggiore importanza, alle esportazioni cinesi e asiatiche verso l’Africa (dalla Sicilia e dalla Calabria).
Lo sviluppo della portualità arriva in un buon momento per Palermo e la Sicilia, la cui economia nel primo semestre ha conosciuto un’espansione del Pil di circa il 7% e un miglioramento del livello occupazionale dello 0,6%, ma solleverebbe preoccupazioni circa gli investimenti cinesi nei servizi di traporto europei. Funzionari di Bruxelles e Washington nutrono da tempo apprensione crescente verso gli investimenti della Cina nei trasporti europei, in particolare nei porti e nei settori logistici. La cinese COSCO Shipping Ports Limited gestisce la Piraeus Port Authority SA (PPA) in Grecia e, nonostante l’aumento del traffico e dei profitti, ci sono perplessità riguardo il livello di investimenti in attività non direttamente legate alle attività portuali tradizionali, come servizi alberghieri e commerciali, e l’effetto sugli affari locali.
Nei mesi scorsi, la PPA ha firmato un Protocollo d’intesa con l’autorità portuale italiana che amministra i porti di Venezia e Chioggia. Inoltre, si prevede che il porto di Genova firmi a breve un accordo per costituire una joint venture con la China Communications Construction Company.
Ciò avviene in un momento in cui l’Unione Europea ha proposto l’adozione di nuove misure di screening per le compagnie statali estere che vogliano acquistare partecipazioni nei porti europei, proposta che ha incontrato la disapprovazione di alcuni Stati membri che accusano Bruxelles di interferire negli affari di Stati sovrani, specialmente quando le stesse regole vengono applicate a progetti infrastrutturali non patrocinati dall’UE.
Ma la Cina tira dritto. A partire dal 2000, le società cinesi hanno acquisito partecipazioni in 15 porti europei che gestiscono oltre il 10% del traffico di container tra la Cina e l’Europa, secondo l’OCSE. In particolare, la COSCO Shipping Ports e la China Merchants Port Holdings hanno acquisito partecipazioni a Port Said, in Egitto; Casablanca e Tangeri in Marocco; Marsaxlokk a Malta; Instanbul in Turchia; nel Pireo; Bilbao e Valencia in Spagna; Marsiglia, Nantes, Le Havre e Dunkerque, in Francia; Anversa e Bruges, in Belgio e Rotterdam nei Paesi Bassi.
Le società cinesi hanno partecipato alla costruzione e alle operazioni di 42 porti in 34 Paesi all’interno della Belt and Road Initiative. La Cina inoltre ha firmato 38 accordi bilaterali e con regioni marittime, che coinvolgono 47 Paesi lungo le vie commerciali della Via della Seta. La strategia chiave di COSCO ed altre compagnie cinesi è investire nei porti europei di minori dimensioni per poi favorirne la crescita.
Alberto Vettoretti, Managing Partner di Dezan Shira & Associates China, spiega così l’importanza degli investimenti cinesi nel Sud Italia: “La Cina ha già investito molto in Italia in settori strategici, mentre le società cinesi, come Huawei, non sono guardate con diffidenza. Un aspetto chiave per il Governo italiano è il fatto che il Sud Italia ha un’estrema necessità di investimenti infrastrutturali e vi fa molto affidamento. Non potendo aumentare il deficit del Paese sotto le regole UE vigenti, investimenti cinesi nelle infrastrutture per dare vita ad attività economiche sono quindi naturalmente apprezzati. Non riteniamo che questi potenziali investimenti possano essere particolarmente ingenti o che possano generare un “disastro” diplomatico tale da danneggiare i rapporti con altri Paesi occidentali”.
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