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La miccia ormai è innescata e rapidamente sta bruciando, da Catania a Milano, a Torino, Parma, Terni, Roma, Napoli, insomma dovunque dove si protesta per le conseguenze del nuovo lockdown annunciato l’altro ieri dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha provocato la reazione di larghe fasce della popolazione italiana.
E, anche se la bomba ancora non è scoppiata, molti temono che presto accadrà. Perché il fronte della protesta è molto unito e naturalmente c’è chi ne approfitta e strumentalizza. Insieme a ristoratori, pizzaioli, baristi, lavoratori dello spettacolo, gente che da un giorno all’altro ha perso il lavoro, ci sono anche facinorosi, estremisti di destra e di sinistra e, come annunciano varie fonti investigative, anche esponenti della criminalità organizzata che dalla protesta e dalla disperazione di imprenditori e commercianti stanno cercando di trarne vantaggio.
PARADOSSI E SLOGAN
Comunque è davvero paradossale quello che sta accadendo. Dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che chiedono agli italiani di collaborare e di fare fronte comune contro il coronavirus per tentare di non far affondare l’economia, gli unici che a vario titolo “collaborano” e fanno fronte comune sono quelli che protestano, commercianti, imprenditori, ristoratori, baristi, estremisti di destra e di sinistra che sono tutti insieme contro le decisioni del governo che intensifica le misure restrittive.
«Nelle prossime settimane rischiamo di assistere a un ampliamento della frattura sociale di cui già si intravedono le prime avvisaglie. I sindaci ne tengono conto e facciano tutto quanto è possibile per mantenere unite le comunità e per spegnere possibili reazioni violente a una situazione tanto difficile» ha detto il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro.
Intanto si ritorna di nuovo in piazza nella speranza che non avvengano gravi incidenti. E’ accaduto anche ieri a Piazza Plebiscito a Napoli con uno slogan dei commercianti: «Tu ci chiudi tu ci paghi» si legge sul volantino che ha chiamato a raccolta i cittadini napoletani in piazza del Plebiscito.
Stesso slogan visto sugli striscioni esposti la notte di venerdì, prima che i cassonetti venissero dati alle fiamme, le bottiglie e i petardi scagliati contro gli agenti di polizia: «A salute è ‘a primma cosa ma senza sórde nun se canteno messe». Un sit-in che si annuncia pacifico, nel rispetto del distanziamento fisico, in file ordinate, mantenendo un metro di distanza, ma la preoccupazione resta per il rischio che la protesta si trasformi in rivolta e venga violato di nuovo il divieto di muoversi in corteo o l’orario del coprifuoco, fissato in Campania alle 23.
E l’allerta e la preoccupazione c’è anche nel Nord Italia, perché la polveriera sociale del Sud ha dato il “la”” e ora l’attenzione per i prossimi appuntamenti, più o meno pubblici, è massima. A Torino, Milano, dovunque.
FOCOLAI DI PROTESTA
Il rischio, per il Viminale, è che a soffiare sul fuoco della crisi sociale siano le frange più estremiste. E che la disperazione, che il governo spera di sedare con un ristoro economico in tempi brevi, diventi rabbia e la rabbia distruzione.
Anche nella placida Parma un gruppo di minorenni in piazza della Pilotta ha reagito con lanci di bottiglie al richiamo di una pattuglia di carabinieri a mettersi la mascherina.
Per manifestazione non autorizzata verranno denunciati una trentina di ultrà del Cagliari che hanno acceso fumogeni fuori dallo stadio Sardegna Arena prima dell’incontro con il Crotone. A Salerno un corteo ha bloccato la circolazione in via Roma: i manifestanti si sono seduti a terra per poi sciogliersi in piazza Portanova. Ma alcune decine di persone hanno cercato di raggiungere la casa del governatore Vincenzo De Luca, principale destinatario dei cori di protesta, respinti dalle forze dell’ordine in assetto antisommossa.
Tensione anche a Catania, dove alcune bombe carta sono esplose davanti alla sede della Prefettura provocando qualche battibecco tra gli stessi manifestanti, duecento persone auto-convocatesi tramite una campagna anonima lanciata sempre via social.
A Siracusa un corteo di 300 persone, soprattutto ristoratori, gestori di bar, pizzerie e palestre, ha attraversato il cuore della città. Stesse scene anche a Pescara.
Insomma, la protesta si allarga a macchia d’olio e preoccupa molto le istituzioni che, nel tentativo di trovare una soluzione, fanno in pratica pasticci senza riuscire a trovare una soluzione che possa tranquillizzare milioni di italiani.
L’ALLARME
«Ciò che è avvenuto venerdì sera a Napoli rappresenta un vero e proprio attacco allo Stato» ha affermato Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale Antimafia, spiegando che dietro ai disordini di Napoli c’è la regia di clan camorristici e di gruppi estremisti di destra e sinistra.
«La violenza è stata tale, in alcuni momenti, da dimostrare che coloro che hanno partecipato certamente non erano ristoratori», le parole del procuratore De Raho, secondo il quale «sostenere manifestazioni pubbliche è certamente di grande importanza per la camorra perché lega a sé quelle parti sociali che più di altre risentono delle conseguenze delle chiusure». De Raho ha poi concluso sottolineando il fatto che le organizzazioni mafiose intervengono proprio dove «c’è una difficoltà economica che non viene sostenuta dallo Stato, perché i clan non hanno bisogno di liquidità ma di imprese pulite, mediante le quali collocare il proprio denaro canalizzando profitti illeciti». E il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese ha aggiunto: «Stiamo andando incontro a un autunno difficile».
Non stiamo «andando incontro», ci siamo già dentro perché nelle città l’aria che si respira è pesante e c’è un clima incandescente. Dal premier Giuseppe Conte ad altri ministri non si fa altro che annunciare che sono stati stanziati milioni di euro per i trasporti, per la scuola, per la sanità, per gli imprenditori in difficoltà , per i disoccupati, per la cassa integrazione, ma in molti ne hanno soltanto sentito parlare perché questi soldi stentano ad arrivare proprio a chi ne ha bisogno.
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