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L'ex ministro delle Finanze Giovanni Tria

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«Occorre discutere prima del fatto che è giusto stare insieme e poi vedere il come. La condivisione del rischio è come un’assicurazione. Non si tratta di un principio di altruismo ma di pura convenienza». A parlare è l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria nella diretta via Facebook organizzata giovedì scorso dall’associazione culturale Yourfuture, intitolata “L’economia vista ai tempi del Covid19”.

Professore, può farci un quadro della situazione economica? Cosa devono attendersi a brevissimo famiglie, imprese e partite Iva?
«La situazione è quella che noi economisti definiamo shock di offerta: grandissima parte delle imprese e delle attività economiche sono ferme non perché incapaci di produrre o per un calo della domanda, ma perché non possono operare per la politica di distanza sociale attuata per evitare i contagi. Ciò comporta che cadono i redditi perché le imprese avranno meno entrate.

Per quanto può durare?
«Dipenderà dalla durata del blocco in Italia, ma anche da come si bloccheranno le altre economie. Bisogna intervenire sul fatto che senza entrate le imprese non avranno cassa per pagare tasse e contributi. Se dura più di due mesi si rischia, per quello che abbiamo studiato dei moltiplicatori, una caduta molto forte del Pil e del valore aggiunto di tutte le imprese. Occorre intervenire per ripristinare subito le entrate per le imprese, lo Stato si deve muovere per vedere quanto le attività economiche stanno perdendo e cercare di compensare la caduta di tutte queste entrate».

Il governo ha stanziato 25 miliardi di euro e si è parlato di cifre che arriveranno sino a 500.
«Il governo in realtà ha detto che si garantiranno i crediti concessi dalle banche per consentire alle banche stesse di fare più crediti, fino ad arrivare a una soglia di 500 miliardi. Il problema è fare presto ma soprattutto capire dove reperire questi fondi e come farli arrivare nella direzione giusta. Penso che occorra andare sui mercati finanziari, emettere titoli di stato per almeno 3-4 punti di Pil e questo significa aumentare il debito. Dall’altra parte la Bce sta garantendo che i tassi di interesse non salgano e non aumenti lo spread. Sul come farli arrivare alle imprese basterebbe che l’Agenzia delle Entrate andasse a vedere quale era il valore aggiunto di tutte le attività economiche l’anno scorso e calcolasse di quanto è caduto questo valore aggiunto».

Come farlo subito?
«Utilizzando il sistema bancario che poi verrà rimborsato dallo Stato. Alla fine dell’anno ci sarà una verifica attenta di quanto hanno perso le attività per questo blocco e si faranno i dovuti conguagli».

Ma il sistema messo in piedi al momento tramite l’Inps può funzionare. alla luce di quanto appena accaduto sul portale dell’istituto?
«Il problema va risolto subito. È preferibile che il denaro alle famiglie arrivi tramite le imprese mettendo in condizione tutte le attività economiche di fare i propri pagamenti e distribuire redditi. Va ripristinata la capacità produttiva senza paura di fare debito aggiuntivo».

Conte ha detto che il Mes è uno strumento superato e che l’Italia non vi farà ricorso, altri sostengono che si deve ricorrere al Fondo salva stati ma con condizionalità diverse. Ci aiuti a capire.
«È uno strumento creato dopo la crisi greca per aiutare gli Stati che avevano bisogno. È un fondo intergovernativo, tutti gli stati hanno versato una parte del capitale. Il Mes può fare prestiti precauzionali agli Stati dando fondi temporaneamente che poi con precise condizioni saranno restituiti. Ma si tratta di Stati non in crisi strutturale ma solo in difficoltà. L’altro strumento è il prestito che la Bce fa in modo illimitato agli Stati in fallimento per intervenire su quelli che si chiamano shock asimmetrici, quando alcuni Stati sono in difficoltà. Ma il problema che presenta è capire nel contesto internazionale quale Stato è più in difficoltà rispetto a un altro. Inoltre non si può pensare che si diano prestiti senza alcuna condizionalità. Per cambiare i meccanismi del Mes occorrerebbe molto tempo, e l’Italia non ha questo tempo. Vanno usati gli strumenti che già sono, come l’azione della Bce e la già ottenuta sospensione del patto di stabilità».

La crisi può essere l’occasione per far riacquistare ai cittadini la fiducia nelle istituzioni europee?
«Questo non avviene in un mese o due. Per ricostruire l’Europa la prima fiducia che serve è quella tra i Paesi e i vari governi: è quella che manca».


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