Il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Ministro Bernini, quali sono gli obiettivi del governo sul fronte della ricerca? E quale sarà il ruolo del Mezzogiorno?
- 2 Nel Mezzogiorno non mancano Università e centri di eccellenza dal punto di vista della ricerca. Che cosa manca affinché possano fare sistema?
- 3 Come si traduce tutto questo nel concreto? E su quali risorse si potrà contare?
- 4 C’è un grande problema di raccordo fra il sistema pubblico e quello privato. I dati sulla domanda e offerta di lavoro continuano a mostrarci una realtà difficile, con molte professioni che non si trovano, soprattutto nell’area STEM…
- 5 Ma le università hanno davvero tutte le risorse di cui hanno bisogno? Non c’è anche un problema di distribuzione territoriale?
- 6 La Campania è al terzo posto per le start-up innovative, a Napoli Apple e altre grandi multinazionali hanno impiantato delle vere e proprie academy, la Calabria è ai primi posti nella ricerca sull’intelligenza artificiale. C’è un Sud che sta avanzando anche su questo settore?
- 7 Il Mezzogiorno ha grandi potenzialità in termini di cervelli e risorse umane. Che però, spesso, sono costrette a emigrare. Che cosa sta facendo il governo per fermare questo fenomeno?
- 8 Cosa serve allora?
- 9 Un’ultima domanda su Medicina. Superare il numero chiuso e stop ai test si ingresso è un modo per aumentare il numero di medici?
Intervista al ministro Bernini: il Sud sarà l’hub dell’innovazione. “In campo investimenti per un miliardo da destinare alle grandi infrastrutture di ricerca”
Un miliardo per le grandi infrastrutture della ricerca. Con l’obiettivo di fare del Sud l’Hub tecnologico del Paese. Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della Ricerca, spiega al Quotidiano del Sud i capitoli principali e gli obiettivi del suo Piano d’Azione che dovrebbe segnare una svolta anche per fermare la fuga dei cervelli verso l’estero.
Ministro Bernini, quali sono gli obiettivi del governo sul fronte della ricerca? E quale sarà il ruolo del Mezzogiorno?
“Sul Sud è cambiata la prospettiva. Oggi c’è consapevolezza della strategicità del Mezzogiorno, anche come ponte naturale verso il Mediterraneo e l’Africa. Il Piano d’azione è uno strumento a disposizione di questo territorio per esprimere tutto il proprio potenziale in termini di sviluppo e innovazione, quindi di crescita”.
Nel Mezzogiorno non mancano Università e centri di eccellenza dal punto di vista della ricerca. Che cosa manca affinché possano fare sistema?
“Il Mezzogiorno ha straordinari talenti che troppo spesso sono dovuti andare via per affermarsi. Ciò che è necessario è un’infrastruttura che consenta di connettere il sapere accademico con il tessuto produttivo e sociale, unendo le forze in reti virtuose di collaborazione. Il Piano d’Azione Ricerca Sud intende proprio colmare questo vuoto, creando connessioni tra atenei, istituzioni e imprese, in modo da garantire che la ricerca si traduca in innovazione concreta e vantaggi economici anche per il territorio”.
Come si traduce tutto questo nel concreto? E su quali risorse si potrà contare?
“Il Piano mira a trasformare il Mezzogiorno in un hub di eccellenza per la ricerca e l’innovazione, grazie a un pacchetto di investimenti mirati che provengono dal Pnrr e dal Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027. L’obiettivo è potenziare gli asset infrastrutturali esistenti e promuovere la collaborazione tra università, imprese e istituzioni. Questo significa più fondi per infrastrutture di ricerca avanzate, nuove opportunità di dottorato e progetti che valorizzino le competenze tecniche, favorendo l’integrazione tra il mondo accademico e quello produttivo”.
C’è un grande problema di raccordo fra il sistema pubblico e quello privato. I dati sulla domanda e offerta di lavoro continuano a mostrarci una realtà difficile, con molte professioni che non si trovano, soprattutto nell’area STEM…
“È in corso un grande processo di aggiornamento delle competenze. Servono flessibilità, interdisciplinarietà, maggiore personalizzazione. Pensate al chirurgo. Prima usava solo il bisturi, ora la robotica. Questo percorso di rinnovamento delle conoscenze deve essere compiuto insieme, Università e mondo delle imprese. Un’alleanza necessaria per trasformare le sfide dei nostri tempi in opportunità”.
Ma le università hanno davvero tutte le risorse di cui hanno bisogno? Non c’è anche un problema di distribuzione territoriale?
“I bilanci delle Università ci dicono che le risorse ci sono. Vanno spese bene. E come ministero siamo pronti, anzi lo stiamo già facendo, ad aggiornare i criteri di distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario anche per correggere eventuali squilibri, portando investimenti mirati e potenziando le infrastrutture di ricerca del Mezzogiorno con investimenti che possono potenzialmente arrivare a un miliardo di euro. In questo modo, vogliamo garantire pari opportunità per tutti i nostri atenei, affinché possano competere ad armi pari a livello nazionale e internazionale”.
La Campania è al terzo posto per le start-up innovative, a Napoli Apple e altre grandi multinazionali hanno impiantato delle vere e proprie academy, la Calabria è ai primi posti nella ricerca sull’intelligenza artificiale. C’è un Sud che sta avanzando anche su questo settore?
“Direi di più, il Sud è protagonista. Lo dimostrano gli investimenti degli ultimi mesi, da OpenAIad Apple. È una grande occasione. Se sapremo unire la forza e la capacità di visione delle big tech alle eccellenze del sistema formativo italiano il Sud sarà un hub dell’innovazione, volano di crescita per il Mezzogiorno, ma anche per l’Italia e l’intero Mediterraneo”.
Il Mezzogiorno ha grandi potenzialità in termini di cervelli e risorse umane. Che però, spesso, sono costrette a emigrare. Che cosa sta facendo il governo per fermare questo fenomeno?
“Il Piano ricerca Sud prevede l’incremento dei fondi per borse di studio, dottorati di ricerca e progetti di ricerca applicata, in modo che i nostri giovani abbiano la possibilità di costruire il loro futuro in Italia, senza dover cercare opportunità all’estero. Ma sappiamo che non basta”.
Cosa serve allora?
“Serve aumentare le opportunità. Ed è quello che stiamo facendo implementando centri e infrastrutture di ricerca, come quello sull’agritech a Napoli e quello sulle biodiversità a Palermo. O come il grande progetto per portare il più potente osservatore di onde gravitazionali, Einstein Telescope, in Sardegna, di cui parleremo al G7 sulle grandi infrastrutture di ricerca a Nuoro” .
Un’ultima domanda su Medicina. Superare il numero chiuso e stop ai test si ingresso è un modo per aumentare il numero di medici?
“Lo sbarramento con i quiz e un numero chiuso molto rigido hanno prodotto storture diventate insostenibili, come vedere ragazzi costretti ad andare a studiare all’estero e Regioni obbligate a chiamare medici stranieri. Un’assurdità. Voltiamo pagina dando agli studenti l’opportunità di studiare materie caratterizzanti e non costringendoli a mettersi alla prova su inutili test”.
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