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L’attuale governo mette in discussione i lep sulla dotazione degli asili nido e il tutto a discapito del Sud. Parla Paolo Siani (Pd): “Così salta il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini di avere le stesse opportunità”


Paolo Siani è stato deputato del Partito Democratico nella passata legislatura. È tornato ad esercitare la sua professione di pediatra, all’ospedale Santobono di Napoli. Continua le sue battaglie sui diritti dell’infanzia. Lo abbiamo intervistato sul dibattito in corso sulla dotazione degli asili nido. Unica tematica su cui la Legge di stabilità 2022 aveva fissato i livelli essenziali di prestazione, che l’attuale governo sta mettendo in discussione al ribasso. Peraltro solo nei territori svantaggiati.

Perché gli asili nido sono così rilevanti nel percorso educativo dei bambini?

“Gli asili nido non servono soltanto a favorire le giovani famiglie, e a consentire alle mamme di poter lavorare. Ma sono servizi essenziali per i bambini e per le bambine. Perché frequentare asili nido di qualità vuol dire avere migliori performance scolastiche alle scuole elementari. Sia in seconda che in quinta, sia in italiano che in matematica. Come è stato dimostrato da molte ricerche longitudinali compiute in varie parti del mondo, e anche in Italia. Pertanto sarà molto difficile che poi lasci la scuola negli anni successivi. Riducendo così la dispersione scolastica che purtroppo a Napoli, benché in riduzione è ancora troppo alta. Inoltre per un bambino che cresce in un contesto socio-economico svantaggiato, anche un solo anno di frequenza in un asilo nido di qualità contribuisce a ridurre in modo sostanziale i divari educativi con gli altri bambini.
In sostanza la frequenza di un asilo nido di qualità aumenta le capacità cognitive di tutti i bambini. Ma le aumenta di più per i bambini che provengono da famiglie disagiate, riducendo quindi le diseguaglianze proprio nel punto di partenza della vita. Ma sono due i parametri che determinano migliori risultati, la qualità dei servizi per la prima infanzia che deve essere molto alta e un ambiente familiare in grado di favorire l’apprendimento. Inoltre stare insieme con altri bambini favorisce lo sviluppo psicologico. E aiuta a far vivere meglio le proprie emozioni, grazie agli stimoli che ricevono dalle educatrici”.

Quali sono i divari che si determinano tra bambini che hanno accesso agli asili rispetto a quelli che non ne hanno?

“Secondo un’indagine condotta da Save the Children in 8 città italiane tra nord, sud e centro, su un campione di 600 bambini con un’età media di 4 anni si è visto che quelli che avevano frequentato l’asilo nido avevano migliori performance in ambito non solo cognitivo in matematica, lettura e scrittura, ma anche in ambito motorio e socio-emozionale. Non abbiamo bisogno quindi di ulteriori prove per dire che l’asilo nido è un servizio fondamentale per le famiglie. Per le mamme in particolare, per le bambine e i bambini ma per tutta la società, che in questo modo fa crescere una comunità migliore”.

Da pediatra, cosa ha osservato nel corso del tempo nel processo di evoluzione, o di involuzione, della nostra infanzia rispetto al supporto del processo educativo?

“Sicuramente il processo educativo è migliorato anche perché il numero di bambini è molto diminuito. E quindi è migliorato il rapporto studenti/ insegnanti e le famiglie sono più attente alle esigenze formative dei ragazzi. Uno degli indicatori più utilizzati nel confronto internazionale è il numero di alunni per docente. Da questo punto di vista il nostro paese – in conseguenza anche del forte calo demografico degli ultimi anni – vede un rapporto più basso rispetto alla media Ocse. Sono infatti 11,44 gli alunni per docente alle primarie (media Ocse: 14,5) e 10,93 nelle secondarie (dato Ocse: 13).
L’uso poi degli strumenti elettronici e della rete Internet ha favorito lo sviluppo delle conoscenze. Anche se la rete va utilizzata con attenzione e con competenza, perché se usata male crea danni anche gravi. Ma anche la famiglia e la comunità in cui i bambini vivono, giocano un ruolo decisivo nel processo di apprendimento e di crescita. E sono molto migliorate negli anni. Oggi parliamo di comunità educante che è l’insieme di tutti coloro che a vario titolo si occupano dell’infanzia, dalle associazioni culturali a quelle sportive, dal pediatra al parroco, dalle famiglie agli insegnanti che in genere si muovono isolatamente e che invece dovrebbero integrarsi e lavorare in sinergia, e con una regia pubblica che ottimizzi e valuti gli interventi”.

C’è diversità tra disponibilità degli asilo nido nelle aree metropolitane rispetto ai piccoli centri?

“Sì, ci sono molte diversità. Secondo i dati di Open Polis circa il 54% dei comuni periferici e ultraperiferici non ha asili nido, ma quelli che li hanno nel 70% dei casi superano il parametro europeo dei 33 posti ogni 100 bambini. Ma anche in questo caso conta la differenza tra nord e sud. L’approfondimento di Open Polis mette anche in luce la spaccatura tra città e aree interne. Nei comuni polo i posti nido sono in media oltre 34 ogni 100 minori residenti, mentre l’offerta scende al 25% nei comuni di cintura e negli hinterland delle città maggiori; cala addirittura attorno a quota 20% nei comuni periferici e al 15-16% in quelli ultra periferici ma quelle più significative sono tra nord e sud e voglio qui fare due esempi, e prendere in considerazione tre città che più o meno hanno lo stesso numero di abitanti, Caivano, Sassuolo e Saronno.
La popolazione 0-2 anni a Caivano è di 1.029 bambini, ma i posti all’asilo nido disponibili sono soltanto 22. Altri 72 saranno attivati con le risorse già stanziate dal Ministero (1,73 milioni ). Per cui soltanto 94 bambini sui 1.029 (9%) potranno frequentare un asilo nido pubblico. Saronno e Sassuolo invece riescono a garantire rispettivamente il 42 e il 31% di posti all’asilo nido. La fonte di questi dati è Il Sole 24 Ore”.

Ma il Sud rischia di uscire penalizzato dalla decisione del governo di ridurre l’obiettivo standard degli asili nido nei territori svantaggiati?

“Certamente sì ed è un’ingiustizia verso le bambine e i bambini del sud. Bolzano è la città che offre una copertura del 68%, Capaci (Palermo) soltanto il 2,7%, questo vuol dire che la città in cui nasci determina in maniera decisiva il tuo sviluppo e la tua crescita. E questo viola l’articolo 3 della nostra Costituzione che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, senza alcuna discriminazione, principio che si applica anche ai bambini, che devono essere trattati con pari dignità e rispetto. Inoltre, l’articolo 3 afferma che la Repubblica promuove le condizioni affinché la libertà e l’uguaglianza dei cittadini siano effettive, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Questo significa che lo Stato ha il dovere di garantire ai bambini le condizioni necessarie per il loro sviluppo armonico e completo. Sono 12 le regioni italiane che registrano una quota superiore al 33% con Umbria al 46,5%, l’Emilia-Romagna e la Valle D’Aosta al 43,1%.
In coda quasi tutte le regioni del sud, in particolare Calabria al 15,7%, Sicilia 13,9% e Campania 13,2%, proprio lì dove le diseguaglianze sono più evidenti. Se poi analizziamo i comuni sciolti per infiltrazioni camorristiche in Campania vediamo che Castellamare con i fondi PNRR e con gli ulteriori finanziamenti ministeriali riesce ad attivare altri 90 posti che si aggiungono ai 294 già autorizzati nel 2021 e in questo modo raggiunge la copertura del 25,9%. Torre Annunziata attiverà altri 84 posti che si aggiungono ai 101 già autorizzati e raggiunge la copertura del 16%. Molto al di sotto del 45% che chiede l’Europa. Per questo motivo l’Europa con il PNRR ha stanziato per l’Italia 4 miliardi e 600 milioni, per ridurre le diseguaglianze nell’offerta dei posti al nido.
Inoltre nella legge di bilancio del 2022 (governo Draghi) sono stati stanziati 120 milioni di euro per l’anno 2022, 175 per l’anno 2023, 230 per l’anno 2024, 300 per l’anno 2025, 450 per l’anno 2026 e 1.100 annui a decorrere dall’anno 2027, per incrementare in percentuale, il numero dei posti nei servizi educativi per l’infanzia. Risorse tutte destinate alla gestione diretta dei servizi educativi iniziando dai Comuni con un livello del servizio inferiore al 28,88% dei posti. In questo modo, si potrà progressivamente colmare il divario tra i Comuni più avvantaggiati e quelli che offrono attualmente meno disponibilità ai cittadini.
Quindi con i soldi del PNRR si potranno costruire asili nido e con le risorse messe in finanziaria potranno essere gestiti. Infine va detto che se la politica non si interessa in modo concreto della famiglia come nei paesi scandinavi per esempio, promuovendo l’occupazione femminile, l’accesso universale dei bambini al nido, l’elevata qualità dei servizi per l’infanzia con personale altamente qualificato e anche con congedi parentali di più lunga durata, difficilmente si riuscirà a cambiare il destino della popolazione di Caivano e delle tante Caivano presenti in Italia”.


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