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HA DEDICATO l’Orso d’argento per la miglior interpretazione agli “storti, sbagliati, emarginati” e ad Antonio Ligabue che Elio Germano ha interpretato nel film di Giorgio Diritti Volevo nascondermi. Il film prodotto da Palomar e Rai Cinema sarà in sala il 4 marzo distribuito da 01 Distribution. Per trasformarsi in Ligabue, l’attore di origine molisana si è sottoposto a lunghe ore di trucco, una delle poche “difficoltà” sul set. Ha avuto molto piacere a portare l’artista sul grande schermo.
«Era molto particolare e speciale – racconta – una persona realmente libera sotto tutti gli aspetti. Ha rinunciato alle comodità e veniva, diremmo oggi, bullizzato. Invece era una persona che ha fatto delle stranezze la sua cifra e motivazione. Mantenute e imposte senza modificarsi secondo i gusti del pubblico e le persone che aveva intorno».
La vita di Ligabue è unica nel panorama artistico italiano: «Lo conoscevo in modo superficiale. Ho parlato con chi l’ha conosciuto, ho visto le opere e cercato tutto il materiale possibile per costruirmi l’immaginario. Ho frequentato artisti e corsi di pittura e scultura per capire quello che faceva: è una modalità privilegiata di entrare in un argomento, ti affacci a un mondo e una personalità che ti apre a una conoscenza più profonda. Capisci che quello che sappiamo o immaginiamo di sapere va al di là delle quattro definizioni che abbiamo appreso».
Un artista e un uomo particolare che ha colpito molto l’attore: «È stato rifiutato da tutto e tutti per la sua intera vita. Ha rifiutato di assecondare i gusti degli altri e di omologarsi mantenendo stranezze e fragilità definite follia. È rimasto fedele a se stesso ed è per questo che lo ricordiamo ed è diventato uno degli artisti più sinceri del nostro Paese. Il racconto della sua vita è la favola di un diverso, uno sbagliato che mantenendo la sua diversità riesce a farcela e ha una posizione totale e di dignità rispetto ai vincenti e riusciti dello stesso periodo».
Fra autoritratti e animali dipinti con colori violenti, le opere di Ligabue erano l’unica forma di espressione a lui permessa: «Erano un meccanismo di comunicazione e affermazione necessaria e non lavorando su commissione ogni opera si racconta come se fosse la definitiva. In tutte le opere tornano riferimenti classici: montagne e castelli dell’infanzia in Svizzera, il Po e i mondi in cui viveva. Gli animali sono in lotta fra loro e hanno le fauci spalancate. La sua arte è un tentativo di raccontare se stesso e i demoni che combattono per proteggerlo dal mondo reale e immaginifico. Esprime l’animalità che aveva dentro ed è la caratteristica della sua arte che mi ha colpito di più».
Prima di Ligabue, Germano ha interpretato Giacomo Leopardi in Il giovane favoloso di Mario Martone: «Al contrario di Ligabue, Leopardi si è conformato al gusto dell’epoca, era un artista affermato e di riconosciuta genialità. Come per Ligabue, l’estetica e la fisicità non erano il suo forte. Leopardi era un intellettuale, mentre Ligabue è al confine fra animalità e lato inconscio e misterioso dell’essere umano. Ci possiamo rispecchiare in loro, uno per un motivo l’altro per il contrario».
In Volevo Nascondermi Ligabue parla solo dopo aver dipinto i primi quadri: «Abbiamo cercato di essere fedeli alla sua esperienza: rifiutato da tutto e tutti, espulso dal suo Paese, arriva in un’Italia ostile e dilaniata dalla povertà. Dopo tentativi mal riusciti di integrazione aveva un rapporto migliore con gli animali. Con l’apprendimento della lingua, dialetto mischiato a tedesco e italiano, cresce. Era una persona che usava la sua arte per esprimersi e raccontarsi».
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