INDICE DEI CONTENUTI
- 1 L’ultimo episodio fra ottobre e dicembre: un Decreto legge del governo, il Decreto ambiente, conteneva un emendamento che avrebbe favorito la privatizzazione.
- 2 I movimenti per l’acqua hanno una rappresentanza parlamentare?
- 3 L’attenzione sul mutamento climatico rende l’acqua ancora più appetibile, come elemento di speculazione.
- 4 La partecipazione a quest’idea è forte?
- 5 Ci sono numeri in questo senso?
- 6 Che diavolo è successo a Imperia? La notizia ha colpito tutti: da un giorno all’altro alle famiglie arrivano, da quelle parti, bollette di ottomila euro…
- 7 Napoli ha rappresentato per molti anni un modello virtuoso di gestione dell’acqua.
- 8 In Europa la situazione com’è?
Nel 2011 il referendum con cui i cittadini hanno chiesto l’acqua come bene pubblico. Aspettative totalmente disattese. L’intervista a Corrado Oddi
Siamo un popolo litigioso: è difficile che qualcosa metta d’accordo 27 milioni d’italiani. Eppure il referendum del 2011, quello che si opponeva alla privatizzazione dell’acqua, presentò numeri di quest’ordine. E la volontà degli elettori fu piuttosto chiara: l’acqua doveva restare di tutti, fuori dall’economia speculativa. Tanto per fare un confronto: gli italiani a favore del divorzio, nel 1974, erano stati poco più di 19 milioni, e quelli per la Repubblica, nel ’46, meno di 13 milioni.
Nei nostri tempi basta un alito di vento (o il provvedimento di un magistrato) per invocare le urne e la volontà popolare, ma il mondo politico sembra riluttante ad attuare quella semplice indicazione, e il suo dovere di garantire la gestione e la distribuzione dell’acqua ai suoi cittadini senza che di mezzo ci si metta l’economia di mercato, un sistema che, se non altro sul piano dei prezzi, ha finito per deludere molti di quelli che ad esempio si aspettavano, con le privatizzazioni, luce e gas meno cari.
Ma veramente oggi l’acqua è di tutti? Insomma… A difendere quel “sì” c’è il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, che raduna e coordina il lavoro di centinaia di organizzazioni locali e nazionali, laiche e non, impegnate per la difesa di questo bene. Quello che è successo dal 2011 a oggi ce lo racconta Corrado Oddi, uno di quelli che con il Forum ha promosso il referendum, e in tutti questi anni si è occupato, con tenacia e passione, dell’argomento.
“I due quesiti del referendum abrogavano le leggi che imponevano la privatizzazione dell’acqua e quelle che imponevano che sull’acqua ci fosse il profitto garantito. Dal giorno dopo è iniziata l’opera per smontare il risultato referendario, per disattenderlo. Dal 2011 a oggi le privatizzazioni sono continuate. E sul profitto garantito, che all’epoca era del 6 percento, un intervento dell’Agenzia nazionale sul servizio idrico ha ripristinato di fatto la remunerazione cambiandogli nome: la remunerazione del capitale è stata chiamata “riconoscimento degli oneri finanziari”. Grazie ai referendum i processi di privatizzazione hanno rallentato. Ma di certo la politica non è andata in direzione della volontà popolare: tutti i governi, da quel momento, hanno lavorato contro”.
L’ultimo episodio fra ottobre e dicembre: un Decreto legge del governo, il Decreto ambiente, conteneva un emendamento che avrebbe favorito la privatizzazione.
“Si deve partire dal governo Draghi, che col sostegno della maggioranza ha abolito la possibilità di gestione del servizio idrico da parte delle cosiddette ‘aziende speciali’. L’azienda speciale è un ente pubblico economico senza scopo di lucro disciplinato dal nostro ordinamento giuridico, e per sua natura non segue la logica del profitto. Poi il governo Meloni, a settembre aveva fatto circolare una bozza del decreto in cui veniva inserita una norma secondo la quale nelle Società a totale capitale pubblico, che possono gestire l’acqua al posto delle aziende speciali, potevano entrare i privati, fino a una quota del 20 percento.
C’è stata una reazione da parte dei movimenti per l’acqua: alla fine il governo ha rinunciato a quella norma. Ci ha riprovato subito dopo, provando a inserirla nella Finanziaria. Di nuovo c’è stata una nostra reazione e anche lì, alla fine, quell’emendamento è stato ritirato. C’è da aspettarsi che ci riprovino”.
I movimenti per l’acqua hanno una rappresentanza parlamentare?
“Dal 2011 tutti i governi, nessuno escluso, hanno lavorato per disattendere di fatto il referendum. Gli unici che ci hanno sostenuto in questi ultimi anni sono i Verdi e la Sinistra radicale. Circa il Dl ambiente tutta l’opposizione, comunque, si è mossa con forza di fronte alla nostra segnalazione. Ma quando quelle stesse forze si sono trovate al governo non hanno lavorato in favore dell’acqua pubblica, neanche i Cinque stelle. Per la rappresentanza parlamentare è sempre complicato difendere l’acqua e i beni comuni”.
L’attenzione sul mutamento climatico rende l’acqua ancora più appetibile, come elemento di speculazione.
“La gestione dell’acqua sarà una delle questioni strategiche degli anni a venire. E la battaglia intorno alla proprietà dell’acqua è destinata a inasprirsi. Nel 2020, per la prima volta, l’acqua è stata quotata alla Borsa di Chicago: è diventata quindi un bene soggetto a speculazioni finanziarie come tutti i beni quotati in borsa. Il fondo che l’ha quotata in borsa si riferiva proprio alla crisi climatica per farla diventare una merce a tutti gli effetti. Dal nostro punto di vista la crisi climatica evidenzia che questa risorsa debba invece essere gestita sulla base delle finalità pubbliche”.
La partecipazione a quest’idea è forte?
“Nel 2010 a Roma eravamo in piazza in 300mila: l’ondata di consenso degli anni referendari si è attenuata, ma persiste un movimento diffuso e un sentimento popolare, se non altro sul piano intuitivo si avverte che le privatizzazioni fanno aumentare le bollette. Un tempo l’acqua costava poco, oggi inizia a pesare sul bilancio di una famiglia, come l’elettricità o il gas”.
Ci sono numeri in questo senso?
“Secondo una stima di Cittadinanzattiva, nel 2023, la tariffa media per una famiglia è pari a 478 euro, non poco: la stessa spesa nel 2011 era di 274. In questo periodo quindi le tariffe sono aumentate di circa il 75 percento a fronte di un’inflazione cumulata in tutti questi anni di circa il 25 percento. Le bollette sono cresciute tre volte tanto”.
Che diavolo è successo a Imperia? La notizia ha colpito tutti: da un giorno all’altro alle famiglie arrivano, da quelle parti, bollette di ottomila euro…
“Imperia è un caso emblematico. Lì si sta procedendo a una privatizzazione e c’è un provvedimento che alza bruscamente le tariffe, ricalcolandole addirittura in modo retroattivo. C’è il pericolo che non sia un caso isolato, ed è una situazione che rischia di ripetersi. L’emendamento di ottobre, di cui parlavamo, avrebbe aperto la strada a tanti casi Imperia”.
Napoli ha rappresentato per molti anni un modello virtuoso di gestione dell’acqua.
“Quello di Napoli è ancora oggi, per molti versi, un esempio da seguire. Appena dopo il referendum trasformarono Arin Spa in Abc, Acqua bene comune, un’azienda speciale, quindi. Fu l’unica esperienza, se parliamo delle grandi città, che in Italia diede pieno seguito al responso referendario. Sulle aziende speciali, come quella napoletana, ha messo una pietra tombale il governo Draghi come dicevamo. E anche quella è un’esperienza destinata a essere aggredita: andrà difesa. L’azienda speciale napoletana resta un punto di riferimento essenziale, come lo sono le Spa a totale capitale pubblico, le quali perlomeno restano impermeabili alla presenza dei privati”.
In Europa la situazione com’è?
“Il movimento per l’acqua è diffuso in tutta l’Ue: all’indomani del referendum italiano si costituì l’European Water Movement, composto da soggetti di quasi tutti i paesi europei. Negli ultimi anni molta sensibilità che sta emergendo nei paesi dell’Est. Bruxelles è sensibile sulla tutela della risorsa, ma molto meno sull’amministrazione, dove lascia libertà di scelta ai singoli stati membri. La Francia ha compiuto grandi passi per l’acqua pubblica, a partire da Parigi, che riuscì a rendere pubblica la sua rete idrica esattamente fra il 2011 e il 2012, riuscendo ad alienare le multinazionali che la gestivano prima”.
Corrado Oddi è un signore energico e ottimista, e con il Forum italiano dei movimenti per l’acqua difende un diritto che abbiamo qualche anno fa rivendicato tutti con forza. Tutti, a destra e a sinistra, laici e cattolici, juventini e interisti, per una volta si sono trovati d’accordo fra loro. Sarebbe ora che per una volta il mondo politico si guardasse allo specchio, dando agli italiani una risposta: quel “sì” che, come una sposa abbandonata sull’altare, noi cittadini aspettiamo da troppo tempo.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
TI potrebbe interessare
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA