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Nicola Oddati

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«Una segreteria Pd innovativa» che  ponga l’accento su «meridionalismo rigoroso e pragmatico». È l’obiettivo di Nicola Oddati. Salernitano, classe 1964, docente di statistica ed ex assessore del Comune di Napoli, Oddati è da pochi giorni il responsabile per il Mezzogiorno nella nuova segreteria di Nicola Zingaretti.

La domanda è banale, ma quasi nessuno conosce la risposta. Qual è la posizione del Pd sull’autonomia?

Il dibattito si è avviato prima dell’insediamento della segreteria Zingaretti e le posizioni erano molte e diverse. L’impegno che abbiamo assunto è arrivare a definire una posizione unitaria.

Quindi possiamo dire che al momento una voce unica nel Pd non c’è, si va da De Luca a Bonaccini.

Diciamo che c’è una giusta ambizione di chi governa le regioni a rafforzare il principio di autonomia e poi c’è la preoccupazione di molti, a partire da me, che guardano tutto questo anche rispetto alle conseguenze generali sul Paese e sul Mezzogiorno. In ogni caso l’idea di Bonaccini è molto diversa da quella del Veneto e della Lombardia, e non solo per il numero di materia sulle quali chiede il trasferimento di funzioni. Soprattutto è diverso perché è saldamente ancorato a un principio di solidarietà e coesione territoriale.

Quindi?

Dire che non c’è una posizione è sbagliato. Abbiamo sempre detto che non siamo contrari a un rafforzamento delle autonomie regionali, facendo salvi i due pilastri fondamentali: il rispetto della Costituzione e del principio di solidarietà fra chi ha di più e chi ha meno. Partendo da qui, si può anche ragionare sui temi che potrebbero passare dallo Stato alle regioni. Questa è la posizione del Pd. Ovviamente bisogna entrare nel merito e renderla più dettagliata.

Un paio di mesi fa De Luca disse che l’Emilia Romagna era il top per molti servizi e che quindi non era il caso di sottrarre soldi a regioni del Sud come la Calabria. Secondo il documento uscito dall’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, il rischio che le cose vadano così è concreto.

Partiamo da un dato, i numeri evidenziati anche dall’intervista di ieri a Francesco boccia sono veri. Tutto il dibattito è basato su dati che, si capisce ora, erano sbagliati. La spesa pubblica pro capite al Sud sarebbe più alta rispetto alla popolazione. E questo non è affatto vero, è più alta al Nord. Il secondo tema da considerare è quello dei residui fiscali. È un concetto che serve per perequare, dunque l’idea che possa andare solo a chi contribuisce di più è in sé una rottura di solidarietà sociale. Guardiamo alla realtà: il regionalismo differenziato, per come lo intende la Lega, è di fatto basato su un principio di egoismo sociale. E questo è inaccettabile.

Così non ci sarebbe più l’Italia.

Boccia ha parlato di regioni che si mettono a fare gli Stati (LEGGI L’INTERVISTA A FRANCESCO BOCCIA).

Va fatto un ragionamento serio anche su quanto poi le regioni siano in grado di reggere al peso amministrativo e legislativo delle materie delegate. È un errore di fondo pensare che tutto questo possa essere risolto con accordi bilaterali tra regioni forti e Stato debole. Occorre, in ogni caso, un disegno unitario, che riguardi tutti.

Sul tema della distribuzione della Spesa pubblica, la presidente della Commissione Finanze alla Camera, Carla Ruocco, ha promosso un’indagine conoscitiva. È un punto di convergenza fra voi e i 5 Stelle?

Non parlerei di convergenze di tipo tattico, quasi delineando un accordo politico. Io parlerei di una discussione basata sui fatti. Se usciranno dei dati utili per capire di cosa stiamo parlando, ben venga. Poi vedremo quali sono le posizioni. Bene lo stop in Consiglio dei ministri, ma allo stesso tempo segnalo che non è mai venuta fuori una posizione chiara del Movimento 5 stelle sull’autonomia. E non penso di essermi distratto.

Hanno firmato il contratto di Governo

Mi pare siano oggettivamente in imbarazzo nel rapporto con la Lega, su questo come su altri temi. Anche sulla flat tax, Di Maio dice a Salvini: “Facciamo la flat tax, ma dicci dove prendi i soldi”. Non ha il coraggio di dire che la flat tax è sbagliata perché va a vantaggio dei ricchi. Si nasconde dietro le coperture per non affrontare il tema politico.

I numeri della spesa pubblica raccontano che fino a oggi il Sud ha perso 61 miliardi di spesa l’anno. Oddati, è a favore di una perequazione anche sul passato?

Sì, sarebbe una cosa giusta. Però è chiaro che è difficile recuperare sul passato, già sarebbe importante immaginare una prospettiva futura diversa. Per esempio sulle infrastrutture.

Spesso anche il Centrosinistra ha dato l’idea di essersi dimenticato del Sud

Anch’io, come Boccia, sono convinto che dal 2001 il Centrosinistra abbia via via messo l’accento sulla questione settentrionale, pensando che il Nord potesse trainare tutto il Paese e considerando il Sud una sorta di zavorra. Di fatto abbiamo portato la nostra iniziativa politica fuori dal mezzogiorno e molte volte trattato con fastidio la questione meridionale. E anche la politica degli incentivi alla fine ha tenuto più conto delle esigenze produttive del Nord che di quelle del Sud. 

La sua critica si rivolge anche ai governi Renzi e Gentiloni?

Secondo Svimez e tutti i principali istituti di ricerca sul Mezzogiorno, il triennio 2015 -2017 ha fatto segnare una ripresa dell’economia meridionale. Non è un caso. Questa ripresa è stata determinate dalle politiche dei Governi Renzi e Gentiloni. Da un anno la situazione è radicalmente cambiata. L’assenza di una politica economica e di una politica industriale, la litigiosità continua, l’arresto della crescita, stanno generando una crisi drammatica nel Sud. Poi possono esserci anche delle cose da rivedere rispetto a quello fatto da noi. Per esempio bisogna capire come fare in modo che gli incentivi di industria 4.0 e il credito di imposta possono avvantaggiare anche le imprese meridionali, che hanno maggiori problemi di accesso al credito e a realizzare utili. Forse nella nostra proposta dobbiamo prestare ancora più attenzione alle peculiarità del Mezzogiorno e ai tratti specifici della sua crisi. Però avessimo proseguito sulla linea tracciata dai nostri Governi, ora il Sud e l’Italia starebbero molto meglio.

Quella di Zingaretti una segreteria di rottura o continuità rispetto al passato?

La parola rottura non mi piace, sarà una segreteria di innovazione. Un meridionalismo rigoroso e responsabile. Serve mettere al centro una nuova questione meridionale.

Tre azioni concrete di cui il Mezzogiorno ha bisogno con urgenza.

Uno: incentivi per l’occupazione stabili rivolti alla struttura produttiva meridionale che riducano il costo del lavoro. È una misura che stiamo studiando e che dovrà essere finalizzata a investimenti nel campo della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale.

Due: sostenere gli accordi sindacali finalizzati a una ridistribuzione del lavoro, quindi aumento complessivo del monte orario con una riduzione dell’orario del singolo addetto, modello Luxottica. Così si aumenta la produttività. In questo senso sarebbe utile ragionare su una sorta di salario integrativo, un accompagnamento che non riduca il salario complessivo.

In alternativa al reddito di cittadinanza?

Sì, è molto più serio parlare di piccolo reddito di base che integra il lavoro piuttosto che un reddito di cittadinanza indiscriminato che nel tempo non può durare, perché non è sostenibile finanziariamente e non genera crescita

E il terzo tema?

È il ringiovanimento della pubblica amministrazione, tema posto da De Luca. Abbiamo bisogno di immettere almeno 150mila giovani. Questo ovviamente vale per tutta l’Italia, ma il Sud in particolare ha bisogno di crescere nel numero di addetti, di avere una struttura più efficace e di un ammodernamento di fondo.


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