Il ministro Barbara Lezzi
7 minuti per la letturaMercoledì l’autonomia differenziata sarà in Consiglio dei Ministri, come annunciato dal ministro Salvini e dalla ministra Stefani.
Cosa farà, Barbara Lezzi?
«Ho inserito la regola del 34% delle risorse ordinarie da destinare al Sud nell’ultima Legge di bilancio e il presidente Conte circa un mese fa ha firmato il relativo decreto: lavoriamo per portare a termine l’effettivo riequilibrio della spesa.
Per quanto riguarda l’autonomia differenziata è nel contratto di governo, così come c’è il superamento del divario fra Nord e Sud. Per accorciare il divario servono investimenti, una classe dirigente della Pa più formata, ma ci vogliono anche i giusti trasferimenti. Io devo dire che tutti i vostri studi li ho letti e vi ringrazio anche molto, perché non sono stati ideologici, ma sono andati sui numeri e quelli sono inconfutabili.
L’autonomia doveva arrivare prima a ottobre, poi a dicembre, e da ultimo mercoledì prossimo. Ad ora non ho visto testo, ma solo una bozza a febbraio, e mancavano i rilievi del Mef, dei Trasporti, della Sanità. Ora, se il ministro Stefani è pronta, si andrà in preconsiglio, dove tecnici e ministri potranno fare le eventuali osservazioni.
Se arriverà, sarò ben lieta di fare una disamina della loro proposta, prima di dare o non dare l’approvazione. Una cosa voglio dirla: io sono il ministro per il Sud e la Coesione, non posso consentire che venga tolto un solo euro al Mezzogiorno».
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Lei ha parlato di numeri inconfutabili, eppure lei e la ministra Stefani sembrate avere opinioni molto distanti. Ha avuto modo di parlare con la sua collega di questi numeri?
Certo, l’ho detto anche in Consiglio dei Ministri, così come ho manifestato contrarietà rispetto all’analisi che riproponeva una presunta spesa per l’istruzione superiore al Sud. Non è vero. Ho ascoltato anche la SoSe, ho letto diversi resoconti della passata legislatura della commissione tecnica per i fabbisogni standard.
Quindi prima di tutto serve un’operazione-verità sui trasferimenti della spesa pubblica, visto che il Sud è svantaggiato e il Nord è fortemente avvantaggiato? Ho capito bene?
Sì assolutamente, serve un’operazione verità. Non si possono far passare numeri che riguardano solo le amministrazioni centrali e sono pari a poco più di un quarto del totale come dei numeri dell’intera spesa pubblica. Fare chiarezza, dire come stanno le cose per davvero è preliminare a tutto. Io ora mi aspetto che nella richiesta di autonomia ci sia un impegno vincolante prima di tutto ai giusti trasferimenti, in modo che poi possa prendere vita l’autonomia concreta. E ricordiamo che questa preintesa deve passare dal Parlamento, nella forma che decideranno i presidenti dei due rami del Parlamento.
Ma in un Paese di 60 milioni di persone che sconta un divario così pesante fra Nord e Sud c’è davvero bisogno dell’autonomia? Non sarebbe più utile uno Stato centrale più forte?
Non sempre e non necessariamente. Dipende anche dai contesti. Comunque l’autonomia è prevista dalla Costituzione.
Di recente lei si è messa di traverso, sventando il blitz che avrebbe portato via dal sud i fondi di coesione. Per un’autonomia che penalizza il Sud sarebbe disposta anche a rimettere il mandato?
Ah guardi, quella è l’ultima cosa di cui ho paura. Io non intendo mantenere una poltrona per fare peggio di quello che è stato fatto. Anche sui fondi di coesione mi hanno chiesto se stessi minacciando le dimissioni, ma io non le minaccio: sta nelle cose. Se vengono sottratte tante risorse a realtà del Mezzogiorno, bisogna prenderne atto e tornare a casa.
Nel caso dell’autonomia quale sarebbe il punto di non ritorno?
Un’autonomia con eventuali residui fiscali a discapito delle Regioni più deboli non sarebbe accettabile. Mi metterei di traverso, io come i miei colleghi in Parlamento.
Resta aperta anche la questione dei fabbisogni standard. Attualmente i trasferimenti ai comuni sono calcolati sulla base della spesa storica, un vero e proprio cappio per il Mezzogiorno. A Riccia (Campobasso) per esempio per gli asili nido la spesa è zero.
E zero riceve! Abbiamo nominato un nuovo presidente per la commissione tecnica dei fabbisogni standard, un professore dell’Unisalento. Se un comune non dà un servizio non ci si può rassegnare, è una logica perversa avallata negli anni. Noi siamo tenuti a dare delle risposte.
Anche qui però ci sono interessi confliggenti, per una parte del Paese la spesa storica è un criterio più conveniente.
Nella bozza dell’autonomia erano entrate le individuazione dei Lep. Chiederò che vengano fatte contestualmente. È un lavoro complesso, ma ci si mette pancia a terra e si fa. Se si legano le due riforme, ci potrà anche volere del tempo, decideremo. Ma devono essere uno subordinato all’altro. Questa deve essere la chiave di volta dell’autonomia, perché se è vero che rende il Paese più efficiente e che non ci saranno cittadini di serie A e B io ci voglio credere, ma chiedo di legare i Lep.
Quindi ci saranno anche i Lep nel Cdm di mercoledì?
Io non ho ancora un ordine del giorno di mercoledì. Se ci saranno le autonomie, ci sarà un preconsiglio lunedì o martedì in cui si dovrà fare una disamina di questo testo. Io però al momento non ne sono a conoscenza, stiamo parlando sempre per ipotesi perché fin quando non cè qualcosa di scritto da contestare o approvare è difficile fare delle previsioni. Certo, se si parlerà di autonomia, si parlerà anche di Lep.
Il nostro giornale ha parlato spesso delle Zes, in particolare di quella chiesta dal Veneto per la zona di porto Marghera. Portando le Zes al Nord non si rischia di depotenziare l’effetto di una misura pensata per le zone più arretrate?
Anche le aree di crisi complessa sono zone arretrate che scontano difficoltà, noi non possiamo andare al di là dell’Europa. Non ci si può mettere di traverso a un diritto. Io non voglio certo azzoppare chi ha diritto.
La richiesta del Veneto era mal posta, io non posso fare una Zes a Porto Marghera: posso individuare dei comuni che siano aree svantaggiate o di crisi complessa. La richiesta che veniva dal Veneto era di attingere alle risorse del Fondo sviluppo e coesione. Dal momento che il criterio 80% al Sud e 20% al Nord finora è stato disatteso, io devo lavorare per raddrizzare questa distorsione. Non posso dare ulteriori risorse al Nord perché dal 2014 al 2018 gli sono stati dati più soldi di quelli che spettavano per legge. Con Tria si dovranno trovare risorse ad hoc per quelle aree.
E le Zes del Sud?
Io una cosa la devo dire. La possibilità di istituire le Zes esiste da due anni. La Sardegna da due mesi deve mandarmi le correzioni al piano Idem l’Abruzzo. Sono due anni e quasi tutte le regioni del Sud non hanno sfruttato questo vantaggio. È chiaro che se arrivano altri che ne hanno diritto, gli va riconosciuto. Ci vorrebbe più velocità e attenzione da parte degli amministratori del Sud.
Il premier Conte ci ha scritto qualche mese fa dicendo che il Sud merita un 6% di spesa in più, il ministro Di Maio ha parlato di grande piano per il Sud. Oltre l’annuncio, cosa c’è di concreto?
Di concreto c’è molto. Ad esempio per aiutare le amministrazioni a spendere stiamo sottoscrivendo contratti istituzionali di sviluppo, dare ad alcuni territori a mettersi intorno a un tavolo, prendersi le responsabilità e aiutare quei territori a fare gli investimenti che servono. Con lo Sblocca cantieri verranno sbloccate tantissime opere proprio al Sud, finanziate dal Fondo sviluppo e coesione. Il Sud ha bisogno di strade, ferrovie, in molti casi sono già finanziate previste, ma sono ferme. Tutto questo vedrà uno snellimento con un commissario che prenderà le decisioni per tutti. Sto dando delle scadenze molto rigide, altrimenti si rischia di stanziare e non spendere, che è stato l’errore di questi decenni.
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