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Le ministre Elena Bonetti e Mara Carfagna

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di RITA SCIARRA

Gentile Ministra Carfagna, Gentile Ministra Bonetti, mi chiamo Rita Sciarra e Vi indirizzo questa lettera in primis in qualità di donna, madre, lavoratrice del Sud Italia e infine, come funzionario delle Nazioni Unite.

Dallo scorso marzo, insieme a mio marito e mio figlio, sono “bloccata” in Italia a causa della pandemia. Le circostanze pandemiche mi hanno obbligata a lavorare a distanza per tutta la Regione dell’America Latina, con base a Panama, dal mio piccolo paesino natio Altomonte (uno dei Borghi più belli d’Italia), in Calabria.

Il motivo di questa lettera è proprio raccontarvi l’esperienza di una madre che, dopo 16 anni di lavoro come funzionario internazionale in giro per il mondo, con una lunga esperienza di vita e lavoro nei paesi in via di sviluppo, torna a vivere in Calabria, con un bimbo che ha adesso due anni e un altro in arrivo.

Nel nostro paesino non esiste un asilo nido, e il più prossimo si trova a 30 km di distanza. È difficile trovare una/un baby-sitter, poiché i (pochi) giovani rimasti sono o impegnati con le proprie famiglie (giovani madri, assistenza anziani, lavori saltuari) o non hanno la qualità di formazione ideale per occuparsi di bambini. Impegnare i giovani con formazione adatta nella creazione un asilo ideato da genitori è invece praticamente impossibile, un po’ per ostacoli culturali, un po’ per il difficile iter burocratico.

Se si valuta la situazione delle scuole materne ed elementari, le infrastrutture esistenti (i luoghi dove io e le mie sorelle venimmo già istruite) sono ormai – e lo erano già allora – inagibili, con tetti in amianto che volano via come foglie al vento (sono disponibili prove video), mettendo in pericolo la sicurezza dei nostri figli e del nostro corpo docente e amministrativo.

A tale situazione, si aggiungono racconti tristi delle abitanti di questa terra. Un giorno nel piccolo parco giochi che abbiamo nel paese, ho incontrato una mia compagna delle scuole medie, oggi madre di due bambine.

Mi raccontò che a seguito della perdita della madre, ha dovuto abbandonare il lavoro, perché non aveva più nessuno che potesse aiutarla ad accudire le proprie figlie.

Quando ho scelto di fare il mio lavoro e diventare un funzionario delle Nazioni Unite, ciò che più mi spinse a perseguire tale carriera fu la lettura il libro di A. Sen “Sviluppo e libertà”, in cui l’autore afferma che un essere umano è totalmente sviluppato se “libero di scegliere la vita che vorrebbe vivere”.

In ambito di sviluppo ci insegnano – e insegniamo – che il progresso si può anche misurare attraverso l’analisi di tre dimensioni fondamentali: l’aspettativa di vita, la salute, l’educazione. Nel 2019 ho partorito nella regione d’Italia dove si registra il più alto tasso di mortalità infantile del Paese.

Nel 2020, in questa stessa regione, ho sperimentato un Sistema Sanitario che si “è dimenticato” di vaccinare mio figlio contro i Rotavirus, a causa di una svista del medico che avrebbe dovuto somministrare il vaccino.

Nel 2021 mi ritrovo di nuovo incinta, in questa stessa regione, che ha un solo reparto di neonatologia infantile nella mia provincia di Cosenza, e in un paesino in cui non esiste un asilo nido che possa offrire assistenza a mio figlio in un’età molto importante della sua vita.

In termini di sviluppo, misurare il progresso nelle tre dimensioni è arduo; in quanto alla libertà di poter scegliere: qui in Calabria ne esiste veramente poca.

Se invece che in Calabria, Italia (29esimo paese in classifica di indice di sviluppo umano – HDI – secondo il Fondo delle Nazioni Unite per Lo Sviluppo al 2019) ci trovassimo invece a Porto Principe, Haiti, (posto dove ho vissuto per 7 anni dopo il terremoto del 2010, 170esimo in classifica HDI), o Città del Messico, (esperienza di un anno dopo il terremoto del 2018, 74 in HDI), o Panama, (57 in HDI), la mia famiglia, mio figlio, nonché altre bambine e genitori e popolazione tutta, avremmo avuto l’opportunità di accedere ai servizi basici come un asilo nido.

L’opportunità che qui manca, la scelta che qui non abbiamo. Nella mia vita, ho viaggiato attraverso vari paesi ufficialmente considerati in “via di sviluppo”. Non avrei mai pensato di ritrovarmi da adulta a vivere in Calabria “il nostro contesto in via di sviluppo”, fatto di inefficienze amministrative, programmatiche e speculative.

Quando nel mio quotidiano, osservo gli abitanti di questa terra e vivo la situazione in cui versa, è inevitabile il paragone con chi vive in un paese in via di sviluppo, con coloro i quali non hanno opportunità e che non sono liberi di scegliere.

Con la differenza che qui siamo in realtà in Calabria, una delle regioni di uno dei Paesi più sviluppati al mondo, nel 2021. Se si contestualizza tale regione nell’ambito della nostra nazione, anche considerando il ruolo dell’Italia all’interno del G7, questo racconto è drammatico.

Non so quando, ma ad un certo punto, io andrò via e ritornerò a condurre la vita che ho scelto e così facendo, potrò assicurare ai miei figli servizi essenziali in qualsiasi altra parte del mondo, ciò che non ho potuto fare in questi anni Calabria.

Anche se da lontano, il mio pensiero volgerà sempre ai miei conterranei, specialmente alle donne qui più a rischio di emarginazione, che invece resteranno, continueranno a lottare nel loro quotidiano, senza avere opportunità, senza avere opzioni, senza essere libere di scegliere.

L’opportunità che ci si presenta oggi, post Covid, con il Recovery Fund, è unica e irripetibile. Spero che non venga sprecata e che possa essere sfruttata al meglio affinché questa terra, così ricca di risorse e da cui tutti scappano, non muoia definitamente.

Quando ascoltai il discorso della Presidente Bachelet, poco dopo essere stata eletta, a cui chiesero come aveva fatto a far ripartire il Cile così velocemente, rispose che iniziò dagli asili nidi gratuiti in zone rurali, permettendo così a metà della popolazione di diventare la vera forza motrice del paese: le donne.

Un concetto, semplice, potente, lineare, che è ancora però troppo avanguardista forse da mettere in pratica nella nostra nazione.

Questa lettera vuole essere una denuncia pacifica, un grido di dolore per una terra completamente dimenticata, una terra in cui la negligenza di molti, di troppi, ha fatto sì che non fossero portate a termine le famosissime riforme strutturali, che avrebbero potuto permettere un minimo progresso in termini di Sviluppo Umano.

Spero che il processo di ricostruzione post Covid, possa costituire per tutti un momento di rinascita, di speranza.

Vi ringrazio infinitamente per avermi dedicato il Vostro tempo ed avermi letta.


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