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I ragazzi della III D - liceo classico - dell’Istituto “Ivo Oliveti” di Locri (Reggio Calabria) durante una gita scolastica

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di DARIO LIOI*

Il Sud è come Saturno: divora i suoi figli. Ed ecco come ci siamo ritrovati masticati noi della III D – Liceo Classico – dell’istituto “Ivo Oliveti” di Locri, noi dell’89, l’anno delle macerie del Muro di Berlino. Guardateci. Siamo i ragazzi di questa foto. In Germania cadevano le pietre del muro per saldare finalmente l’Est all’Ovest, e noi – ragazzi di Calabria – non sapevamo di dover crescere in un’Italia col Sud sempre più giù e il Nord ancora più in alto.

Il futuro che era un’incognita quando ha trillato l’ultima campanella, lo è ancora oggi per chi è partito per studiare in università più a nord di Napoli, chi invece è rimasto, chi ha già trovato un impiego permanente e chi ne è ancora alla ricerca.

Tutti noi, choosy, e cioè schizzinosi, per come ci ha descritti la professoressa Elsa Fornero? I chiumbini, e cioè i secchioni, quelli mai impreparati alle interrogazioni – e che non hanno mai aderito a uno sciopero inventato la mattina stessa, mai e poi mai – si sono lasciati alle spalle la casa dove sono nati. Come Ivana Musolino, una che la versione di greco non la passava mai.

Dopo un brillante percorso universitario a Pisa è oggi insegnante di ruolo, formidabile professoressa di Lettere in Friuli Venezia Giulia. E come lei, preparatissimi tra i banchi, altri tre che sono diventati medici: Marika Lazzaro, Antonio Perre e Annamaria Tavernese.

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Tutti e tre si sono laureati e specializzati a Roma in università differenti. Antonio, in verità, non aveva passione che per la letteratura e l’arte, eppure la vita l’ha condotto altrove. Dario era invece il più trasandato dei chiumbini, mai alla moda nel vestire, sempre immerso nel suo mondo di totale rivoluzione spartana ma filosofica, tutto politica ed epica, con la passione per l’indisciplina scolastica.

Per due volte a rischio sospensione, laureatosi in scienze politiche a Roma, ambisce a diventare un funzionario di Stato, sempre in attesa di rivoluzione a propria misura. E magari per dare un’inversione di tendenza nei numeri della III D: solo 5 su 19 i ragazzi andati via. E si sa, chi esce, riesce. Chi ha deciso di rimanere a casa, in Calabria, ha il biglietto di sola andata sempre pronto sul comò.

Eccone uno: Giorgio Loccisano, il capo-popolo della classe, sempre pronto alle manifestazioni che facessero perdere giorni di scuola, ma attento comunque a studiare e a incalzare le ragazze nell’intervallo. Oggi avvocato a Cosenza, collabora in uno studio legale ma con l’inquietudine dei concorsi pubblico pronto a espatriare anche lui.

Il suo compare, Ermes Nizzardo, era una tragedia! Appassionato di musica, cantante e ragazzo particolarmente estroverso e socievole – per questo era quello che sapeva farci di più con le regazze – di studiare non voleva proprio saperne.

Per la professoressa Verì Iannelli all’anagrafe lui era Ermete, e le uniche interrogazioni andate a buon fine erano su John Keats. Oggi gira l’Italia con compagnie teatrali recitando l’opera, interpretando parti che all’epoca rimanevano cautamente sepolte nei libri in cartella. Beato lui: è uno scavalcamontagne.

Ivan Giannotti era il british, ma all’italiana: sensibilità romantica e occidentale al tempo stesso, appassionato di storia e di Phil Collins, atleta di karate e unico a non prendere insufficiente nella prima interrogazione di letteratura inglese. Si è laureato in economia a Cosenza, ma la passione per la fotografia ne sta facendo un professionista del settore. Gregorio Michelotti era quello dall’aspirata araba triplicata nella pronuncia.

Amante del calcio, appena finito il liceo si trova un impiego stabile. Oggi guida quegli autobus che fino a dieci anni fa ci scarrozzavano da casa a scuola, e ritorno. Poi c’è Noemi Oppedisano, il genietto della matematica dalla risata fragorosa. Maculava col cancellino sporco di gesso i vestiti di tutti, però più della metà della classe aveva la sufficienza in matematica grazie ai suoi pizzini con le soluzioni scritte. Laureata in statistica, attende di mettere a frutto la sua bravura. Degli altri ragazzi sappiamo che buona parte di loro è in cerca di lavoro o comunque ne svolge uno precario, mentre altri si sono accasati: le donne ovviamente, quelle che nella foto di gruppo della III D hanno già l’aria da ragazze da marito. Guardatela, dunque, la fotografia.

Ecco il destino di chi quest’anno va a compiere i trent’anni. Siamo quelli che col Muro che crollava – nel rifiorire di speranza dell’Europa – vedeva marcire il fiore della propria aspettativa. Alla maturità, per latino ci hanno dato da tradurre un passo su Saturno. Me lo ricordo bene: quello che divora i suoi figli. Sembra ieri ma è diventato l’oggi: questa fotografia è un diagramma, una statistica, sull’occupazione giovanile e sulla fuga dei cervelli. È un capitolo di sociologia che non lascia scampo ai figli del Mezzogiorno: fuggire inseguendo un sogno o rimanere nell’attesa. Di cosa? Del lavoro, ovviamente. E invece, il vecchio dilemma: o briganti, o emigranti. Così si diceva da queste parti – sempre in esuberanza di impeti. E perciò, il motto si fa nuovo: o badanti, o emigranti. E poi, certo, io, anche io me ne sono andato via. Ma sono anch’io, dunque, tra i choosy bacchettati dalla professoressa Fornero?

* ex liceale della III D


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