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Dal 1990 al 2019 le autostrade in Italia sono aumentate di 792 chilometri, ma non al Sud dove interi territori sono ancora scoperti. I milioni di turisti che ogni anno si riversano sulle spiagge del Salento, ad esempio, se arrivano in auto o bus devono lasciare l’autostrada a Bari e percorrere quasi 200 chilometri tra tangenziali e comunali.
Mentre nella piccola Valle d’Aosta il 15% dell’intera rete stradale è composta da autostrada, record italiano, in Sardegna non c’è nemmeno un chilometro ma anche tutte le altre regioni del Mezzogiorno sono relegate agli ultimi posti della classifica: in Basilicata e Molise, rispetto al totale delle strade, solo l’1% riguarda l’autostrada; in Calabria e Puglia si sale al 3%; in Campania al 4%.
È lontano il 10% della Liguria, ma anche il 6% di Lombardia e Piemonte. In generale, secondo lo studio della fondazione Openpolis sulla rete stradale italiana, mentre nel Sud e nelle Isole sono a disposizione 1,62 chilometri ogni 10mila auto al Nord si sale a 1,98 chilometri ogni 10mila chilometri. Tra il 2004 e il 2014 la rete autostradale è aumentata, in termini di km, del 7% al Nord e del 3% al Sud.
Tutto questo senza esaminare la qualità dei collegamenti: la Salerno-Reggio Calabria resta un girone infernale. Tutto questo si ripercuote sulla mobilità dei residenti, ma ha ripercussioni dirette anche sul turismo e l’economia, con gli spostamenti delle merci fortemente penalizzati al Sud.
In totale è di 167.565 chilometri la lunghezza totale della rete stradale italiana, ultimo dato relativo al 2019. Le strade regionali e provinciali sono ancora quelle prevalenti ovunque: si va da un minimo del 66% in Valle d’Aosta ad un massimo del 93% in Friuli Venezia Giulia.
«Nel nostro Paese – si legge nel report Openpolis – la maggior parte degli spostamenti, sia di persone che di merci avviene su strada. Come riportato dal Pnrr, in Italia viaggiano su ferrovie solo il 6% dei passeggeri (a fronte di una media europea del 7,9%) e l’11% delle merci (rispetto al 18,7% in Europa). Dato il dannoso impatto ambientale del trasporto su strada, il Pnrr non prevede la costruzione di nuove strade ma la messa in sicurezza di quelle attualmente esistenti e l’ampliamento della rete ferroviaria, con l’obiettivo di promuovere una mobilità sostenibile».
Tuttavia, allo stato attuale, le strade e in particolare le autostrade costituiscono il principale collegamento tra le diverse aree del Paese ma «la loro costruzione in un territorio» è stata «negli anni anche causa e conseguenza di uno sviluppo economico, sociale, culturale e turistico», evidenzia Openpolis. Verificare con quali differenze la rete stradale sia diffusa in Italia è quindi utile a individuare divari territoriali, per capire in quali territori sia più urgente intervenire per migliorarne la mobilità.
Complessivamente, secondo le stime della fondazione, la rete stradale è cresciuta del 12% in 30 anni, con alcune differenze in base alla tipologia di infrastruttura. Se le autostrade sono aumentate del 13% e le regionali e provinciali del 40%, le statali (altre strade di interesse nazionale) risultano quasi dimezzate (-48%). “Considerando i dati relativi alle diverse tipologie di infrastruttura, il nord del Paese spicca per offerta di autostrade, superando sia la media nazionale che le altre macroaree”, si legge.
Mentre il Sud risulta primo per quanto riguarda strade regionali e provinciali (42,94 km per 10mila macchine) e altre di interesse nazionale (10,65 km). Al Mezzogiorno servono strade e ferrovie moderne, la sintesi del declino della spesa infrastrutturale in Italia e al Sud in particolare sta nel tasso medio annuo di variazione nel periodo 1970-2018, che è stato pari a –2% a livello nazionale: –4,6% nel Mezzogiorno e -0,9% nel Centro-Nord. Gli investimenti infrastrutturali nel Sud negli anni ‘70 erano quasi la metà di quelli complessivi, mentre negli anni più recenti sono calati a quasi un sesto del totale nazionale. In valori pro capite, nel 1970 erano pari a 531,1 euro a livello nazionale, con il Centro-Nord a 451,5 e il Mezzogiorno a 677 euro.
Nel 2017 si è passati a 217,6 euro pro capite a livello nazionale, con il Centro-Nord a 277,6 e il Mezzogiorno a 102 euro. La conseguenza è che nel ranking regionale infrastrutturale dell’Unione Europea a 28, la regione del Mezzogiorno più “competitiva” è la Campania, che occupa una posizione a metà della graduatoria (134° su 263), seguita da Abruzzo (161°), Molise (163°), Puglia (171°), Calabria (194°), Basilicata (201°), Sicilia (207°) e Sardegna (225°). Al Sud, a parte la realizzazione di alcune tratte autostradali con terze corsie e l’adeguamento della Salerno-Reggio Calabria, l’incremento di autostrade è stato molto limitato e si è concentrato tutto o quasi in Sicilia.
«Il segnale del disimpegno degli investimenti pubblici in questo ambito – si legge nell’ultimo rapporto Svimez – sta nel peggioramento della dotazione relativa di autostrade nel Mezzogiorno. Rispetto alla media europea a 15 paesi (posta uguale a 100), la dotazione di autostrade del Mezzogiorno è passata dal 1990 al 2015 da 105,2 a 80,7 nel 2015».
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