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Al via la gara per al cessione del marchio Alitalia. I commissari straordinari hanno pubblicato su diversi quotidiani italiani e sul “Financial Times” l’invito alla presentazione delle offerte.

“I commissari straordinari intendono procedere alla cessione del brand Alitalia ‘”, si legge nel bando. La base d’asta è di 290 milioni e il rilancio minimo è di dieci milioni. Le offerte potranno essere presentate a partire dalle 12 di oggi fino al 30 settembre. La scadenza è prorogata al 4 ottobre per le offerte vincolanti. L’accesso ai libri contabili e agli altri dati sarà possibile a partire da lunedì. Il nome del vincitore sarà reso noto entro il 31 dicembre.

Possono presentare richiesta di ammissione alla gara “imprese individuali o in forma societaria di qualsiasi nazionalità, in possesso di un patrimonio netto alla data di presentazione della richiesta di ammissione non inferiore a 200 milioni e titolari di licenze di esercizio di trasporto aereo o di certificazioni di operatore aereo”. La procedura è stata imposta dalla Commissione di Bruxelles per segnare la discontinuità tra la vecchia compagnia in amministrazione straordinaria e Ita che decollerà il 15 ottobre. Un salto di parametro importante considerando che in occasione dei due precedenti salvataggi (i cosiddetti capitani coraggiosi del 2008 ed Ethiad nel 2014) il marchio era transitato direttamente dal passato al futuro. Stavolta, invece, verrà messo all’asta e, in linea teorica potrebbe anche finire su aerei di nazionalità non italiana. Ipotesi, per la verità piuttosto remota e non solo perché Ryanair, che sembrava il concorrente più interessato, ha fatto sapere di non essere interessata.

A restringere le candidature alla sola Ita contribuisce anche un altro elemento. La base d’asta a 290 milioni è il doppio se non addirittura il triplo della valutazione fatta dalla testata specializzata Avionews alcuni giorni fa. Fissava il valore fra cento e centocinquanta milioni. Decisamente poco ma Alitalia non compare nella lista dei primi cento marchi mondiali stilati da Interbrand dove le uniche presenze italiane sono Gucci, Ferrari e Prada. Non esiste nemmeno nella lista di Lovebrands che segnala invece l’affezione e la fiducia del pubblico e che vede al primo posto in Italia Giorgio Armani. Il marchio Alitalia ha un valore affettivo e identitario importante ma trent’ anni di vertenze sindacali e politiche si pagano cari . Tanto più che non ci sono certezze che l’avventura di Ita, anche vestita con il marchio Alitalia, sia destinata al successo. Nel 2019, in Italia i passeggeri del traffico aereo interno sono stati 64 milioni e 128 milioni quelli sui collegamenti internazionali.

Il mercato italiano è quindi molto interessante per le altre compagnie aeree europee. A fronte di una concorrenza che si annuncia feroce Ita apparirà come un pigmeo. Opererà con 52 aerei per crescere, nel 2022, a 78. A fine 2025 saranno 105 con 81 aeromobili di nuova generazione. Resterà comunque una piccola compagnia che di certo non può competere con Air France-Klm (573 aerei di cui 173 di lungo raggio), Lufthansa (218 aerei di cui 80 di lungo raggio), British Airways (263 aerei di cui 90 di lungo raggio). Negli ultimi 15 anni, con il progressivo contrarsi di Alitalia, questi tre concorrenti hanno incrementato i voli verso Londra, Parigi, Francoforte e Monaco di Baviera da molti aeroporti italiani con tariffe agevolate, perché da quegli hub europei partono i redditizi voli intercontinentali.

In questo scenario Ita appare come una compagnia di modeste dimensioni che farà fatica a competere anche con i vettori low-cost (la sola Ryanair ha 300 aerei) e quindi a sopravvivere a lungo. È difficile poterla definire una compagnia di bandiera (come pensa qualche politico) di un Paese che è una delle sette potenze economiche mondiali. Nello stesso tempo è triste vedere uscire dai radar una compagnia come Alitalia che per 85 anni ha portato la bandiera italiana nel mondo.

A questi problemi si aggiungono quelli di natura sindacale. Ita partirà con 2.800 dipendenti destinati a salire, se tutto andrà bene a 5.750 nel 2025. Vuol dire, in sostanza, un organico pari a circa la metà di adesso. Per gli esuberi si annuncia un altro periodo di cassa integrazione che i sindacati vorrebbero estendere fino al 2025. Proprio al tema del personale sarà dedicata la nuova riunione prevista per lunedì al ministero del Lavoro.


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