Enrico Giovannini
5 minuti per la letturaÈ l’ora di agire per colmare il divario Nord-Sud anche per quanto riguarda il trasporto pubblico locale. Ieri il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, ha inviato ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati, nonché al presidente della Commissione Lavori pubblici del Senato, Mauro Coltorti, e alla presidente della Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, Raffaella Paita, la relazione finale della Commissione di studio sul trasporto pubblico locale istituita a gennaio 2021 e presieduta dal professor Bernardo Mattarella della Luiss Guido Carli di Roma, composta da esperti della materia e dai rappresentanti istituzionali dei soggetti pubblici.
«Apriremo una discussione con le Regioni e gli enti locali per la riforma del trasporto pubblico locale, che è una condizione imprescindibile per la transizione in senso ecologico di questo settore – ha sottolineato il ministro – In generale dobbiamo convincere le Regioni e gli enti locali a programmare investimenti e spese in modo coerente con il Pnrr. In più sto spingendo per ricostituire il comitato interministeriale per le politiche urbane, abbiamo bisogno di essere coerenti per quanto riguarda le varie politiche».
Obiettivo della relazione è quello di avviare un dibattito e una riflessione per aggiornare il quadro normativo sul trasporto pubblico locale. Un settore, quello della mobilità, che è in rapida evoluzione. Si diffondono nuovi tipi di veicoli e in particolare è arrivata una vera e propria rivoluzione con la tecnologia digitale e le comunicazioni elettroniche.
«Tuttavia il servizio del trasporto pubblico locale solo molto parzialmente si giova di queste evoluzioni ed esso, pur con differenze notevoli tra Nord e Sud e tra città e campagna, continua a servire una quota modesta delle esigenze di mobilità della popolazione, soprattutto per le caratteristiche dell’offerta, qualitativamente poco attraente e incapace di soddisfare pienamente l’utenza – si legge nella relazione – La trasformazione degli assetti istituzionali proposta dalla Commissione persegue il duplice scopo di migliorare le gestioni esistenti e di promuoverne l’evoluzione che il progresso tecnologico consente».
Il primo passa da compiere riguarda il miglioramento della gestione: a partire dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Art) che potrebbe divenire il coordinatore della rete dei regolatori regionale fino al superamento dell’attuale frequente regime di proroga di vecchi affidamenti e introdurre la concorrenza tra gestori. Va rinnovato il parco circolante che è mediamente molto anziano in Italia, ben superiore alla media europea, e formato da mezzi molto più inquinanti. Grazie al Pnrr potrebbe essere sostituti i vecchi mezzi.
Tra l’altro negli ultimi giorni la Consip ha attivato il primo accordo quadro per la fornitura di autobus urbani ‘green’ alle pubbliche amministrazioni. In particolare, le Pa centrali e locali e le aziende di trasporto pubblico (Atp) possono scegliere tra 27 modelli di autobus di diverse dimensioni (corti, medi, lunghi) e alimentazione (diesel, metano, mild-hybrid, full-hybrid e full-electric) messi a disposizione dai 10 fornitori selezionati dalla società. In totale si tratta di quasi 1.000 veicoli, di cui 200 autobus ad alimentazione elettrica, 259 ad alimentazione ibrida (pari al 47% della fornitura) e 300 ad alimentazione a metano. A fronte dell’importanza del trasporto pubblico nel quadro dei servizi alla mobilità, la situazione italiana presente diversi punti critici, che richiedono interventi correttivi.
Nel complesso la Commissione rileva un vistoso squilibrio tra le aree urbane e quelle rurali: nelle prime la quota di trasporto pubblico è molto più alta che nelle seconde. Ma ciò che balza agli occhi è il divario territoriale. «… E vi è un non meno vistoso squilibrio tra il Nord e il Sud del Paese. La quota di mobilità coperta dal trasporto pubblico è maggiore al Nord (dove è in aumento) che al Sud (dove è stabile, ma con indici di utilizzo molto bassi) e la propensione agli investimenti è decisamente più alta al Nord che al Sud – scrive il team guidato da Mattarella – La minore quantità e qualità dell’offerta nelle aree rurali e nel Meridione, ma diffusamente anche al Centro Nord se pensiamo alle aree interne, determina una minore domanda, che a sua volta rende l’attività meno redditizia, con un ulteriore effetto negativo sull’offerta, in un circolo vizioso».
Sono quattro i pilastri della riforma: qualità del servizio, sostenibilità, efficace organizzazione e finanziamento. «In ordine alla qualità del servizio, il primo obiettivo che ci si deve porre è fare in modo che il gestore del servizio sia incentivato a migliorarla e a mantenerla a un livello adeguato – scrive la Commissione – Ciò è solo possibile se la remunerazione del gestore dipende anche dalla qualità del servizio fornito e se i sistemi di controllo sono efficacemente orientati a questo scopo».
Gli obiettivi di sostenibilità, invece, sono già e fissati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che dedica il 40% degli investimenti previsti agli obiettivi di transizione ecologica. «Esso pone l’obiettivo dello spostamento di almeno il 10 per cento del traffico dalle auto private al trasporto pubblico, che ha un impatto molto minore in termini di inquinamento ambientale – si legge nella relazione – Esso prevede anche il rinnovo della flotta degli autobus, con immissione di autobus a basso impatto ambientale. Entro il 2030 il settore dei trasporti avrà uno sviluppo delle rinnovabili intenso».
La qualità, l’economicità e la redditività del servizio di trasporto pubblico locale dipendono in larga misura dagli incentivi che fronteggiano i gestori, a loro volta definiti e determinati dagli assetti regolatori prevalenti. Capitolo finanziamento. «È necessario essere consapevoli che le innovazioni per migliorare il servizio di trasporto pubblico locale sono costose e che ciò potrà comportare un incremento del finanziamento pubblico e, in particolare, del Fondo nazionale trasporti, che copre attualmente circa il quaranta per cento della spesa complessiva – spiega la Commissione – Il problema principale riguarda le modalità di ripartizione del Fondo, in ordine al quale si deve tener conto della difficoltà di abbandonare il criterio della spesa storica, che garantisce la continuità dei servizi e della necessità di introdurre incentivi all’innovazione e all’efficienza della spesa. Il tentativo degli ultimi decenni di superare i criteri di allocazione basati sui fabbisogni storici anziché accelerare come si pensava il processo di efficientamento del settore, lo hanno di fatto rallentato sino ad inibirlo».
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