Un autobus affollato
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Scarsa quantità e qualità dell’offerta, mezzi vecchi e inquinanti, ritardi nelle corse, bilanci delle società in passivo. Il Trasporto pubblico locale in Italia si caratterizza, nel confronto internazionale, per un basso livello di soddisfazione dell’utenza rispetto alla quantità e qualità dei servizi che si accompagna, in un circolo vizioso, a una bassa domanda degli stessi e, quindi, a un maggior utilizzo dei mezzi privati, con conseguenze negative sulla congestione urbana.
La situazione peggiore è al Sud dove, tra l’altro, una società su quattro è in perdita e con un parco veicoli vecchio e inquinante. Tra le principali aree metropolitane, quelle con un minore livello di soddisfazione sono, nell’ordine, Napoli, Catania e Palermo, Roma, Bari e, unica tra le città del Nord, Genova. Lazio, Campania e Sicilia sono le regioni da maglia nera.
LA RICERCA
È il quadro che emerge dall’analisi di due ricercatori della Banca d’Italia, Sauro Mocetti e Giacomo Roma. Lo studio parte dalla situazione pregressa al Covid dove «la qualità percepita del Tpl è significativamente inferiore rispetto ai centri urbani delle altre principali economie dell’Unione europea».
Il panorama è quello di società non molto efficienti per corse e puntualità, per oltre il 70% pubbliche e, se si guarda solo al Sud e al Centro, con indici più negativi. Spesso gli affidamenti diretti o in house, senza concorrenza, portano a risultati peggiori. Basti pensare, poi, che la migliore performance delle società che hanno ottenuto il servizio con una gara è riscontrabile solo al Centro Nord e non nel Mezzogiorno.
BILANCI NEGATIVI E MEZZI INQUINANTI
Il Centro e il Sud si caratterizzano per livelli di soddisfazione significativamente inferiori a quelli delle regioni settentrionali. Anche i dati oggettivi confermano tali evidenze: nel Sud è più contenuta l’offerta in rapporto alla domanda potenziale, più alta la quota di mezzi di trasporto vecchi e altamente inquinanti e meno diffuso l’uso di sistemi di infomobilità.
Più di una società su dieci ha un utile di esercizio negativo; tale proporzione è più elevata (una ogni quattro) per le società che operano nel Mezzogiorno, mentre è prossima allo zero per quelle che gestiscono il servizio nelle regioni settentrionali. Al Sud la propensione agli investimenti è molto più contenuta: nell’ultimo quinquennio gli investimenti hanno rappresentato in media il 7 per cento del fatturato, a fronte del 10 e 14 per cento nel Centro e nel Nord del Paese, rispettivamente.
POSTI E BIGLIETTI
Il ritardo del Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia è confermato anche da altri indicatori oggettivi sulla quantità e qualità del servizio offerto. Il numero di posti per chilometro quadrato per abitante – che misura la densità dell’offerta in rapporto alla popolazione – è significativamente più basso nei Comuni capoluogo di provincia del Sud rispetto alla media dei Comuni capoluogo di provincia.
I posti per chilometro quadrato offerti dagli autobus, e quindi su gomma, rappresentano la quasi totalità dell’offerta di Tpl. Tale valore è più basso nelle aree metropolitane, sebbene al loro interno esistano ampi divari: l’offerta di autobus rappresenta meno di un quinto dei posti per chilometro quadrato a Milano, oltre il 40 per cento a Napoli e Roma, poco più del 60 per cento a Torino e percentuali più elevate nelle altre.
Le tariffe standard, corrispondenti al costo del biglietto per una corsa, sono in media pari a 1,3 euro, con una variabilità nel complesso contenuta (nel 90% dei casi la tariffa oscilla tra 1 e 1,5 euro). Nel Mezzogiorno il costo del biglietto è di circa 20 centesimi più basso rispetto alle regioni centro-settentrionali. Tale costo è elevato, se rapportato ad esempio al Pil pro capite che nel Mezzogiorno è pari al 55 per cento di quello del Centro Nord.
Al tempo stesso è più basso della spesa per passeggero sostenuta dalle amministrazioni locali per la fornitura del servizio in tali aree del Paese. Dallo studio emerge che nel 2017, ultimo anno disponibile, la spesa per abitante nel Mezzogiorno era pari a 91 euro, meno della metà rispetto al Centro Nord. Tale divario è interamente imputabile alla spesa corrente, mentre quella in conto capitale è sostanzialmente allineata tra le macroaree. Le differenze territoriali si sono ampliate nello scorso decennio.
Nel Mezzogiorno si spende più di 1,40 euro per passeggero contro i circa 80 centesimi nel Centro Nord. «Tali evidenze – si legge nel dossier -mettono in luce come nel Mezzogiorno esista sia un problema di risorse pubbliche – sebbene la spesa per abitante non sia poi correlata significativamente con gli indicatori, a livello regionale, sul livello di soddisfazione dell’utenza – sia un problema di domanda, che rende poco remunerativo il servizio, con riflessi a sua volta sulla situazione economico-finanziaria dei gestori e sull’attrattività di tali mercati per operatori esterni».
CAMBIO DI ROTTA
Il Covid e, soprattutto, il post Covid che vedrà un cambio delle abitudini di vita e lavoro degli italiani, dovrà far ripensare e trasformare il trasporto pubblico locale nell’ottica di riconversione, maggiore concorrenza e meno impatto ambientale. Un settore che è entrato nella pandemia in una situazione non esaltante, con punte critiche al Sud e a Roma ma che dovrà essere rilanciato e integrato in una mobilità sostenibile, anche per il suo impatto sulla capacità di attrazione delle città e delle aree urbane e sul mercato del lavoro.
«Sfide non facili che potranno essere affrontate con le risorse del Recovery plan» concludono i due ricercatori della Banca d’Italia.
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