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DOVE eravamo rimasti? Alla questione dell’Alta velocità, che con il passare dei mesi diventa sempre più spinosa. Addirittura finisce in un cespuglio impenetrabile di rovi e di ortiche, quando si tratta di affrontare il discorso nel Mezzogiorno, che più di una volta – abbiamo sottolineato dalle colonne del Quotidiano del Sud – è tagliato fuori dai collegamenti, a causa di una perdurante visione nord-centrica dei trasporti su ferro.
Nei giorni scorsi il ministro del Mit, Paola De Micheli, ha consegnato al premier Giuseppe Conte il piano infrastrutturale del Governo, per gli Stati generali. Si tratta del progetto #ItaliaVeloce, da circa 200 miliardi di euro, che, almeno sulla carta dovrebbe contribuire a principiare la cosiddetta fase 3, che al momento si scontra con i cantieri che non partono. Nel complesso, sono 750 quelli fermi, soltanto al Sud sono 425. Eppure la titolare del dicastero di Infrastrutture e Trasporti, ha evidenziato come in meno di un anno (nove mesi per la precisione) siano state sbloccate opere ed effettuati interventi per 11,3 miliardi. Ma, dati alla mano, l’ex sottosegretario Rixi, ha tenuto a sottolineare che «a parte i cantieri aperti sulle autostrade che stanno paralizzando una regione come la Liguria, non si è visto altro». Il nodo da sciogliere, in effetti, è rappresentato dai 77 commissari straordinari previsti dallo Sblocca Cantieri. Al momento solo uno risulta nominato, si tratta di quello per l’accorpamento del nodo ferroviario di Genova con il Terzo Valico. Parliamo di Settentrione, naturalmente.
Ma tornando a #ItaliaVeloce, 33 miliardi dovrebbero essere destinati, in totale, a lavori da concludere nei prossimi due anni nel Mezzogiorno. Tra essi anche quelli per l’Alta velocità e dell’alta capacità ferroviaria. In cima agli impegni l’ammodernamento tecnologico della Salerno-Reggio Calabria e della Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia. Ma ci sono da confermare anche gli investimenti per la Napoli-Bari e per il collegamento alla rete ferroviaria del porto di Gioia Tauro. De Micheli ha parlato di circa 200 miliardi di fondi «cantierabili», facendo di nuovo confusione con le parole. Confonde il ministro, fondi cantierabili con fondi che, in effetti sono «a disposizione», e la differenza è sostanziale. Perché prima di far partire i lavori, bisogna attivare un iter – in primis progettazione e gare da affidare attraverso articolati bandi – che comporta un lungo periodo di tempo. Tutto ciò denota come il concetto di velocità – e di Alta velocità – della dem non collimi con quello reale.
LA MINISTRA DE MICHELI CONTINUA A GIOCARE CON LE PAROLE
Ma non è la prima volta che De Micheli commette tale tipo di errore di comunicazione, e gioca con le parole. Forse è questa la linea scelta dal Governo, per non ammettere che, almeno per l’immediato futuro, il Sud non sarà coperto dalla rete che supporta l’Av. A meta maggio scorso, la titolare del Mit, all’atto della presentazione del pacchetto per il settore trasporti e infrastrutture contenuto nel Decreto Rilancio, aveva sottolineato come, saranno finanziate alcune opere strategiche. Rientrano tra queste anche la progettazione e il potenziamento «con caratteristiche di Alta velocità di rete delle linee Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia (e Genova-Ventimiglia), per un investimento complessivo da quaranta milioni di euro».
De Micheli ha parlato di «Alta velocità di rete», riferendosi all’Av come normalmente, la si intende. Non è, per capirci, quella del treno ad Alta velocità Napoli-Milano, che si muove su nuove linee con andamento di crociera tra i 300 e i 350 chilometri orari, come ha spiegato un esperto al nostro giornale. Alta velocità di rete significa, nei fatti, soltanto sistemare le vecchie linee per un andamento che si attesta sui 200 chilometri orari. Il gap tra Nord e Sud è quindi destinato ad aumentare, anche perché, secondo una previsione – non difficile da fare – al Settentrione si registreranno linee più veloci del 50-75% rispetto a quelle del Meridione.
PIANO QUINQUENNALE FS, IL GIALLO DELLA REALE PORTATA DEGLI INVESTIMENTI AL SUD
Al Sud – non va dimenticato – l’Av continua ad arenarsi, diventando praticamente inesistente da Salerno in giù. A maggio dello scorso anno, Gianfranco Battisti, amministratore delegato e direttore generale di Ferrovie dello Stato, ha illustrato il piano quinquennale da 56 miliardi di euro. Piano che prevede – almeno da quanto è stato detto in fase di presentazione – il 60 per cento degli investimenti destinati al Nord, e il 40% per il Mezzogiorno. Ma sulla circostanza dei fondi effettivamente destinati al Meridione, si apre un vero e proprio «giallo». Come rivelato dal Quotidiano del Sud nei mesi scorsi, a fronte del citato piano, esisterebbe, infatti, una bozza non ufficiale che circola nei piani alti di Ferrovie dello Stato, e che renderebbe la situazione ancora più drastica. Dalla bozza si evincerebbe che, in realtà, gli investimenti per il Sud nell’arco dei cinque anni previsti, potrebbero scendere a una cifra che oscilla tra appena, l’undici e il 16%. Si tratterebbe, è bene sottolinearlo, di un prospetto «informale», e non definitivo, che però getta ombre sulla reale portata degli investimenti al Sud.
GIUSEPPE CONTE E IL PONTE SULLO STRETTO
E a proposito di grandi opere e del progetto ormai «eterno» del Ponte sullo stretto, il 3 giugno scorso, a sorpresa, il premier Conte ha affermato: «Senza pregiudizi, valuterò tutto». Forse, il ribattezzato «avvocato del popolo», nei giorni successivi a quella dichiarazione si sarebbe aspettato l’appoggio o quanto meno qualche parola da parte di Battisti – FS, sarebbe inevitabilmente coinvolta nel progetto -, che però non sembra aver raccolto l’invito.
Sarà per questo che, non vedendo seguito all’assist, il 20 giugno, il presidente del Consiglio, nel corso di una intervista a la Repubblica, ha fatto una parziale marcia indietro, dicendo che «ragionare oggi del Ponte dello stretto è una fuga in avanti».
Nel frattempo, però, l’uscita del 3 giugno, da molti è stata inevitabilmente bollata come l’ennesima boutade per ottenere qualche titoletto sui giornali, senza che, sulla questione del Ponte dello stretto, ci sia però un valido progetto alle spalle.
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