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I prezzi stellari dell’energia, il carrello della spesa più pesante e, soprattutto, l’incertezza sul futuro, con lo spettro della recessione, spingono gli italiani a rivedere i bilanci familiari. Covid e guerra hanno servito al Paese un piatto velenoso: la scelta obbligata è tagliare le spese.

Tra le prime a “saltare” sono le spese considerate voluttuarie, come turismo e cultura che sono ritenute tali dalle famiglie ma non lo sono per l’Azienda Italia, che ha nel turismo una delle sue industrie principali, in particolare al Sud. Il giro d’affari del turismo organizzato viaggiava in pre-pandemia su una cifra di oltre 13 miliardi. Dal 2020 al 2022, secondo gli ultimi dati presentati alla 25ª edizione della Bmt, il settore ha bruciato più di 27 miliardi, compresi i 6 miliardi stimati per quest’anno, con effetti disastrosi anche per l’occupazione.

IL CALO IN CIFRE

Ora, con l’allentamento delle restrizioni Covid, si poteva sperare in un recupero, ma la guerra e le difficoltà economiche hanno spentole illusioni. Manca una manciata di giorni a Pasqua, banco di prova per le vacanze estive, e le previsioni sono nere.

Secondo Confcommercio, su otto milioni di italiani pronti a partire solo la metà ha confermato la vacanza di Pasqua. E chi si muove, lo fa riducendo comunque l’investimento: spostamenti brevi e di corta durata e all’interno della regione di residenza per la metà dei vacanzieri; un solo pernottamento e spesa nell’ordine dei 200 euro a persona tutto incluso, mentre solo il 6% opterà per mete estere, contro il 13% del 2019. E in estate andrà peggio: otto su dieci non partiranno o ridurranno durata del soggiorno e spesa.

Nei “consumi culturali” prevale invece nettamente la rinuncia tout court, mentre per la ristorazione e l’intrattenimento la scelta prevalente è quella di ridurre il numero delle occasioni di acquisto. Rischia così di consolidarsi un quadro fortemente negativo.

Lo scenario delineato da Radar Swg e dall’Osservatorio di Confturismo-Confcommercio di marzo è sconfortante: nel 2021 sono mancati 60 milioni di arrivi e 160 milioni di presenze, oltre ai 22 milioni di viaggi in meno degli italiani all’estero. Secondo Confcommercio, quindi, turismo e cultura saranno tra i settori più penalizzati dalla guerra e dal caro bollette. La ripartenza in tali condizioni può attendere.

Assoturismo Confesercenti ha rilevato, nel primo trimestre di quest’anno, un calo del 28% dei pernottamenti rispetto al pre-pandemia. A pesare soprattutto l’affievolirsi della ripresa degli stranieri. con un crollo del 38% dei pernottamenti. E dopo l’abbandono dei viaggiatori extra europei, soprattutto statunitensi, a mancare ora sono anche quelli dell’Europa dell’Est. Nel 2019 i vacanzieri russi avevano speso 984 milioni (dati Bankitalia).

RESISTONO CAMPAGNA E COLLINA

Il caro-carburante, poi, incide sul turismo domestico: a marzo (dati Confesercenti) il 37% degli italiani ha ridotto gli spostamenti con mezzo privato per fronteggiare gli aumenti alla pompa. A livello di mete, soffrono le città d’arte che hanno perso il 39%, le località costiere con -24% e di montagna (-21%).

A resistere, invece, sono campagna e collina, dove il turismo italiano è predominante, con una flessione più contenuta (9%). A vedere più rosa è infatti il settore dell’agriturismo. Secondo l’analisi realizzata dalla Coldiretti, in previsione delle prossime festività pasquali torneranno le scampagnate spinte dalla «voglia di low cost a causa del caroprezzi».

La fine delle restrizioni riporterà gli italiani nelle aziende agrituristiche, che sono più sicure (le restrizioni Covid stanno per essere archiviate, ma i contagi comunque resistono) e sono più economiche. Una soluzione per chi non vuole rinunciare a stare all’aria aperta senza pesare troppo sul bilancio familiare.

Un’opportunità in tale senso è offerta dalle 25mila strutture agrituristiche presenti in Italia che offrono una molteplicità di soluzioni, dalla vacanza a 5 stelle alla messa a disposizione di spazi attrezzati per il picnic e tende, roulotte e camper con la possibilità di approvvigionarsi di prodotti a chilometro zero anche preparati dai cuochi contadini.

La tavola con la cucina a chilometri zero resta la qualità più apprezzata, ma a spingere verso il turismo rurale è anche l’attrattiva esercitata dai piccoli borghi e dai centri minori, un’offerta particolarmente ricca nel Mezzogiorno dove da anni, per esempio, le masserie pugliesi immerse negli uliveti rappresentano un’eccellenza. Per questo l’agriturismo quest’anno, secondo Terranostra-Coldiretti, punta a recuperare quegli spazi persi nel 2021 con il calo del 27% delle presenze rispetto al 2019.

D’altra parte l’Italia ha grandi potenzialità nel turismo rurale dove è leader con 253mila posti letto e quasi 442mila posti a tavola negli agriturismi presenti lungo tutta la Penisola che in questi anni hanno realizzato una profonda qualificazione dell’offerta.

Nella vacanza, poi, un posto d’onore spetta al cibo, parte integrante della cultura del territorio che è diventato la voce principale del budget. Un terzo della spesa è rappresentato infatti dai pasti, ma anche dagli acquisti dei prodotti alimentari tipici come cadeaux. E su questo fronte le penalizzazioni derivano dal crollo degli stranieri. Sono stati 113 milioni, rileva Coldiretti, che hanno disertato tra il 2020 e il 2021 per le limitazioni imposte dal Covid.

L’ALLARGAMENTO DELLE MAGLIE DEL GREEN PASS

L’allargamento delle maglie sul Green pass, secondo l’organizzazione agricola, avrà un impatto positivo a cascata sull’intera filiera agroalimentare, dalle industrie alle aziende agricole, dopo che il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi è costato in due anni ben 17 miliardi tra cibi e vini invenduti che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.

In alcuni settori, come quello ittico e vitivinicolo, la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato, ma i più colpiti sono stati i prodotti di alta gamma, dal vino ai salumi, dai formaggi fino ai tartufi. Con meno vincoli potrà arrivare una boccata di ossigeno, che dal canale Horeca e dagli agriturismi si trasferirà sulle 70mila industrie alimentari e le oltre 740mila imprese agricole per una filiera allargata che vale più di 570 miliardi (25% del Pil) e 3,8 milioni di posti di lavoro.


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