L’invaso del Goillet, a 2.527 metri di quota sopra Cervinia
5 minuti per la letturaPER stare al passo con i tempi e ridurre il divario territoriale, il Mezzogiorno ha la necessità di puntare su nuove tecnologie e ambiente. Partiamo da un dato rilevante. Nella transizione energetica un ruolo strategico è rivestito dai pompaggi idroelettrici. Non solo: hanno una grossa rilevanza per quanto concerne la flessibilità e resilienza del sistema elettrico nazionale e sono la migliore risorsa per la risoluzione delle congestioni. Nelle Alpi sono già sviluppati, nel Sud no.
Eppure i benefici sono tanti. La produzione di energia elettrica da impianti idroelettrici non provoca emissioni, non immette sostanze inquinanti nell’ecosfera, nè polveri e calore. E, grazie a sistemazioni idrauliche eseguite per la loro realizzazione, portano anche beneficio ai corsi d’acqua, molto numerosi al Sud. Dal punto di vista dell’inserimento ambientale si fanno continue valutazioni con l’obiettivo di garantire nessuna interferenza con l’ambiente naturale. Le dighe sono quasi invisibili. L’impianto è in parte nascosto, con il sistema installato a grande profondità, permettendo di restituire alla zona interessata la sua bellezza naturale: insomma sono integrate nelle infrastrutture esistenti in modo tale da essere appena percettibili.
Ma come funziona un sistema di accumulo tramite pompaggio idroelettrico? In sintesi, si trasporta l’acqua a monte con l’elettricità assorbendola quando è in eccesso, cosa che capita e capiterà sempre più con la generazione rinnovabile concentrata nel Sud, per poi utilizzarla per produrre energia e rilasciarla quando è maggiore la richiesta. In Italia, il sottoutilizzo dei pompaggi idroelettrici genera implicazioni negative a cascata, in quanto il mancato utilizzo di queste tecnologie comporta l’impossibilità di accumulare grandi quantità di elettricità dall’eolico e fotovoltaico e, di conseguenza, l’impossibilità nel ridurre gli stress alla rete e gli sbalzi nei prezzi.
Per accelerare il processo di transizione energetica, all’inizio di quest’anno l’Unione Europea si è impegnata ad aumentare l’obiettivo di energia rinnovabile per il 2030 al 45% nell’ambito del pacchetto REPowerEU, un’ambizione che porterà con sé una “nuova ondata” di installazioni di energia green. In tal senso, il tema della capacità flessibile green diventerà sempre più importante. I sistemi di accumulo possono, quindi, fare un’enorme differenza nell’integrazione della generazione rinnovabile, soprattutto nell’Europa meridionale che, per motivi geografici, è meno interconnessa con i mercati elettrici vicini. La rilevanza dei sistemi di accumulo per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione è confermata anche dai piani nazionali. In Italia, infatti, il Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec), lo strumento con cui ogni Stato Membro identifica politiche e misure per il raggiungimento degli obiettivi energia e clima al 2030, prevede l’installazione di nuovi sistemi di accumulo per oltre 10 GW entro il 2030, di cui 6 GW cosiddetti utility scale (pompaggi idroelettrici e batterie, localizzati principalmente al Sud e Isole) e i rimanenti in batterie distribuite. La realizzazione di nuovi impianti rappresenta la leva fondamentale per facilitare la penetrazione delle fonti di energia rinnovabile intermittenti nei prossimi anni. È una sfida che, per poter essere affrontata, richiede un quadro regolatorio certo, che sia da stimolo per investimenti in nuova capacità di accumulo, sia essa derivante da pompaggi idroelettrici o da batterie.
Nonostante l’Italia sia il Paese europeo che mostra la maggiore potenza e la maggiore capacità in termini di pompaggi idroelettrici, purtroppo questa tecnologia risulta oggi poco sfruttata: dal 2000 ad oggi si è registrata una riduzione di oltre 4 volte della produzione. L’idroelettrico rappresenta, infatti, una fonte chiave, in grado di offrire maggiore flessibilità e sicurezza al sistema energetico rispetto alle fonti fossili, facilitando anche l’integrazione delle Fer. Allo stato attuale, in Italia, si contano 22 impianti di pompaggio, con una potenza massima di assorbimento pari a circa 6,5 GW e una potenza massima di produzione pari a circa 7,6 GW. Complessivamente, la capacità di stoccaggio è pari a 53 GWh.
A livello geografico, i 22 impianti di pompaggio sono purtroppo localizzati prevalentemente al Nord: ben 14 (66,7% del totale). Inoltre, l’84% della capacità di stoccaggio è concentrata nei sei maggiori pompaggi idroelettrici, di cui 4 al Nord e 2 nel Mezzogiorno. I pompaggi idroelettrici, tuttavia, ad oggi risultano ancora poco sfruttati. Nonostante l’Italia sia il Paese europeo che mostra la maggiore potenza e la maggiore capacità in termini di pompaggi idroelettrici, con una potenza di quasi 8 GW e circa 8 TWh annui accumulabili, negli ultimi anni la rilevanza dei pompaggi idroelettrici è andata sempre più riducendosi. Dopo il picco del 2002 – quando la capacità di pompaggio venne utilizzata per 1.000 ore l’anno, traducendosi in 8 TWh – oggigiorno si è scesi a 1-2 TWh annui. In particolare, dal 2000 ad oggi, nonostante un leggero aumento della potenza installata per quanto riguarda gli impianti di pompaggio (+5% vs 2000), si è registrata una riduzione di oltre 4 volte della produzione. Le motivazioni alla base di questo andamento sono dovute principalmente a due fattori. Da un lato, la dislocazione prevalentemente nel Settentrione dei pompaggi idroelettrici e – al contempo – la presenza degli impianti da fonte rinnovabili prevalentemente al Sud ne limita l’utilizzo per la risoluzione delle criticità della rete scaturite dalle fonti rinnovabili non programmabili.
C’è un altro elemento non trascurabile. Gli impianti di pompaggio, e l’idroelettrico in generale, assumono estrema rilevanza, anche alla luce dello scenario energetico attuale, che presenta debolezze legate all’incremento dei prezzi – in particolar modo del gas. L’impennata improvvisa dei prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale, infatti, si ripercuote inevitabilmente sulla sicurezza energetica ed espone l’Europa e l’Italia al rischio di blackout energetici. I pompaggi idroelettrici, in questo senso, sono in grado di rendere il sistema energetico più sicuro, resiliente e sostenibile. Ed inoltre siamo al cospetto di una tecnologia adatta a fornire servizi di regolazione di frequenza (riserva primaria, secondaria e terziaria) oltre ad essere in grado di risolvere le congestioni. La competitività industriale della tecnologia idroelettrica in Italia, a cui sono riconducibili i pompaggi, rappresenta un unicum a livello europeo: la filiera italiana dell’idroelettrico vale circa 28 miliardi di Euro di produzione e 15 miliardi di Euro di export e costituisce un asset fondamentale per il Paese.
Un ulteriore elemento di forza della tecnologia idroelettrica proviene dalla sicurezza di approvvigionamento. La tecnologia idroelettrica, infatti, trae le sue fonti a livello locale e territoriale. In questo modo, è in grado di garantire la sicurezza di approvvigionamento energetico, riducendo la dipendenza dai fornitori esteri e rafforzando la competitività del settore energetico comunitario e nazionale. Al Sud non resta che agire scommettendo sulle nuove tecnologie per spiccare il volo.
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Da una parte dite che i attuali impianti di pompaggi sono poco sfruttati (senza dire chi ne è il proprietario che fa questo) e dall’altra dite che ne servono di più. Logica vorrebbe che prima di costruire di nuovi si usassero di più quelli che ci sono. Un ostacolo inventato a loro uso intimo è che impianti pompaggio stanno al nord mentre fonti intermittenti rinnovabili stanno al sud. Una baggianata enorme. Quando si tratta di fare impianti per produrre energia al sud e questi producono energia Terna è capace di portare energia dal nord al sud mentre se si tratta di portare energia agli impianti di pompaggio al nord Terna non è più in grado???