Un gruppo di alpini giunti in soccorso sulla Marmolada
3 minuti per la letturaSette morti, otto feriti, di cui due gravi, e tredici dispersi: era questo, ieri sera, il bilancio del crollo di una parte della Marmolada. È un conteggio in continuo aggiornamento perché, oltre a poter sapere per certo quanti sono stati coinvolti in questo disastro ambientale, bisogna anche sapere chi sono. Al momento, infatti, dei sette morti ne sono stati identificati solo quattro, tre italiani e un cittadino ceco. Di otto feriti, solo sei hanno un nome.
Le istituzioni si sono attivate a tutti i livelli: per segnalazioni o richieste di informazioni – esclusivamente da parte di familiari di eventuali persone disperse – la Provincia autonoma di Trento ha attivato il numero di telefono 0461.495272 (gli operatori rispondono 24 ore su 24). Le autorità stanno ancora accertando la proprietà di 4 delle 16 auto parcheggiate nei pressi dei sentieri che portano al ghiacciaio: tutte hanno targhe straniere (una tedesca, 2 ceche e una ungherese).
LE RICERCHE
Intanto reparti specializzati del soccorso alpino come quelli della Guardia di finanza arrivano da tutta Italia per proseguire le ricerche: nella tragedia conseguente al distacco del seracco della calotta di Punta Rocca sulla Marmolada, a una quota di 3.200 metri, si sono aggiunte le difficoltà dei soccorsi, prima per il caldo eccessivo e una serie di crolli di assestamento, poi per la pioggia che dalle 11 del mattino al primo pomeriggio si è scatenata sul ghiacciaio. Dalle 16.30 sono riprese con forza le ricerche dei dispersi, ma il meteo è favorevole fino a un certo punto. Per ora si procede soprattutto con droni e altri mezzi per continuare le operazioni, limitando al massimo i rischi per le persone.
L’unica certezza che ripetono tutti è che la tragedia era imprevedibile, anche se un intervento di Carlo Budel, gestore del rifugio Capanna di Punta Penia è stato oggetto di un cortocircuito informativo: alcune testate hanno riportato il suo intervento sui social dei giorni scorsi in cui affermava di sentire i torrenti sotto il ghiacciaio. Lui stesso, però, ha smentito di aver dichiarato che il ghiacciaio andasse chiuso al pubblico. Si era limitato a riportare alcune preoccupazioni. Come per altro da anni si ripetono gli allarmi sul progressivo ritiro dei ghiacciai che in queste settimane aveva già mostrato pesanti effetti sull’agricoltura della Pianura Padana. Ma nel mezzo del caos seguente al catastrofico crollo le notizie si susseguono con tensione crescente.
L’IMPRUDENZA E I DIVIETI
Già si fissano le immagini che resteranno nella storia di questa tragedia, come il selfie di Filippo Bari, 28 anni, che si è scattato una foto in cui si intravede la valanga di ghiaccio e roccia che pochi minuti dopo lo avrebbe spacciato. L’uomo, che lascia una bambina di 4 anni, è stato ricordato dal fratello: «Gli dicevamo sempre di fare attenzione in montagna, specialmente in questa stagione: l’unica consolazione è che è scomparso facendo quello che amava».
Fra le altre vittime, la guida Paolo Dani, il manager Tommaso Carollo. Un elenco che si allungherà nei prossimi giorni, quando la montagna restituirà i corpi dei dispersi.
Il quadro, però, è drammatico non solo sulle Dolomiti. Anche Reinhold Messner, il più noto alpinista italiano, durante la giornata è intervenuto per ricordare che il turismo montano spesso è imprudente perché «andare sotto un seracco così è pericoloso».
Argomento ripreso anche dai sindaci della zona che avevano ammesso che pure un’ordinanza per evitare certi percorsi era possibile emanarla, ma farla rispettare è un’altra cosa. Perché mancano le risorse e per un’attività così vasta di controllo: parliamo di 2.208 ettari di territorio, condiviso tra le province di Belluno e Trento.
E infatti nella zona del Comune di Canazei si sono presentati i governatori di Veneto e Trentino, oltre al premier Mario Draghi e molti altri esponenti politici, per contribuire come possibile alla macchina dei soccorsi.
Le ricerche proseguiranno nei prossimi giorni aggiornando il triste conto delle vittime, ma per ora non si prevedono interventi da terra perché le condizioni del ghiacciaio paiono ancora troppo insicure: il sindaco di Canazei Giovanni Bernard ha emanato un’ordinanza per chiudere del tutto gli accessi al colosso diventato tutto d’un tratto così minaccioso. Per ora, dunque, bisognerà continuare a fare affidamento sui droni e sulla tecnologia, anche perché ogni minuto che passa le speranze di trovare sopravvissuti si assottigliano.
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