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Dipendiamo dal gas russo e dal petrolio ma un comune italiano su due non è riuscito a utilizzare i finanziamenti per la realizzazione di impianti utili al risparmio energetico.

Piccole o grandi opere finalizzate al bene comune. Illuminazione pubblica, produzione di energia per uffici comunali, impianti per le fonti rinnovabili e sviluppo territoriale. Risorse che potevano essere utilizzate anche per l’adeguamento e la messa in sicurezza di scuole o per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Interventi che servirebbero come il pane, ossigeno puro per enti locali spesso in dissesto.

I contributi erano stati stanziati dal governo Conte 2 nel 2019.Preceduti e accompagnati da un roboante battage comunicativo. Uno dei punti cardine del Decreto Crescita, il programma green esibito dalla componente Cinque stelle. Un fiore all’occhiello per consolidare la rigenerazione urbana, Cinquecento milioni di euro da spalmare in tutta la Penisola, beneficiarie tutte le amministrazioni comunali del territorio nazionale. Compresi i comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti ai quali era stato assegnato un plafond complessivo di 19 milioni e 329 mila euro.

CI SI È MESSO ANCHE IL COVID

Il precedente è poco rassicurante in vista dei finanziamenti in arrivo con il Pnrr. Eppure, tutte le indicazioni per utilizzarli erano state riportate correttamente sul sito del ministero dello Sviluppo economico (mise). Modalità, richiesta di documentazione, incentivi, etc, etc, con obbligo di darne riscontro al ministero dell’Interno. Unico criterio per definire la fetta di risorse spettanti a ciascun comune: il numero di abitanti residenti alla data del 1° gennaio 2018. L’emergenza Covid ha complicato tutto.  Il termine di inizio lavori era stato considerato troppo stringente, da qui la decisione di concedere una prima proroga al 31 ottobre 2020, con la dicitura “misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché sostegno alle politiche sociali connesse alla crisi epidemiologica”.

E fin qui ci poteva anche stare. I Comuni e le amministrazioni pubbliche hanno pagato un prezzo altissimo, il personale che doveva realizzare i progetti è stato travolto dalla crisi. Pazienza: l’importante è non perdere il treno. Agli enti interessati erano stati prospettati 4 modelli per ogni tipologia di intervento. Conditio sine qua non: la data di aggiudicazione definitiva dell’appalto e dunque di invio dell’attestazione in un primo tempo avrebbe dovuto essere non successiva al 31 dicembre del 2019.

Il ministero, da parte sua, avrebbe erogato il contributo in due quote, la prima, pari al 50%, in seguito alla verifica di inizio lavori, la seconda sarebbe stata corrisposta solo a seguito del collaudo dell’intervento realizzato. Se non bastasse, sin all’ottobre del 2019, era attivo il sistema di monitoraggio SiMonWeb. Nulla insomma sarebbe sfuggito al terzo occhio del Mise.

PROCEDURE CONTORTE

I comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti potevano realizzare opere per un costo pari a 50 mila euro; tra 5001 e 10.000 ne potevano spendere 70.000. E così via, fino ai 250. 000 euro per i comuni con più di 250 mila residenti. Tutto chiaro? No. Perché, come dicevamo all’inizio, la metà spaccata dei comuni italiani non è riuscito a progettare nulla oppure si è visto bocciare i progetti. Colpa degli amministratori incapaci? Mancanza di personale in grado di realizzare i progetti? Oppure colpa delle procedure contorte previste dal ministero?

Difficile stabilirlo. Resta il fatto che nei giorni scorsi 4mila comuni italiani hanno ricevuto una comunicazione di avvio del procedimento di revoca dei finanziamenti stanziati dal governo Conte2. Dai controlli effettuati dagli uffici ministeriali ai sensi di legge è emerso che i Comuni destinatari della comunicazione non avrebbero rispettato i termini e le procedure previste dalle norme e per tali ragioni – si legge in una nota di deputati Cinque stelle – è stato avviato il procedimento di revoca.

“La portata così ampia del procedimento ci impone di andare incontro alle difficoltà riscontrate dai Comuni, anche in considerazione dell’importanza degli interventi finanziati», prosegue la nota. I rappresentanti del Movimento 5 Stelle in commissione Affari Costituzionali alla Camera hanno deciso di riprovarci. «Gli interventi finanziati – ricordano – vanno dal risparmio energetico degli edifici pubblici, alla installazione di impianti di energia da fonti alternative: si tratta quindi di interventi che vanno nella direzione della tutela dell’ambiente e delle persone con disabilità, che devono essere realizzati e non possono arrestarsi”.

E ancora: “Per questo insieme al nostro sottosegretario al Ministero dell’Interno Carlo Sibilia, ci siamo subito adoperati per sbloccare una revoca che congelerebbe centinaia di milioni di euro da utilizzare in progetti volti a fornire servizi migliori per i cittadini. Siamo al lavoro – concludono – per redigere una norma che rimetta in termini i comuni e che verrà inserita nel primo provvedimento utile».  La proroga della proroga. Riusciranno i nostri eroi a utilizzare quei fondi così importanti? 


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