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I Paesi europei consumano meno energia rispetto a 10 anni fa, per lo più grazie alla maggior efficienza energetica e a un uso più parsimonioso dell’energia elettrica. Negli ultimi dieci anni l’energia generata dalle fonti rinnovabili (fotovoltaico, idroelettrico, eolico, biomasse e nucleare) sta aumentando a ritmi soddisfacenti in alternativa a quella proveniente dall’utilizzazione di fonti fossili (petrolio, gas naturale e carbone). L’incidenza delle fonti energetiche rinnovabili rispetto al consumo dei 27 Stati membri dell’Unione europea è più che raddoppiata: dal 9% del 2005 a quasi il 20% del 2021.

Alcuni settori e Paesi sono all’avanguardia nella creazione e utilizzazione dell’energia pulita. Tuttavia,, nonostante il declino della loro quota, i combustibili fossili rimangono pur sempre la fonte energetica prevalente in Europa: 72,6 % in termini di consumo interno lordo nel 2021, benché l’incidenza nel mix energetico si stia costantemente riducendo in favore delle fonti pulite.

IL CALO DEI CONSUMI

Basti pensare che tra il 2005 e il 2021 il consumo energetico complessivo è sceso di oltre il 10% e nel 2021 è stato pari a quasi 1.630 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Questo calo considerevole è frutto dei miglioramenti in materia di efficienza energetica, dell’aumento della quota di energia proveniente dalle fonti idroelettriche, eoliche e solari fotovoltaiche, dei cambiamenti strutturali dell’economia e della recessione economica del 2008 cui si è aggiunto la crisi pandemica. Anche gli inverni più caldi hanno contribuito a questo fenomeno tramite la riduzione della quantità di energia utilizzata per il riscaldamento. Il progressivo abbandono dei combustibili fossili è particolarmente marcato in molti settori: la diminuzione più consistente tra il 1990 e il 2021 è stata riscontrata nella generazione di energia elettrica dal carbone e dalla lignite, che è stata sostituita in primo luogo dalla produzione di energia elettrica dal gas naturale negli anni ’90 e fino al 2010, per lo più a causa del calo dei prezzi del gas.

In tempi più recenti, però, il gas naturale ha perso terreno a causa di una combinazione di fattori, tra cui si annoverano la rapida adozione della generazione di energia da fonti rinnovabili e la recessione economica del 2008, con la conseguente riduzione del fabbisogno complessivo di energia elettrica.

Ora l’aumento dei prezzi del gas (trainato dalla loro indicizzazione alle quotazioni del petrolio) e i bassi livelli di costo delle quote di emissione, dovuti alla loro eccedenza sul mercato, hanno fatto la loro parte. Dal 2005 l’energia rinnovabile è in rapida espansione e ha colto di sorpresa molti operatori del mercato. Infatti, tutti gli Stati membri della Ue hanno attuato politiche in materia di energia rinnovabile e sviluppato regimi di sostegno per favorire l’impiego di queste fonti. Gli effetti di questo impegno sono già visibili: al giorno d’oggi molte famiglie europee possono acquistare elettricità generata da fonti rinnovabili come l’eolico, il solare e la biomassa.

L’ASCESA DEL GREEN

Secondo i dati Eurostat più recenti, in termini di consumo finale lordo di energia, la percentuale di energia proveniente da fonti rinnovabili è aumentata dal 9% riscontrato nel 2005 fino a sfiorare il 20% nel 2021. Questo è uno degli indicatori chiave della strategia Europa 2000 che stabilisce il traguardo del 20% del consumo finale lordo da fonti rinnovabili entro quella data.

L’adozione dell’energia rinnovabile varia a seconda del Paese e del settore del mercato energetico (elettricità, riscaldamento e raffreddamento, trasporto). Nel 2021 l’energia rinnovabile ha rappresentato una parte significativa del consumo energetico nei settori del relativo mercato, pur contribuendo solo per il 6,7 % dell’utilizzo dell’energia nei trasporti nonostante l’aumento del consumo di biocarburanti. La Svezia è di gran lunga il Paese che vanta la percentuale più alta: nel 2021 il 55,9 % del suo consumo finale lordo di energia proveniva da fonti rinnovabili; seconda è la Finlandia, seguita da Lettonia, Austria e Danimarca. Di fatto, 11 Stati membri, tra cui l’Italia, hanno già raggiunto o superato il proprio obiettivo del 2020, fissato dalla direttiva Ue sull’energia da fonti rinnovabili.

L’Italia, secondo il report di Terna, è tra i maggiori produttori di rinnovabili in Europa. La quota da fonti rinnovabili è passata dal 6,3% del 2004 al 19% del 2021, superando in anticipo la soglia relativa alla copertura del 17% dei consumi totali tramite energia green. Le fonti di energia rinnovabile variano considerevolmente nella Ue da uno Stato all’altro: per esempio, l’Estonia ricorre quasi interamente alla biomassa solida, mentre in Irlanda più della metà della produzione di energia primaria rinnovabile proviene dall’energia eolica, e in Grecia il consumo di energia rinnovabile fa leva su una più vasta gamma di fonti, biomassa compresa, seguita dalle fonti idroelettriche, eoliche e solari.

Nel 2021 l’Associazione portoghese delle energie rinnovabili ha annunciato che il Portogallo ha soddisfatto il proprio fabbisogno energetico interamente grazie alle fonti rinnovabili per più di quattro giorni consecutivi, precisamente per 107 ore. Risultati come questo stanno diventando sempre più frequenti in tutta la Ue: vi sono giorni in cui la Danimarca riesce a generare oltre il 100% del proprio fabbisogno energetico grazie alla sola energia eolica, con scorte sufficienti per alimentare parti della Germania e della Svezia.

IL NODO DEL NUCLEARE

Infine, il capitolo del nucleare. Nel 2021 l’energia nucleare ha prodotto il 26,5 % dell’elettricità nella Ue e resta una delle maggiori fonti produttrici dopo i combustibili fossili e le rinnovabili.

Diversi Paesi Ue intendono procedere con lo smantellamento delle centrali nucleari dopo l’incidente di Fukushima del 2011. Da allora in alcuni Paesi i costi di produzione dell’energia nucleare sono aumentati per via degli investimenti supplementari nelle misure di manutenzione e di sicurezza che rendono l’energia elettrica proveniente dalle fonti nucleari più cara e, di conseguenza, meno competitiva rispetto a quella ricavata da altre fonti.

Inoltre è noto che, una volta verificatisi, questi incidenti nucleari colpiscono l’opinione pubblica, i cui mutamenti, assieme agli aspetti relativi all’aumento dei costi, inducono alcuni governi a smantellare le centrali nucleari oppure a investire in altre fonti energetiche.


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