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Boris Johnson con il presidente francese Macron

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Nonostante il rumore della COP26, qualche segnale di realismo giunge dai vari partecipanti e, se non altro, ciò è un avvicinamento utilissimo fra posizioni rivoluzionarie utopiche e la realtà di tutti i giorni. Il nostro premier che, assieme Boris Johnson, ha aperto la conferenza lunedì scorso, ha ripetuto che le fonti rinnovabili da sole non ce la possono fare.

La nostra capa del governo europeo, la presidentessa della Commissione Ursula von der Leyen, ci dice finalmente che per la transizione servirà anche il nucleare, magari quello più sicuro, chiamato di quarta generazione. Nel frattempo arriva dalla Francia la notizia che in cima alla lista della spesa per il loro PNRR compare la ricerca per i Small Modular Reactors, reattori modulari di piccola dimensione, intorno ai 400 megawatt, contro i 2000 megawatt delle ultime tre centrali in faticosa costruzione in Francia, Finlandia e Gran Bretagna.

Sono intrinsecamente sicuri, nel senso che se dovesse accadere un grave incidente, automaticamente si spegnerebbero, il contrario di quanto è accaduto nei nefasti episodi di Chernobyl e di Fukushima. Sarebbe un nucleare più sicuro, ma sempre, intendiamoci, con il problema delle scorie che, avendo noi genere umano, la macchina più sofisticata dell’universo, il cervello, sappiamo gestirlo.

Di nuovo i francesi sono un buon esempio, perché hanno fatto il loro deposito delle scorie, quello che noi non riusciamo a fare, a L’Aube, nello Champagne, da dove gli italiani importano molte bottiglie di vino molto più care del Franciacorta. L’apertura sul nucleare è un gran favore alla Francia, il cui presidente a metà ottobre ha sposato decisamente questa soluzione e si è tolto da un imbarazzante impiccio che durava da anni circa l’impossibilità di uscire da questa industria che vede ben 56 centrali funzionanti sul suo territorio.

Anche per il gas naturale le posizioni sono cambiate, sarà per la crisi che ha portato i prezzi ad esplodere in ottobre, sarà per lo scambio, intravisto da qualcuno, fra Francia per il nucleare e la Germania per il gas.

La realtà è che già oggi il gas e il nucleare sono due fonti pulite che permettono da una parte di tenere la luce accesa agli europei, perché il nucleare è lo zoccolo duro del sistema elettrico europeo, e, dall’altra, perché il gas limita il ricorso a carbone. Ciò è dimostrato dal fatto che quest’anno, causa scarsità di gas, la Germania ha aumentato i suoi consumi di carbone del 30% e le sue emissioni di CO2 rimbalzeranno verso l’alto almeno dell’8%. Sulle rinnovabili ci sono passi in avanti importanti, in quanto, bene o male, l’esperienza pluridecennale di politiche a loro favore, dimostra che i limiti tecnici che devono essere superati sono ancora enormi. Il principale riguarda il fatto che sole e vento sono intermittenti, ci sono a sbalzi, non quando ne abbiamo bisogno.

Qui la soluzione è quella degli accumuli, ma non le batterie, come quelle dei nostri telefonini in scala maggiore, che possono fare qualcosa per poche ore, ma i grandi laghi artificiali, come quelli che abbiamo costruito il secolo scorso fino agli anni ’60. Quando c’è abbondanza di sole e di vento, l’elettricità prodotta in eccesso verrebbe usata per pompare verso l’alto l’acqua nei laghi sbarrati dalle dighe. Quando poi la domanda elettrica sale, la stessa acqua viene rilasciata per produrre elettricità da immettere nella rete.

Il Sud d’Italia è l’area più adatta in Europa a questa soluzione, in quanto è montuosa, spesso con ampie aree poco abitate, dove già ora si produce molta energia rinnovabile, sia da vento che da solare, con una capacità che dovrebbe triplicare nei prossimi 10 anni. Inutile ricordare i grandi vantaggi dei laghi artificiali, l’irrigazione per l’agricoltura, l’accumulo di riserve per gli acquedotti delle città, il controllo idrogeologico, addirittura, in alcune circostanze, effetti positivi per il turismo. E poi c’è il PNRR, che ha un disperato bisogno di progettualità, semplice, concreta, immediata e facile da controllare. Cosa aspettiamo??


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