Un incendio
5 minuti per la letturaScintille sul fotovoltaico. Il rapporto tra pannelli e agricoltura è stato sempre piuttosto difficile. Le energie rinnovabili e dunque anche l’utilizzo dei pannelli solari insieme con biogas e biometano prodotti da scarti agricoli sono considerati strategici dagli agricoltori per lo sviluppo di attività sempre più sostenibili. Ed è stato accolto da un coro di consensi il budget del Recovery Plan per lo sviluppo delle rinnovabili.
Ma nello stesso tempo resta alta la guardia da parte del mondo agricolo per evitare che il fotovoltaico divori terreni fertili. In questi giorni in cui il fuoco ha distrutto boschi e pascoli nel Mezzogiorno e con 6 incendi su dieci opera dei piromani è emerso il sospetto che dietro i roghi ci siano interessi legati al fotovoltaico. D’altra parte l’agricoltura ha già pagato un conto salato ai pannelli solari. Gli incentivi alle agroenergie, compreso il fotovoltaico, avevano acceso molti appetiti. E in particolare in Puglia, complice anche la riforma della Politica agricola comune del 2003 che aveva introdotto il disaccoppiamento dei contributi, slegando così i premi dall’effettiva coltivazione dei terreni, in molte aree il grano aveva ceduto il passo ai pannelli. Una situazione che nel 2012 indusse l’allora ministro dell’Agricoltura del Governo Monti, Mario Catania, a tagliare gli aiuti al fotovoltaico nelle aziende agricole lasciandoli solo per gli impianti sui tetti dei fabbricati.
Molti infatti avevano deciso di concedere in affitto i terreni per impiantare i pannelli e per chi voleva continuare a produrre grano ampliare la maglia poderale comportava costi insopportabili. Dal combinato disposto di fotovoltaico e riforma Pac è derivato l’abbandono in molte zone vocate della coltivazione del grano. Se dunque la storia è maestra di vita non si può dimenticare quella lezione.
Anche perché ancora una volta per il fotovoltaico si guarda al Sud dove c’è più sole da sfruttare e dove i terreni costano meno. Proprio in questa fase in cui il frumento sta riprendendo quota e l’impennata dei prezzi delle materie prime spinge ad acquisire autonomia nella coltivazione di prodotti strategici, come il grano, vanto del Sud e alla base della dieta Mediterranea. Ora si tratta solo di sospetti, ma i danni che gli incendi stanno provocando, anche in termini di vite umane, valutati in oltre un miliardo impongono interventi immediati. Secondo una stima della Coldiretti ogni rogo costa agli italiani oltre diecimila euro all’ettaro fra spese immediate per lo spegnimento e la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici delle aree devastate in un arco di tempo che raggiunge i 15 anni.
Da qui la petizione lanciata dall’organizzazione agricola per fermare lo “scippo” di superfici coltivabili. Una situazione drammatica come quella di questa rovente estate agevola lo spopolamento delle campagne nelle zone più marginali, quelle che dunque diventano facile preda dei piromani e di chi li “arma”. Non può essere un caso che nel 2021 gli incendi siano aumentati rispetto allo scorso anno del 256%. Lucifero ha avuto forti responsabilità, ma non è la sola causa. E lo spopolamento porta al dissesto del territorio. Prima gli incendi, poi le bombe d’acque. Un copione ormai ricorrente che sconvolge i terreni provocando dissesti e danni idrogeologici. Già ci sono stati i primi assaggi.
Con il Recovery Plan ci sono le risorse per intervenire anche in soccorso del settore agricolo e delle aree boschive. Ma nell’immediato è necessario procedere al ristoro delle aziende colpite soprattutto nelle regioni del Sud, dalla Calabria alla Sicilia, dall’Abruzzo al Molise, dalla Sardegna alla Puglia fino alla Calabria. Per prima cosa bisogna però bloccare l’interesse a “liberare” i terreni dagli alberi. La Coldiretti ha messo a punto un pacchetto di proposte che parte dall’inasprimento delle disposizioni dell’articolo 10 della legge 353/2000, con l’obiettivo di portare da 15 a 20 anni il divieto di cambio di destinazione d’uso delle aree boschive e dei pascoli percorsi dal fuoco, estendendo tale norma anche ai terreni agricoli.
Intanto l’organizzazione agricola chiede di “attivare subito un piano di ricostruzione e di aiuti economici per le aziende agricole e per gli allevamenti devastati dagli incendi con decine di migliaia di ettari di boschi e macchia mediterranea inceneriti dalle fiamme, animali morti, alberi carbonizzati, oliveti e pascoli distrutti per un danno stimato fino a oggi che sfiora il miliardo di euro senza dimenticare la tragica perdita di vite umane tra gli agricoltori”.
I primi soccorsi sono arrivati dagli agricoltori che si sono mobilitati per garantire mangimi agli allevamenti del Mezzogiorno e in particolare gli invii da parte di Consorzi Agrari D’Italia (Cai) e di Bonifiche Ferraresi stanno consentendo agli allevatori di proseguire l’attività con gli animali scampati alle fiamme. Ora però – ha sollecitato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini “occorrono interventi strutturali per ricreare le condizioni economiche e sociali affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di vigilanza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli anche nei confronti delle azioni criminali che sono un danno per l’intera collettività”. Tutelare i territori boschivi, poi, non solo è strategico se si vuole perseguire la nuova politica “green” europea, ma è un imperativo categorico anche per tutelare la ricchezza del patrimonio forestale.
A soffrire dei roghi non è solo l’agricoltura, ma anche l’industria del legno in cui l’Italia è leader in Europa che è costretta a importare per carenza di materia prima l’80% del legno da trasformare con una spesa che nel 2020 ha raggiunto 3,4 miliardi e un aumento degli acquisti dall’estero del 33% nei primi cinque mesi del 2021.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA