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Il professore Alessandro Orsini

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È la nuova star dei talk-show. Tutto lo vogliono, tutti lo cercano. E a quanto pare, tutti lo pagano, anche se ufficialmente non si può dire. Dodicimila euro per alzare di mezzo punto l’auditel di “Cartabianca”, il programma condotto da Bianca Berlinguer. Un caso limite, l’ultimo personaggio di una galleria dove mancano solo i nani e le ballerine. Ma come sono andate le cose in questi ultimi giorni lo sappiamo. Al primo colpo di mortaio sono finiti in seconda fila virologi e no vax ed è iniziata la caccia al nuovo futuro marziano di Villa Borghese. Ed è apparso lui: Alessandro Orsini. Il criterio è lo stesso: vince chi la spara più grossa, chi è più abrasivo, chi rovescia il senso comune. Non importa se a torto o ragione. Il professore, gli va riconosciuto, in questo è un maestro.

Non si è ancora disegnato a mano i caporali sulla divisa ma non c’è dubbio che il primo ad arruolarsi quando è scoppiata la guerra in Ucraina sia stato lui. Presidente dell’Osservatorio per la sicurezza internazionale della Luiss trasferirà le sue conoscenze di geopolitica agli spettatori di Rai3 per altre 5 puntate retribuite in 6 comode rate da duemila euro. Paga la Rai, cioè paghiamo noi. Non a lui direttamente ma alla sua società che offre consulenze varie ma non c’è esclusiva. Continuerà ad andare anche da Formigli e scrivere su un quotidiano che lo ha appena ingaggiato. L’ultima perla del suo bellicoso dizionario psuedo pacifista è un consiglio che ha fatto strabuzzare gli occhi ad una deputata ucraina Inna Sovsun che aveva appena mostrato in diretta il suo Kalashnikov poggiato alla parete del corridoio neanche fosse un ombrello. “Noi italiani avremmo dovuto subito riconoscere il Donbass e la Crimea…”. Insomma, ci saremmo dovuti tirare fuori per non suscitare l’ira funesta di Putin.

La guerra tira e fa salire lo share anche se il programma della Berlinguer rimane il fanalino di coda e viene regolarmente battuto dai concorrenti. Il punto però non è questo. È il proliferare di personaggi improbabili, mischiati a urlatori di professione. Era successo – e sempre della Berlinguer in crisi prolungata di audience – con Maddalena Loy e ancora prima con le performance discutibili di Mauro Corona, in versione montanaro primitivo. Nel caso di Orsini la tv pubblica si è posta ancora meno problemi. Lo ha ingaggiato a scatola chiusa.

Il professore che oggi invoca la resa incondizionata del popolo ucraino è il primo a surriscaldarsi quando ritiene di essere rimasto vittima di una ingiustizia. Nel 2010 da sociologo e giovane ricercatore dell’Università di Tor Vergata, scrisse lettere, si rivolse ai giornali, parlò di crisi della Sociologia italiana e presentò vari ricorsi al Tar impugnando l’esito di un concorso da professore associato dove non riuscì a prevalere. Uno dei commissari si oppose con molta vivacità all’esclusione di Orsini, contestando l’operato della Commissione. La rivista Controsociologia dedicò “al Caso Orsini” un lunghissimo articolo, firmato da Tonino Fabbri.

A proposito della pubblicazione della tesi di laurea del professore romano, divenuta poi un libro intitolato “Ripensare la nazione”, Fabbri, docente e sociologo che ha scritto vari libri sull’Unione sovietica e sui documenti diplomatici, scrive: “Leggendolo mi aveva colpito l’evidente libertà di interpretazione che l’Autore aveva fatto dei volumi che aveva messo in bibliografia. Le distorsioni del pensiero altrui erano tanto evidenti che mi ero sentito la necessità di riprendere tutti volumi della bibliografia di Orsini e controllare se io avessi avuto per caso delle allucinazioni. Tuttavia, più comparavano i vari lavori di Smith, Anderson ed altri con le idee che Orsini gli aveva attribuito tanto più mi appariva evidente la fantasia con la quale Orsini riformulava e ricostruiva i concetti altrui”.

Fatti che risalgono a più di 10 anni fa quando il professore della Luiss non aveva ancora virato i suoi studi verso l’analisi del terrorismo e della sicurezza internazionale. È un fatto però che il cursus accademico non sempre gli abbia riservato grandi soddisfazioni (ebbe problemi anche con l’Università di Bari). Cose che capitano, si dirà. Tanto più che gli Atenei italiani specie in passato non sono stati un limpido esempio di trasparenza.

Del suo “no alle armi” colpiscono i toni. Toni bruschi con cui prova a zittire chi lo contraddice, aggressivo anche quando si trova a dialogare con una persona dai toni pacati come Paolo Magri, vice presidente dell’Ispi. Un esperto di espressioni facciali farebbe fatica insomma a vedere nel professor Orsini il geopolitico che si batte contro gli aiuti militari all’Ucraina aggredita dai russi.

Che abbia presentato fattura a Viale Mazzini (se verrà confermato e finora non è stato smentito) è cosa che non poteva passare sotto silenzio. “Non esiste alcun par condicio tra aggredito e aggressore, ed è assolutamente inaccettabile che le risorse del servizio pubblico vengano utilizzate per finanziare i pifferai della propaganda di Putin”, va giù pesante Andrea Romano, (Pd), membro della Vigilanza Rai. L’ospitata a gettone a Cartabianca fa infuriare anche Stefano Bonaccini governatore dell’Emilia-Romagna. “Giusto esprimere liberamente il suo pensiero, che io debba anche pagare anche no: roba da matti!”. E si potrebbe andare avanti così. Con Michele Anzaldi (Iv) che chiede “chiarimenti immediati” all’Ad Rai Carlo Fuortes. “È una materia troppo delicata per farla passare in cavalleria”. La questione diventa ancora più delicata se si pensa all’uso spregiudicato di troupe televisive esterne utilizzate dai Tg per coprire i servizi sulla guerra. Freelance che lavorano a proprio rischio e pericoli, rischiando la vita, per compensi inferiori alle tariffe del professore.


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