Massimo Giletti
2 minuti per la letturaEra il 2017 quando Massimo Giletti – suo malgrado – fu costretto ad alzare i tacchi dalla sua amata Rai e a cambiare azienda. L’Arena – il programma che conduceva – stava andando fortissimo nel primo pomeriggio della domenica. Con una media di 4 milioni di spettatori e oltre il 20% di share. Eppure si chiusero i battenti. Perché – purtroppo per Giletti – quell’Arena di Rai1 era diventata sempre più la sua Arena, nella quale il conduttore si esibiva come un gladiatore, combatteva le sue battaglie che spesso (troppo spesso) non coincidevano con la linea governativa della Rai.
L’allora dg Mario Orfeo decise di togliere l’Arena dal palinsesto della nuova stagione e a Giletti offrì di condurre delle prime serate il sabato. Ma il conduttore si sentì ferito nell’orgoglio e non senza rimpianti decise di lasciare la sua vecchia azienda sposando la proposta di La7 che Urbano Cairo stava forgiando. Chiese subito la domenica sera per sfidare faccia a faccia il suo antagonista, Fabio Fazio.
Dalle parti del Cavallo di Viale Mazzini si disse nei corridoi delle sacre stanze: «Giletti è diventato grillino. Fa opposizione e porta avanti le sue campagne populiste contro i vitalizi e i privilegi della casta». Ebbene tre anni dopo Giletti – ormai in forza a La7 con Non è l’Arena – è finito nel mirino indovinate con quale accusa? È diventato l’antagonista dei cinque stelle. I suoi attacchi al ministro Bonafede e al governo sulla questione delle scarcerazioni dei boss della mafia e sulla nomina al Dap saltata con le relative accuse del magistrato candidato Nino Di Matteo, hanno surriscaldato gli animi. Sul Fatto Quotidiano ha fatto scalpore la vignetta di forte impatto apparsa in prima pagina nella quale si descrive un Giletti che getta e sparge escrementi. Con la seguente scritta a contorno: «Non è Giletti, è Shpalman! Che shpalma la mer*** in faccia. Aiuto arriva Shpalman che tutti ci shpalmerà».
L’anchorman sta portando avanti da alcune settimane la sua nuova crociata, questa volta contro le scarcerazioni facili. Domenica scorsa ha fatto nomi e cognomi. Scatenando un putiferio. Con interventi in diretta al telefono prima dell’accusatore Di Matteo e poi del ministro che si è difeso. A tratti ha ricordato i programmi del miglior Michele Santoro, quando i centralini delle redazioni andavano in tilt per le reazioni.
Giletti non è nuovo a sfidare i poteri forti. A suo tempo perfino nel calcio ha scatenato una bagarre non indifferente, finendo sulle prime pagine dei giornali. Certo, non nella stessa maniera di come c’è finito sul Fatto Quotidiano.
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