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L’Italia digitale non è divisa in due. Non c’è un Nord che traina e un Sud che arranca. La «sofferenza digitale», dice un recente report di EY (Ernst & Young), colpisce tutte le aree del Paese. La mappa variopinta che dal rapporto si ricava delinea una situazione a macchia di leopardo, per utilizzare un’espressione forse abusata ma in questo caso decisamente calzante.
Dalla Sicilia al Piemonte, quasi tutte le regioni italiane hanno almeno un’area in forte ritardo: fanno eccezione solo Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Valle d’Aosta e Trentino. Nella classifica finale sono comunque le province del Sud e delle isole a prevalere nelle posizioni di coda, insieme a alcune aree del Centro (in forte ritardo, segnala EY, è la dorsale adriatica).
Nelle ultime posizioni troviamo quindi Nuoro, Isernia, Macerata, Pesaro Urbino, Carbonia Iglesias, Crotone, Rovigo, Vibo Valentia, Enna e Fermo. Nella top 20 dominano le province settentrionali ma non mancano le sorprese come Napoli, in settima posizione. Nel dettaglio, a guidare la classifica sono Genova, Milano, Roma, Bologna, Torino, Firenze, Napoli, La Spezia, Ferrara, Parma, Prato, Cagliari, Reggio Emilia, Modena, Monza e Brianza, Trento e Brescia.
Il livello di infrastrutturazione digitale è disomogeneo non solo nel Paese, ma anche all’interno delle singole regioni in cui convivono aree molto connesse e altre che fanno fatica. In Calabria Cosenza è a metà classifica, tra le province ‘verdi’, che conquistano un giudizio sufficiente.
Dietro Reggio Calabria, mentre Catanzaro, Vibo e Crotone sono tra le aree in ritardo. E in Campania, a fronte della città metropolitana di Napoli che spicca tra le posizioni di testa, si registra l’affanno di Salerno. Bene Potenza, indietro Matera. Divisa a metà la Puglia, dove le province di Foggia e Barletta-Andria-Trani restano sotto la sufficienza, mentre va decisamente meglio a Bari, Brindisi, Taranto e Lecce.
Situazioni analoghe le troviamo anche nel ricco Nord-Est, dove Rovigo e Gorizia – ad esempio – sono tra i territori segnalati in ritardo. In Piemonte forte disparita tra Torino e Cuneo.
Le buone performance riportate dalle regioni del Mezzogiorno (o da alcune sue aree) sono il risultato, spiegano gli analisti di EY, di una buona capacità di spesa dei fondi europei per le infrastrutture, dalla Banda Ultra Larga alle smart grid per l’efficienza energetica.
GLI INDICATORI
L’analisi di EY ha valutato un set di 30 indicatori, classificati in tre diverse categorie: connettività fissa, connettività mobile e wi-fi e tecnologie IoT (Internet of things o Internet delle cose). Per quanto riguarda la connettività sono state prese in considerazione sia le tecnologie più ‘datate’ (Adsl, Lte), sia quelle più avanzate come la fibra e il 5G (naturalmente pesati di più nella valutazione, avverte EY, perché «fondamentali per la crescita del Paese e delle sue filiere produttive»).
Misurare invece la diffusione dell’IoT significa valutare il grado di digitalizzazione delle reti (di trasporto, ambientali, energetiche): detto altrimenti, EY ha verificato quanto sia diffuso nel Paese il ricorso a reti intelligenti e sensoristica.
Le categorie considerate rimandano a responsabilità diverse. La connettività chiama in causa soprattutto gli investimenti fatti dagli operatori del settore Telecomunicazioni. La diffusione invece delle tecnologie che rientrano nell’Internet delle cose (ovvero la possibilità di mettere in rete gli oggetti per favorire lo scambio di dati e migliorare i processi, dal monitoraggio dei trasporti pubblici alla riduzione dei consumi) è favorita dall’intervento delle aziende di servizio pubblico e in molti casi degli enti locali.
METROPOLI E SMART
Non è detto che le due categorie – connettività e diffusione dell’IoT – corrano alla stessa velocità. Il report identifica due cluster: un gruppo di metropoli ‘iperconnesse’, molto avanzate sia nella connettività sia nell’IoT e un gruppo di territori più avanzati nell’IoT e nella sensoristica rispetto alla connettività fissa e mobile.
Nel primo gruppo troviamo Genova, Milano, Roma, Bologna, Torino, Firenze, Napoli e Cagliari.
Nel secondo, che EY chiama ‘smart land’, troviamo province, prevalentemente del Nord (ma ci sono anche Potenza e Lecce, a Sud, e Prato, Lucca, Arezzo, Perugia, per il Centro) dove l’attuale ritardo su fibra e 5G, rispetto alle città metropolitane «è parzialmente compensato dagli investimenti delle utility locali nell’IoT e nella sensoristica, come se il sistema locale cercasse di sopperire al momentaneo ritardo degli investimenti degli operatori TLC nazionali».
FILIERE PRODUTTIVE
Dal report si ricava che anche il livello di infrastrutturazione digitale delle filiere produttive in Italia «è assai disomogeneo».
Le filiere più in ritardo sono l’Agrifood e il Retail Food, «che scontano una certa concentrazione nelle aree rurali, dove le infrastrutture digitali risultano meno diffuse». Sette invece le filiere che superano la media nazionale, ovvero Technology e Telco, Media e Entertainment, Immobiliare, Farmaceutico e Dispositivi Medici, Turismo, Retail (alimentare escluso), concentrate – non a caso – in aree iperconnesse, da Milano a Roma. Penalizzato da bassi investimenti sulle infrastrutture di connessione, ma sostenuto da quelli nell’IoT alcune filiere del manifatturiero, delle costruzioni e dell’automotive.
«Troppi territori produttivi soffrono di scarsa infrastrutturazione digitale – si legge nel report – Spiccano inoltre alcune aree produttive (le Marche e il Piemonte meridionale) particolarmente penalizzate dalla carenza di infrastrutture, e addirittura territori molto industrializzati del Veneto ed in parte della Lombardia, caratterizzate da aree produttive disperse sul territorio provinciale, dove il livello di infrastrutturazione digitale non appare adeguato al potenziale industriale di quelle aree».
COME INTERVENIRE
«È ormai assodato che l’Italia per il rilancio economico debba accelerare sulla digitalizzazione, a partire dagli investimenti sulle infrastrutture digitali, che non si limitano solo a Banda Ultralarga e 5G, ma devono comprendere anche cloud computing, reti IoT e sensoristica – commenta Andrea D’Acunto, Med Telco, Media & Technology Leader di EY – Parte del supporto economico agli investimenti digitali necessari ai territori, che si trovano oggi in una condizione di gap infrastrutturale, può venire dal Recovery Fund e dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, con le opportune differenze: nel caso delle pmi per la modernizzazione dell’impresa, nel caso delle aziende più grandi per costruire o rafforzare l’ecosistema di filiera».
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