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Scalare la classifica europea significa colmare i divari tra le regioni. Per il nostro Paese non c’è alternativa. E non c’è nemmeno più tanto tempo. Fatti salvi, quindi, gli Stati generali dell’economia e le buone intenzioni del Piano Colao, sarebbe necessario decidere una volta per tutte il come, e soprattutto il dove, delle cose da fare – cose ormai sufficientemente chiare per tutti – partendo dallo stato dell’arte non di una, ma di due Italie.
ITALIA MAGLIA NERA
Prendiamo la digitalizzazione (ma il discorso può ripetersi tale e quale per scuola, sanità, giustizia, infrastrutture), quella per la quale l’ex ad di Vodafone ha parlato ieri di misure per superare il digital dIvide e dotare l’Italia di una connessione più veloce, con una rete nazionale unica in fibra ottica e lo sviluppo delle reti 5G, investimenti nel settore della robotica, dell’intelligenza artificiale e nella cybersicurity, promozione dei pagamenti digitali e Internet ultraveloce nelle aree rurali per lo sviluppo dell’Agricoltura 4.0.
Ebbene, non è un caso che la pessima posizione dell’Italia – quart’ultima in Europa nell’uso di Internet, strumento indispensabile nell’emergenza Covid – sia la conseguenza diretta di numeri “interni” molto diversi da regione a regione, gli stessi che tengono il Paese contemporaneamente lontano dalla Ue e spaccato a metà.
I dati sono quelli del DESI regionale, redatto dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano. Una scomposizione per regione, appunto, del DESI generale (Digital Economy and Society Index) che la Commissione europea pubblica ogni anno dal 2014 per fotografare lo stato di avanzamento della digitalizzazione negli Stati membri e indicare le misure necessarie a ridurre i gap tra i vari Paesi. E che anche quest’anno ci vede collocati nelle ultime posizioni, con un nuovo peggioramento rispetto al 2019.
LA CORTE DEI CONTI
Tema non certo marginale, se la Corte dei Conti nel suo “Referto in materia di informatica pubblica” sottolineava nel novembre 2019 che le ragioni della propria analisi su questo settore «e più in generale sull’innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese risiedono nell’attenzione che l’Organo di controllo nazionale ha sempre riservato ai temi dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità».
Ribadendo come sia del tutto evidente che «l’innovazione tecnologica contribuisca in modo decisivo a migliorare le cosiddette tre “E”». Ma come, d’altra parte, l’Italia resti indietro per utilizzo adeguato delle tecnologie rispetto alla trasformazione digitale dei processi.
Il tutto tenendo ben presente il vero problema del nostro sistema, confermato da dati regionali sempre più impietosi: da un lato, il fatto che competenze e risorse per raggiungere gli obiettivi di miglioramento anche in ambito digitale e tecnologico si trovano nelle mani delle regioni; dall’altro che tra Nord e Sud d’Italia non esiste una forbice, ma una vera e propria voragine di investimenti e performance, con conseguente disuguaglianza nei servizi a cittadini e imprese e, quindi, nelle aspettative di benessere e crescita economica.
L’AGENDA DIGITALE EUROPEA
I giudici contabili ricordano in proposito che «l’Agenda digitale europea rappresenta una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, tanto che per il periodo 2014-2020, sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e sul Fondo di coesione sono stati stanziati oltre 20 miliardi per investimenti in ICT per gli Stati membri e fissati i principali obiettivi di sviluppo ICT, quali l’ampliamento della diffusione della banda larga e l’introduzione di reti ad alta velocità, lo sviluppo di prodotti e servizi ICT e dell’e-commerce, il potenziamento delle applicazioni ICT per la Pubblica amministrazione online, l’e-learning, l’inclusione digitale, la cultura digitale e la sanità elettronica. In tale contesto i Paesi membri vengono costantemente monitorati attraverso indicatori che classificano il grado di digitalizzazione di ciascun Stato: il Digital Economy and Society Index (DESI)». Quello, appunto, che ci colloca al quart’ultimo posto.
IL GRANDE GAP
Se quindi il disastro italiano in ambito Ue è soprattutto quello di una mancanza di prospettive concrete verso una vera trasformazione digitale del Paese – ancora insufficienti le competenze digitali della popolazione, il capitale umano specializzato, la diffusione della banda larga e i servizi pubblici digitali, a fronte di un digital devide ancora consistente – il presupposto dell’insuperabile “medioevo digitale” è proprio il gap tra regioni documentato dal Politecnico di Milano.
Innanzitutto il fatto che, seppure tutte le regioni italiane restino al di sotto della media europea, la Lombardia è la regione più digitale d’Italia con un punteggio pari a 49,7 su 100, mentre la Calabria è ultima con un indice di 20,4. E ancora: 7 delle 9 regioni che superano la media nazionale sono del Nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Veneto, e province autonome di Trento e Bolzano) e due del Centro (Lazio e Toscana), mentre sotto la media italiana ci sono tutte le altre. E, soprattutto, le ultime (sotto i 30 punti) sono tutte regioni del Sud.
Stesso discorso se ci si sofferma sui dati regionali rilevati nelle cinque aree che il Desi regionale esamina replicando il sistema di quello nazionale. E che confermano come in 3 aree su 5 tutte le regioni del Nord sono sopra la media nazionale, mentre al Sud almeno 6 regioni su 8 sono sotto la media nazionale in 4 aree su 5.
CONNETTIVITÀ
Vince la Lombardia che, con un punteggio di 46,8 su 100, è ben sopra la media italiana (pari a 36,8) e la più vicina alla media europea (56,7). Dieci regioni italiane hanno una copertura a tale velocità inferiore al 10% delle loro abitazioni, con il Molise che, oltre a non essere coperta dalla banda a 100 Mbps, ha la copertura a 30 Mbps più bassa a livello italiano (il 26% delle abitazioni) e, più in generale, il peggior punteggio complessivo nell’area connettività (15 punti su 100).
CAPITALE UMANO
Un’area la cui insufficienza nazionale rispecchia le forti disparità regionali. La Calabria, per esempio, raggiunge appena 15 punti, mentre il Digital Skill Rate (ossia la percentuale di competenze digitali necessarie al proprio ruolo) differisce tra Nord-ovest e Sud di ben 6 punti percentuali, con problemi legati alla mancanza di una strategia nazionale organica. Il Lazio è la migliore regione con 65,8, anche per la presenza delle amministrazioni centrali.
USO DI INTERNET
E’ qui che il gap regionale trascina l’Italia agli ultimi posti della classifica europea. L’Emilia-Romagna è la migliore, con un punteggio di 43,2 su 100, lontano però dalla media europea (59,4). Ultima la Campania (18,1) anche per consultazione di news (45% della popolazione). Prime per online banking e shopping Lombardia e Valle d’Aosta, con Trento che guida la classifica degli acquisti online (48%).
INTEGRAZIONE DELLE TECNOLOGIE DIGITALI
A un nord-ovest che primeggia con un punteggio di 43,4 su 100, corrispondono sud e isole ferme al 10,9. Non solo. Il nord-ovest detiene i valori più alti per tre dei cinque indicatori utilizzati: imprese che impiegano specialisti ICT (7%, ultimo il Centro con il 5%). Imprese che possiedono pagine internet (78%, ultimo il Mezzogiorno con il 56%) e imprese che utilizzano big data (8%, ultimi ancora sud e isole con il 6%). Riguardo il cloud, è nel nord-est il maggior numero di imprese che ne fa uso – ben il 26% – contro il 16% del Mezzogiorno.
SERVIZI PUBBLICI DIGITALI
Prima in classifica, ancora una volta, la Lombardia, che con un punteggio di 55,5 su 100 è anche quella che di nuovo si avvicina maggiormente alla media europea (74), sia per disponibilità di open data che per livello di attuazione del Fascicolo sanitario elettronico, per il quale invece Calabria, Campania e Abruzzo restano ancora lontane dal 50%. Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta le regioni che riescono più di tutte a rapportarsi con la PA per via telematica.
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