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L’ITALIA è spaccata ma questa volta la faglia è sull’asse Sud-Nord e non il contrario. Il tradizionale e abusato luogo comune del Mezzogiorno palla al piede dello sviluppo nazionale è ormai nettamente smentito dai dati che arrivano dall’economia reale. Numeri certificati dall’Istat, analizzati dalla Svimez, rilanciata dalla stessa Banca d’Italia e tutti con un unico messaggio: negli ultimi tre anni il Meridione ha partecipato a pieno titolo alla crescita del Paese, dando un contributo essenziale per la produzione di ricchezza e di nuovi posti di lavoro, anzi facendo addirittura meglio del resto delle regioni italiane. Un vero e proprio sorpasso.

Certo, la strada per cancellare completamente il divario di sviluppo fra Nord e Sud è ancora lunga. Basta ricordare che il tasso di occupazione è, nel Mezzogiorno, fermo al 52% contro il 70-74 del Centro-Nord. Ma i dati diffusi ieri dalla Svimez delinano un trend sicuramente positivo. Anche l’anno scorso, infatti, il Pil del Sud è cresciuto oltre la media nazionale, l’1,3% contro lo 0,9%. E c’è anche un altro fenomeno che si può leggere in filigrana. Senza il contributo del Mezzogiorno la crescita italiana, che ha subito una netta decelerazione passando dal 4% del 2022 allo 0,9% del 2023, sarebbe stata sicuramente meno positiva, con tutto il carico di conseguenze per la tenuta dei nostri conti pubblici. Il Sud non cresceva più del resto del Paese dal 2015 (+1,4% contro il +0,6% del Centro-Nord). Altrettanto favorevole si è mostrata la dinamica occupazionale. Gli occupati nel Mezzogiorno sono aumentati del +2,6% su base annua, più che nelle altre macro-aree e a fronte di una media nazionale del +1,8%.

Numeri e cifre commentati dalla premier, Giorgia Meloni con un pizzico di entusiasmo e anche uno spirito di rivincita contro le forze politiche che hanno sempre accompagnato con valutazioni negative l’azione di politica economica dell’esecutivo: “Abbiamo scelto fin dal primo momento di impegnarci per un’Italia più forte e più giusta, assicurando più autonomia, più coesione e sussidarietà che rappresentano i cardini del disegno di legge sull’autonomia differenziata e che sono l’esatto contrario delle logiche del passato interamente centrate sull’assistenzialismo. Abbiamo smentito gli scettici”.

INVESTIMENTI IN CRESCITA

In effetti, il sorpasso del Sud è il frutto di due eventi: l’aumento degli investimenti pubblici e la decelerazione della crescita industriale del Nord. La crescita più accentuata del Pil meridionale è stata sostenuta soprattutto dalle costruzioni (+4,5%, quasi un punto percentuale in più della media del Centro-Nord), a fronte di una più contenuta contrazione del comparto industriale (-0,5%) e di una crescita dei servizi dell’1,8%. La dinamica del PIL – spiegano gli esperti della Svimez – è stata debole nelle regioni del Centro (+0,4%), meno della metà della media nazionale. A determinare questo risultato hanno contribuito un calo del valore aggiunto industriale più che doppio rispetto alla media nazionale (-2,6%; -1,1% il dato Italia) e una crescita dei servizi che si è fermata al +1,1% (+1,6% la media nazionale), che hanno sterilizzato la buona dinamica delle costruzioni (+6,2%). Nel Nord-Ovest la crescita del PIL, pari all’1%, è stata condizionata dal calo del valore aggiunto industriale (-1,4%) e dalla crescita molto più contenuta della media nazionale delle costruzioni (+2,5%). Nel Nord-Est, è stata soprattutto la dinamica piattadel valore aggiunto industriale a contenere la crescita del PIL al +0,9%. Il risultato delle due macroaree è anche dovuto al diverso contributo della domanda estera. Al Centro-Nord, lo stallo dell’export (-0,1%sul 2022) ha privato le economie locali di un tradizionale traino nelle fasi di ripesa ciclica. Al Sud, viceversa, l’incremento delle esportazioni di merci, al netto della componente energetica, si è portato al +14,2% (+16,7% i beni strumentali; +26,1% i beni non durevoli).

“La congiuntura del 2023 si colloca nella fase di ripresa post-Covid iniziata nel 2021 che ha visto il Mezzogiorno partecipare attivamente alla crescita nazionale, collocandosi stabilmente al di sopra della crescita media dell’Ue (+0,4 nel 2023). Il dato di crescita cumulata del Pil 2019-2023 del +3,7% nel Mezzogiorno ha superato l’analogo dato del Nord-Ovest (+3,4%) e, soprattutto, quello delle regioni centrali (+1,7%). Ha contributo a scongiurare l’apertura del divario di crescita Nord-Sud osservato in precedenti fasi di ripresa ciclica l’inedita intonazione di segno marcatamente espansivo della politica di bilancio”.

NORD E SUD: IL RUOLO DEL PNRR

Insomma, questa volta le misure espansive anti-recessione hanno favorito soprattutto le aree più deboli del Paese. Sulla crescita ha infatti inciso, in maniera rilevante, l’avanzamento degli investimenti pubblici aumentati, nel 2023, del 16,8% al Sud, contro il +7,2% del Centro-Nord. Nel complesso delle regioni meridionali gli investimenti in opere pubbliche sono cresciuti da 8,7 a 13 miliardi tra il 2022 e ilb2023 (+50,1% contro il +37,6% nel Centro-Nord). Una dinamica sulla quale dovrebbe aver inciso significativamente il progressivo avanzamento degli investimenti del Pnrr e l’accelerazione della spesa dei fondi europei della coesione in fase di chiusura del ciclo di programmazione 2014-2020. Viceversa, la spesa pubblica per incentivi alle imprese è cresciuta del 16% al Sud, dieci punti percentuali in meno rispetto al Centro-Nord (+26,4%). Un differenziale che riflette la minore capacità del tessuto produttivo meridionale, caratterizzato da minore presenza di imprese di maggiore dimensione, di assorbire le misure “a domanda” di incentivo di ammodernamento tecnologico e digitale finanziate dal Pnrr.

Anche il terziario ha contribuito in maniera significativa alla crescita del Pil meridionale: +1,8% di incremento del valore aggiunto. Il buon andamento dell’economia ha caratterizzato tutte le regioni meridionali, anche se in presenza di marcati differenziali di crescita. Emerge in particolare la variazione positiva del Pil siciliano (+2,2%). Hanno influito dinamiche ancor più favorevoli che nel resto del Mezzogiorno delle opere pubbliche (+60,4%) e più in generale degli investimenti pubblici (+26%); anche l’industria è cresciuta significativamente (+3,4%), arrestando una tendenza di medio periodo alla deindustrializzazione. Piuttosto omogenea e sostenuta è stata la crescita del PIL in Abruzzo, Molise (+1,4%), Campania (1,3%) e Calabria (1,2%), con alcune differenze di carattere settoriale. In Abruzzo la crescita ha riguardato anche il settore industriale (+2%) che invece ha registrato una riduzione in Campania (-0,7%). Va segnalato, però, che la Campania risulta la regione italiana con la maggiore crescita delle esportazioni nel 2023 (+29%). In Calabria l’incremento di valore aggiunto delle costruzioni (+7,4%) ha sostenuto la crescita regionale insieme al terziario (+1,7%), nonostante il calo del settore industriale (-4,8%). Più bassa la crescita in Basilicata (+0,9%) e Puglia (+0,7%). La Basilicata ha risentito di un calo dell’industria (-2,7%) più intensodi quello osservato per la media delle regioni del Mezzogiorno, compensato dalla buona performance del settore delle costruzioni(+8,4%, la crescita più intensa tra le regioni meridionali). La congiuntura dell’economia pugliese è stata segnata dalla forte caduta del valore aggiunto agricolo (-8,7%), che ha sottratto oltre tre decimi di punto percentuale alla crescita del Pil nel 2023, e dalla flessione del valore aggiunto industriale (-1,2%). Va infine segnalato che la regione Puglia nel complesso del periodo 2019-2023 conuna crescita del 6,1% è risultata la regione iù dinamica.


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