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LE REGIONI hanno ancora da spendere 10,5 miliardi per l’edilizia sanitaria, circa il 43% del totale dei fondi a disposizione. Una massa enorme di investimenti non ancora realizzati per gli ospedali e la medicina territoriale, però negli ultimi due anni il Sud è andato in controtendenza rispetto al resto del Paese, riuscendo a spendere più del resto del Paese. Lo rileva la Corte dei Conti al termine dell’indagine conoscitiva sulla ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. Non si tratta di fondi Pnrr, bensì, in gran parte, di finanziamenti statali ex articolo 20. Mentre il Sud (escluse Sicilia e Sardegna dal calcolo) nel 2022 rispetto al 2019 ha investito il 43,85% in più, passando da 273 a 393 milioni spesi, nel Nord-Est l’aumento è stato del 30,59%, nel Nord-Ovest del 17,61%, nelle regioni del Centro del 29,01%, nelle due Isole del 24,16%. Insomma, il Mezzogiorno mostra maggiore vitalità nel potenziamento dei propri ospedali: finalmente si investe in strutture e macchinari.

“L’andamento – scrive la Corte dei Conti – è stato nell’ultimo quadriennio particolarmente sostenuto: nel 2022 i pagamenti hanno superato i 2 miliardi, importo del 29 per cento superiore al dato dell’ultimo anno prima della pandemia (2019); ciò, nonostante la flessione registrata nell’ultimo anno (-8,6 per cento) rispetto al picco del 2021. Si tratta di un incremento che ha interessato soprattutto gli esborsi per i fabbricati (+49,5 per cento), per le immobilizzazioni immateriali (+46,9 per cento) e per gli impianti e macchinari (+29,9 per cento). Il calo dell’ultimo esercizio è, invece, riconducibile sostanzialmente alla flessione degli acquisti di attrezzature sanitarie e scientifiche: dopo i forti incrementi del 2020 e del 2021 (rispettivamente +24,3 e 18,9 per cento) questi flettono del 30 per cento nell’esercizio appena concluso.

Un risultato probabilmente connesso (oltre all’attenuarsi dell’emergenza sanitaria) al rinvio degli interventi di non immediata necessità, in attesa della piena operatività delle misure destinate al finanziamento dell’aggiornamento delle attrezzature sanitarie previste nel Pnrr”. E sono proprio “le Regioni dell’area meridionale quelle che, nel complesso del periodo vedono la variazione” di spesa “più consistente: +43,8 per cento rispetto al 2019 il risultato dello scorso anno, ciò anche se la flessione rispetto al picco raggiunto nel 2021 nell’anno appena concluso è stata di rilievo (-18,6 per cento). Una crescita sospinta soprattutto da quella in fabbricati, impianti e macchinari e mobili e arredi. La spesa in attrezzature sanitarie, cresciuta notevolmente negli anni più difficili della crisi sanitaria, si ridimensiona nel 2022 collocandosi su livelli non dissimili a quelli precrisi”.

Per quanto riguarda, invece, Sicilia e Sardegna la spesa è “rimasta costante nel 2020 sui livelli del 2019”, però “gli investimenti hanno visto concentrarsi l’aumento nel 2021 con un incremento di oltre il 65 per cento caratterizzato dalla spinta registrata negli investimenti in fabbricati e attrezzature sanitarie e nelle immobilizzazioni immateriali. Nonostante il calo dello scorso anno la spesa per fabbricati rimane nel periodo su livelli superiori al 33 per cento rispetto al 2019”. Diversamente, nelle regioni del Nord-Ovest, alla crescita superiore al 32 per cento nel 2020, seguono due flessioni, più limitata nel 2021 e più netta nel 2022. “Nel complesso – evidenziano i magistrati contabili – la variazione nel triennio è stata del 17,6 per cento. Spinta inizialmente dagli acquisti di attrezzature sanitarie (+40,5 per cento) nel 2020, mentre nel 2021 hanno inciso le scelte fatte nei fabbricati e in quelle in beni immateriali”. La crescita degli importi investiti è stata più consistente (+30,6 per cento tra il 19 e il 2022) nelle regioni del Nord-Est” ma nell’ultimo anno c’è stata una flessione leggera (-0,4%). Infine, per quanto riguarda il Centro “non ha conosciuto flessioni negli anni osservati: è stata più limitata nel 2020, più consistente nel 2021 ma è rimasta positiva anche nel 2022 (tra il 2019 e il 2022 gli investimenti sono aumentati del 29 per cento). Un risultato da ascrivere alle immobilizzazioni in fabbricati che, dopo la flessione del 2020, sono cresciute di circa il 50 per cento. Più variabile il risultato nelle attrezzature e negli impianti ritornati nel 2022, dopo gli aumenti del biennio precedente, sui livelli pre crisi sanitaria”.

Sta di fatto, però, che per l’edilizia sanitaria “le risorse ancora da utilizzare sono poco meno di 10,5 miliardi e rappresentano circa il 43 per cento delle somme attribuite al programma. Un dato medio che nasconde diversità considerevoli tra regioni”, si legge ancora. La Corte evidenzia che “un indiretto segnale delle difficoltà di funzionamento del programma deriva anche dall’esame della dimensione crescente delle risorse correnti che, tra il 2019 e il 2022, gli Enti del Servizio sanitario nazionale hanno stornato per destinarle a investimenti. Si tratta di circa 500 milioni, il 25 per cento circa della spesa sostenuta”. Nello specifico “il crescente ricorso alle risorse correnti per finanziare gli investimenti, nonostante la forte penalizzazione contabile di “spesare” al 100 per cento il cespite nell’anno di acquisizione, sembra indicare che le regioni, in questo modo, sono più libere e “svincolate” dalle regole di finanziamento dell’art. 20 e dalla complessa procedura di accesso alle relative risorse”.


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