Un talk show in televisione
7 minuti per la letturaQuesto giornale è stato il primo in Italia a dare l’allarme di fronte a un comportamento delle televisioni, sia i talk show che un certo genere di programmi di approfondimento tutt’altro che profondi, che non ha l’uguale e nessun paese moderno civile con cui l’Italia possa fare il confronto. Non accade in Francia, non accade nel Regno unito, non accade negli Stati Uniti, in Svizzera, in Germania e per quanto sono può sapere neppure nell’Europa del Nord.
A che a che cosa ci riferiamo? Alla spregiudicatezza, travestita da falsa innocenza, con cui i fabbricanti di scalette elenco ospiti, produzione televisiva e social, ci sono gettati a capofitto per incassare decimi o centesimi di ascolto, dando enfaticamente la parola ai portatori del male. I portatori del male, sappiamo benissimo chi sono: non basta dire i no-vax come se si trattasse di una ideologia, un partito, una qualsiasi forma di rappresentazione legittima della società. Si tratta della spregiudicatezza con cui sono stati portati nel baraccone televisivo i peggiori gaglioffi che hanno non solo violato la legge ma ferito il diritto di tutti nel comprendere ciò che accade, valutarlo, metterlo a confronto con le proprie o altrui idee, ma più che altro basarsi sui dati di fatto che in questo momento sono prioritari.
Abbiamo visto nello spettacolo dei talk il manigoldo che assaltava la sede della Cgil a Roma insieme ad altri manigoldi, tutti ricercati non dalla polizia ma dal sistema televisivo affamato e senza scrupoli; abbiamo visto una confraternita che a gomitate e a colpi e a sputi di virus si è fatto strada nel teatro che ogni sera si accende nelle nostre case ponte stiamo parlando ovviamente di una questione etica e giornalistica che non è affatto formale ma è sostanziale. Il punto sostanziale è che molte televisioni non esitano e anzi gioiscono ad appropriarsi di chi abbia clamorosamente e oscenamente sfidato la logica, il bene comune, la sanità pubblica, la scienza, il buon senso, la vita delle persone.
Tanto a noi che ce frega dicono a Roma. e questo è il motto adottato non soltanto nella Capitale ma in qualsiasi contrada si produca televisione, dando la sensazione che esistano due verità e si possano esibire nel teatrino due contendenti di pari peso e dignità che ora se le faranno davanti ai vostri occhi, signore e signori a vedere chi vince, speriamo che domattina i dati Auditel ci confortino con un buon quattro ma anche cinque per cento, alè.
E così, scienziati veri e scienziati finti, sedicenti filosofi e veterinari, persone che non distinguerebbero un virus da una cipolla e altri serissimi che quando parlano vengono sommersi da fischi e battutacce, trattati tutti esattamente come squadre di calcio in campo, di pari legittimità, capacità di giocare e convincere.
Si resta ben fermi sul motto della Romanesca Comunicazione che recita “tanto a noi che ce frega?” perché ciò che conta sono i risultati della notte: là si vedranno le famose curve dell’impennata da rissa in studio e i crolli con un ospite che si affanna a fare un ragionamento rispondente alla situazione reale. Così, tutti i nodi vengono al pettine, nel senso che il cinismo risulta sempre premiato, il buon senso e umiliato e deriso e quanto alla salute pubblica, “tanto a noi che ce frega”.
Questo è l’effetto distorsivo di chi compie questi atti di pirateria nella manipolazione dell’opinione pubblica. È ovvio che le crescite di ascolto significano crescita del valore sonante degli spazi pubblicitari.
Qualche sera fa a In Onda la co-conduttrice Conchita De Gregorio manifestava molto allarme per il fatto che il professor Mario Monti, ex presidente del consiglio e senatore a vita, avesse sostenuto sulla stessa La7 in un’altra trasmissione che il livello culturale degli italiani, certo non per colpa degli italiani ma per colpa del nostro sistema scolastico, è talmente basso da costituire di fatto un pericolo quando si crea un corto circuito tra deficit di conoscenza di base, per non dire ignoranza, e comunicazioni emotive che non corrispondono ad alcuna verità perché una tale miscela provoca panico, diffidenza, resistenza del tutto ingiustificata a provvedimenti assolutamente e urgentemente indispensabili come può essere, ad esempio, l’immediata vaccinazione di tutti i minorenni perché adesso e non fra due mesi già le terapie intensive si vanno riempiendo di ragazze e ragazzi sotto i 20 anni e spesso bambini.
Il ragionamento del professor Monti non fa una piega ed è anche molto coraggioso perché parte da un dato poco onorevole della nostra scuola, per colpa della quale i nostri studenti quando vanno a fare concorsi cui partecipano i loro coetanei degli altri paesi europei, regolarmente non superano i test o non raggiungono il massimo dei voti.
Per questo motivo, ha sostenuto con disarmante coraggio l’ex presidente del consiglio, bisognerebbe creare un sistema di controllo e verifica su tutto ciò che viene detto nelle televisioni e ne talk show perché l’impatto che la falsa e cattiva informazione ha sulla audience degli italiani davanti al teleschermo e tale da provocare danni immediati, aumento di vittime e di persone a rischio. La controprova di quello che diceva il Monti sta nel fatto che nei talk show europei che si possono seguire con una normale parabolica non esiste un tale genere di scioccante confronto fra l’ignoranza, l’astuzia, incompetenza, la stregoneria, e l’intelligenza, la razionalità, la necessità di regolare le decisioni che i governi devono prendere.
Non l’avesse mai detto, perché allora gli sono saltati addosso tutti conduttori, ma specialmente la Concita, accusandolo più o meno velatamente di volere un ritorno al regime fascista che prevedeva la censura sull’informazione. Monti ha anche detto ciò che peraltro banale e cioè che quella contro il virus è una guerra, e che le guerre si fanno con tutti gli strumenti a disposizione compreso quello dell’informazione della comunicazione, che vanno regolati e versi appunto in modo che la guerra sia vinta e non sia il nemico a farci fuori come in parte è accaduto e sta ancora accadendo.
Vale la pena ricordare che l’influenza spagnola di un secolo fa si chiama così non perché fosse nata in Spagna ma soltanto perché tutte le notizie su quella febbre che è uccisa più di 70 milioni di esseri umani nel mondo era coperta da segreto militare in tutti i paesi impegnati nella prima guerra mondiale e la censura proseguì anche in seguito dopo il trattato di Versailles e sicché mentre in Spagna tutte le notizie venivano da te e pubblicate commentate, negli altri paesi si apprendeva casualmente che in Spagna accadevano delle scene mostruose negli ospedali, che erano tali e quali quelle che si sarebbero viste in Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Austria e Stati Uniti se fosse stato possibile pubblicare le notizie. Si è creato un mostro che affianca l’alieno virale che è partito all’attacco dell’umanità.
Quel mostro è rappresentato da una compagnia di giro di persone personaggi del tutto inadatti a comprendere ciò su cui reclamano il diritto di offrire giudizi campati in aria, e questa compagnia di giro diventavi fatto un’altra del virus perché ha formato un brodo di coltura fondato sull’incultura che permette al virus di girare meglio, e alla scienza di contare sempre di meno. Il gioco consiste nel far credere che sia in ballo la libertà di dire qualsiasi cosa, non importa quali siano poi i suoi effetti nella mente delle persone del tutto ignare dei fondamenti della biologia perché a scuola non l’hanno mai imparata, e creare così onde e brividi di panico e di scetticismo che poi si trasformano in larga parte in quei moti di piazza qui ci siamo dovuti abituare anche se con disperazione per i danni che essi causano prima di tutto alle vite degli stessi partecipanti.
Il problema ovviamente non è soltanto italiano perché gli anti-vax sono ovunque, ma questo non ci deve consolare perché In Italia e solo in Italia l’uso cinico della anti-informazione che non è controinformazione e diventata ormai pratica corrente e dovrebbe essere considerata merce di contrabbando e droga capace di ledere il sistema nervoso delle persone tanto quanto quelle chimiche vendute dagli spacciatori all’angolo della strada.
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