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Rischiano malnutrizione, malattie, discriminazione, sfruttamento, violenza, esclusione scolastica. E sono 240 milioni in tutto il mondo, uno su dieci.
Parliamo dei bambini con disabilità che – secondo i dati provenienti da 42 Paesi e contenuti nell’ultimo Rapporto Unicef – hanno molte meno possibilità non solo di inclusione, ma anche di accesso ai diritti e bisogni fondamentali rispetto ai loro coetanei senza disabilità.
Nella Giornata mondiale dei diritti dell’Infanzia (il 20 novembre si celebra la firma della Dichiarazione dei diritti del fanciullo da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu nel 1959), è bene ricordare che i bambini con disabilità hanno “il 24% di probabilità in meno di ricevere stimoli precoci e cure adeguate; il 42% in meno di avere competenze di base di lettura e calcolo; il 25% di probabilità in più di soffrire di malnutrizione acuta e il 34% in più di soffrire di malnutrizione cronica; il 53% in più di avere sintomi di infezioni respiratorie acute; il 49% in più di non aver mai frequentato la scuola; il 47% in più di non frequentare la scuola primaria, il 33% in più per la scuola secondaria inferiore e il 27% in più per la secondaria superiore; il 51% in più di sentirsi infelici; il 41% in più di sentirsi discriminati; il 32% in più di subire punizioni fisiche gravi”.
L’Italia, ancora insufficiente dal punto di vista della raccolta dati, non fa eccezione. E rispetto ad uno dei principali temi trattati nel Rapporto, quello dell’istruzione (secondo l’Unicef, i tassi di abbandono scolastico sono più alti tra i bambini con disabilità multiple e le disparità diventano ancora più significative in rapporto alla gravità della disabilità), registra forti diseguaglianze interne. Il gap nasce dalla condizione del Mezzogiorno, certificata anche dall’ultima indagine Istat sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità per l’anno scolastico 2019/2020, condotta su tutti gli istituti di ogni ordine e grado, dall’infanzia alle superiori, indipendentemente dalla presenza di alunni disabili.
A fronte di un aumento del numero di alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (+ 13 mila, il 3,5% degli iscritti) e di quello degli insegnanti di sostegno (poco più di 176 mila, con un rapporto alunno-insegnante pari a 1,7 alunni ogni insegnante per il sostegno, migliore di quello previsto dalla legge 244/2007 che raccomanda un valore pari a 2), la disponibilità degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione (oltre 57 mila) varia molto da regione a regione. A livello nazionale il rapporto alunno/assistente è pari a 4,6 ma nel Mezzogiorno cresce a 5,5, con punte massime in Campania e in Molise dove supera, rispettivamente, la soglia di 14 e 11 alunni con disabilità per ogni assistente.
La presenza di questo tipo di professionalità, centrale per la formazione di ogni singolo studente soprattutto durante la Dad, aumenta viceversa nelle regioni del Centro e del Nord (4,4) raggiungendo i livelli più alti nella Provincia Autonoma di Trento, in Lombardia e nelle Marche, con un rapporto che non supera la soglia di 3,1 alunni per assistente. Aspetti, quelli comunicativi e di autonomia, che il rapporto Unicef richiama, specificando che i bambini con difficoltà di comunicazione e che non riescono a prendersi cura di se stessi hanno maggiori probabilità di rimanere fuori dalla scuola, indipendentemente dal livello di istruzione. Se poi in Italia una scuola su quattro risulta carente di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni disabili, le dotazioni maggiori si trovano nelle regioni del Nord, con Valle d’Aosta ed Emilia Romagna che dispongono di postazioni adeguate nell’85% delle scuole e la Sardegna che registra invece la percentuale più bassa (64,2%).
Anche le postazioni informatiche collocate in classe, che facilitano la didattica quotidiana, sono diversamente presenti da Nord a Sud. Disponibili nel 42% delle scuole italiane, scendono al 39% nel Mezzogiorno. Ed anche in questo caso con ulteriori disparità. La dotazione di postazioni informatiche, infatti, anche quando è posizionata all’interno della classe, è inadeguata nel 28% delle scuole italiane, ma se la carenza diminuisce nel Nord – dove la quota di scuole con postazioni insufficienti scende al 24% – aumenta nel Centro e nel Mezzogiorno, dove sale rispettivamente al 29 e al 32%.
Il Sud resta indietro anche per il superamento delle barriere architettoniche. Solo una scuola italiana su tre è accessibile ai ragazzi disabili, ma mentre il Nord supera la media nazionale con il 36% di scuole a norma, il Mezzogiorno si ferma al 27%. La regione più virtuosa è ancora una volta la Valle d’Aosta, con il 63% di scuole accessibili, ultima in classifica la Campania, che detiene il numero più basso di scuole senza barriere (21%). Identica forbice per gli ausili senso-percettivi utili per l’orientamento: se le scuole attrezzate in modo completo sono in Italia appena il 2% del totale, la quota varia dal 22% delle regioni del Nord al 14% di quelle del Sud.
Ancora. Le carenze diffuse in tutta Italia riguardano la conoscenza della lingua italiana dei segni (LIS) – diffusa solo tra il 5% degli operatori – e l’utilizzo nelle scuole dell’infanzia di una tecnologia specifica a supporto dell’alunno con sostegno (appena il 21,5%). Ma l’aumento generalizzato dei cosiddetti Bisogni Educativi Speciali (Bes) risente anche di ciò che il contesto scolastico, familiare e sociale è in grado di offrire: non a caso, se rispetto all’anno scolastico 2017/2018 la presenza di studenti con Bes all’interno della scuola è cresciuta del 29% sugli alunni iscritti (+60 mila circa), l’aumento maggiore si è registrato nelle regioni del Centro (+ 33%) e del Sud (30,7%) rispetto a quelle del Nord (+26%).
Alla luce di questi dati – il nostro Paese è stato più volte richiamato dall’Onu al rispetto della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, alla quale si affianca la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità – il Rapporto Unicef chiede all’Italia, come al resto del mondo, uno sforzo verso la strada dell’integrazione effettiva di bambini e adolescenti con disabilità. Uno sforzo che non può prescindere da politiche di sostegno al territorio e alla famiglia – come l’assegno unico per i figli e per i figli disabili senza limiti di età appena approvato in Cdm – e, prima ancora, da un lavoro di documentazione carente anche da noi. “L’esclusione è spesso la conseguenza dell’invisibilità – ha sottolineato il Direttore generale dell’Unicef, Henrietta Fore – e non abbiamo avuto dati affidabili sul numero di bambini con disabilità per molto tempo. Quando non riusciamo a conteggiare, considerare e consultare questi bambini, non riusciamo ad aiutarli a raggiungere il loro vasto potenziale”.
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