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E’ TUTTO meno tranquillo di quel che poteva sembrare sul fronte del governo. La ripresa della pandemia, per quanto presenti ancora molti caratteri difficilmente decifrabili, non è una variabile insignificante. Dopo il successo della politica del “rischio calcolato” imposta da Draghi, stiamo tornando ad una fase di incertezza.
La variante Delta sembra molto aggressiva e non solo in Italia. Sarà che colpisce prevalentemente i non vaccinati e che i vaccinati contraggono il Covid in forma lieve, ma comunque sia un paese nella morsa di un alto numero di infetti non può certo lavorare al meglio per la ripresa. Ci saranno meno, forse pochi morti, ed è ovviamente una ottima notizia, ma una situazione in cui i malati sono molti e la gente ha paura a circolare non è idilliaca (e non parliamo delle speculazioni che si potrebbero fare sopra).
I partiti sembrano rendersene conto sino ad un certo punto, perché non serve a niente dividersi fra rigoristi e aperturisti: è solo un modo per scaldare le varie tifoserie e spingere verso quella mancanza di una opinione largamente condivisa che tanti guasti ha già fatto. Del resto neppure su una misura banale come l’anticipo a settembre della tornata di elezioni amministrative si riesce a ragionare in maniera pacata. Sarebbe una scelta di buon senso evitando che la campagna elettorale impatti con una stagione che potrebbe essere più favorevole ai contagi con la piena ripresa delle scuole e delle attività di scambio, ma sembra che interessi di più dilatare il tempo per le campagne elettorali visto che l’esito delle urne d’autunno rimane una incognita.
Intanto sarebbe bene accelerare coi lavori parlamentari, considerando l’arretrato che limita le capacità di affrontare le scadenze più importanti che riguardano il PNRR. Le analisi parlano di un arretrato di oltre 600 decreti attuativi da approvare e non è che si parli sempre di quisquiglie (anzi raramente). Lode all’iniziativa degli onorevoli Brescia e Ceccanti che cerca di prendere per le corna questo toro riottoso e speriamo che ad essa arrida il meritato successo. Rimane il nodo delle riforme da approvare con la grande incognita dell’atteggiamento dei Cinque Stelle su quella della giustizia (ma altrettanto ci aspettiamo sulle altre).
Draghi fa capire che non ci sono possibilità di tirarla per le lunghe e dovrà farlo intendere ad un tiratardi strutturale come si è rivelato Conte quando stava a Palazzo Chigi. Tuttavia non è neppure giusto mettere tutto sul conto dei grillini, che si comportano in un certo modo perché in fondo gli è consentito dagli altri. Su questo le colpe sono equamente divise fra destra e PD. Salvini e amici tutto sommato ritengono che giovi loro questo confuso impuntarsi dei Cinque Stelle: mette in difficoltà Draghi, amplia lo spazio per loro nel presentarsi come sostegno del governo, ma al tempo stesso nel potersi permettere di piantare a loro volta bandierine a ripetizione.
Quanto al PD, timoroso che se rompe con Conte e M5S si ritrova a fare nel governo una specie di junior partner delle destre, non riesce a mandare un chiaro segnale di freno al “presidente in pectore” del nuovo grillismo: se continui su quella strada con noi hai chiuso. Certo che i vari Bettini di turno gli chiedono dove andrebbe dopo, ma la domanda è perfettamente reversibile, perché vale anche chiedersi dove si finisca andando avanti così. Inevitabilmente quella sulla riforma della giustizia sarà la madre di tutte le battaglie.
Se Draghi riesce ad imporsi, diventerà evidente che bisogna seguire la rotta che è stata impostata con la scelta del suo governo da parte di Mattarella. Se il premier fosse costretto a riconoscere un diritto di sostanziale veto a Conte e al suo partito, si aprirebbe un mutamento di scenario: perché sarà anche vero che come si fa a non tenere conto di un partito che ha circa il 30% dei parlamentari, ma allora come si a non tenere conto di una possibile coalizione antigrillina che ha altrettanto se non più peso? Quest’anno la politica non andrà in ferie.
Non a causa di un eccesso di stakanovismo da parte di Draghi, ma di una situazione che non può permettersi di rinviare i problemi.
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