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L’assistenza ospedaliera in Italia corre verso il privato. Nel 2010 gli ospedali erano 1.165, il 54,4% gestiti direttamente dai sistemi regionali sanitari pubblici. Nel 2019, invece, le strutture di ricovero sono diventate 992, di cui il 51,9% pubbliche, cioè 515, mentre quelle private sono 477. Se però, al conteggio aggiungiamo le case di cura non accreditate, 64 in tutta Italia, ecco che c’è addirittura il sorpasso del privato con 541 centri.
A scattare la fotografia è il nuovo annuario statistico del Sistema sanitario nazionale pubblicato dal ministero della Salute, che descrive come si sta evolvendo la sanità in Italia. La maggior parte degli ospedali privati sono concentrati al Nord, ma iniziano a diffondersi anche al Sud: il record spetta alla Lombardia, con 64 strutture accreditate, seguono Lazio e Campania con 61, poi c’è la Sicilia con 59, Emilia Romagna (44), Piemonte (38). Le altre son distanti, ma le cliniche private proliferano ovunque: ad esempio in Calabria ce ne sono 29, in Puglia 26, Toscana 21, Veneto 17.
LE STRUTTURE
«Il sistema sanitario nazionale – si legge – dispone di circa 190mila posti letto per degenza ordinaria, di cui il 21,4% nelle strutture private accreditate, 13.202 posti per day hospital, quasi totalmente pubblici (83,8%) e di 8.043 posti per day surgery in grande prevalenza pubblici ( 76,2%). A livello nazionale sono disponibili 3,5 posti letto ogni 1.000 abitanti, in particolare i posti letto dedicati all’attività per acuti sono 2,9 ogni 1.000 abitanti».
Il Sud, però, sui posti letto è largamente penalizzato: «La distribuzione risulta piuttosto disomogenea a livello territoriale», è scritto nel report ministeriale. E in effetti, stando ai dati, le differenze sono palesi: in Puglia ci sono 10.153 posti letto nel settore pubblico, contro i 12.571 dell’Emilia Romagna, i 13.449 del Piemonte, i 15.798 del Veneto, regioni simili per numero di residenti. La Campania, molto più popolosa, ha solo 11.916 posti letto, 11.771 la Sicilia.
Anche sui «posti letto destinati alla riabilitazione e lungodegenza, 0,6 ogni 1.000 abitanti, c’è una notevole variabilità regionale» a discapito del Mezzogiorno.
GLI ORGANICI
Meno strutture, meno posti letto e anche meno personale ospedaliero per il Sud. Nel 2019 i dipendenti in Italia ammontano a 603.856 unità e risultano così ripartiti: il 72,2% ruolo sanitario, il 17,5% ruolo tecnico, il 10,1% ruolo amministrativo e lo 0,2% ruolo professionale. Il Piemonte conta 54.117 lavoratori complessivi, il Veneto 56.778, l’Emilia Romagna 58.628, 48.219 la Toscana e la Lombardia 88.142; contro i 35.453 dipendenti della Puglia, i 39.879 della Campania, i 39.272 del Lazio, o i 18.048 della Calabria.
Nel dettaglio, mentre la Puglia ha 6.431 medici, l’Emilia Romagna, a quasi parità di popolazione, ne ha 8.742; il Piemonte 8.412, il Veneto 7.672, la Toscana 8.109. Al Nord, per ogni mille abitanti ci sono 12,1 dipendenti nel comparto sanità: medici e infermieri, ma anche tecnici di laboratorio, amministrativi, operatori socio sanitari. Al Sud la media si abbassa drasticamente, sino a 9,2 dipendenti ogni mille residenti. Se la Puglia avesse avuto le stesse risorse dell’Emilia Romagna e avesse, quindi, potuto mantenere lo stesso rapporto dipendenti/residenti, oggi avrebbe 16.662 medici, infermieri, amministrativi in più. Come si può chiedere alla Puglia, a quasi parità di popolazione, di riuscire a svolgere lo stesso numero di esami e visite mediche che si riescono a fare in Emilia Romagna che ha 23mila lavoratori in più?
LA CORTE DEI CONTI
Anche la Corte dei Conti ha evidenziato la disparità «Negli ultimi due anni – scrivono i giudici contabili – sono divenuti più evidenti gli effetti negativi di due fenomeni diversi che hanno inciso sulle dotazioni organiche del sistema di assistenza: il permanere per un lungo periodo di vincoli alla dinamica della spesa per personale e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico. Come messo in rilievo di recente, a seguito del blocco del turn-over nelle Regioni in piano di rientro e delle misure di contenimento delle assunzioni adottate anche in altre Regioni (con il vincolo alla spesa), negli ultimi dieci anni il personale a tempo indeterminato del Sistema sanitario nazionale è fortemente diminuito».
Le Regioni in Piano di rientro sono quelle del Sud, che per anni, 10 la Puglia ad esempio, essendo sotto il controllo dei ministeri della Salute e dell’Economia non hanno potuto assumere. Non solo: dal 2012 al 2018 l’Italia ha “perso” oltre 42mila operatori sanitari e il record spetta al Sud: è infatti la Campania ad aver dovuto fare a meno di 10.490 dipendenti sanitari.
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