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Vincenzo De Luca

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Andrew Cuomo e Vincenzo De Luca. Che rapporto c’è tra i due? Il primo è il governatore dello Stato di New York che ieri, con il 70% della popolazione adulta vaccinata, ha raggiunto l’immunità di gregge e ha potuto così eliminare gran parte delle restrizioni. Il secondo è il presidente della Regione Campania ma in cuor suo si crede anche lui governatore di uno Stato. Tanto da poter annunciare in totale autonomia lo stop ai vaccini Johnson&Johnson e AstraZeneca agli under 60.

In passato si era distinto per altre iniziative di questo genere, chiudendo confini, minacciando ritorsioni, attaccando il governo, Lo sceriffo campano vuo’ fa’ l’Americano ma in realtà ricorda certi leader del passato che volevano realizzare il socialismo in un Paese solo e non sono riusciti ad eleggere neanche l’amministratore del loro condominio. Non ha considerato De Luca che certe decisioni non spettano ai presidenti delle regioni ma alla comunità scientifica.

Che la questione AstraZeneca non è un test sulla flessibilità dell’autonomia differenziata bensì un nodo cruciale che solo i sanitari possono sciogliere. Alimentare confusione, spalmare incertezza ponendo veti e divieti non giova a nessuno. Il segretario nazionale dei medici di famiglia (Fimmg) Silvestro Scotti spiega la situazione in cui ci troviamo: «Siamo nel momento storico in cui il numero di seconde dosi di AstraZeneca è al più alto livello e lo sarà fino agli inizi di luglio visto che il richiamo a 3 mesi. È matematico. Ma questa confusione informativa è la tempesta perfetta».

Il caos ingenerato da posizioni troppo spesso in contrasto tra loro, con virologi che dicono tutto e il contrario di tutto e governatori che vogliono fare di testa loro ha costretto il presidente della Conferenza Stato-Regioni a intervenire. «Penso sia fondamentale una voce unica per quanto riguarda i vaccini – il richiamo all’ordine di Massimiliano Fedriga – Capisco che il mondo della scienza, nelle revisioni, negli approfondimenti e nelle correzioni, si sviluppi e cresca, ma dobbiamo tenere presente che siamo di fronte alla piu’ grande campagna vaccinale della storia e su questo dobbiamo coinvolgere i cittadini. Non si può pensare di parlare alla popolazione come se si fosse di fronte ad un congresso di scienziati, bisogna usare la chiarezza».

LE CAVIE

Che la più la più grande campagna vaccinale della storia venga lasciata alla furia creativa dei presidenti delle regioni e gestita in ordine sparso è poco meno di un insulto alla logica e all’intelligenza. Fioccano le accuse. Matteo Salvini è arrivato a parlare di cittadini usati come cavie.

Frase che ha fatto infuriare la ministra alle Politiche giovanili, la pentastellata Fabiana Didone: «Nessuno ha voluto mettere i giovani “in pericolo” col vaccino AstraZeneca, questo mi sembra fuori discussione – è insorta –. Io infatti non ne faccio una questione di accusa rispetto a chi ha detto che le Regioni hanno voluto fare una fuga in avanti o hanno voluto scaricare la colpa sul Cts. Nessuno voleva chiaramente ledere e nuocere a nessuno l’obiettivo di tutti è di raggiungere l’immunità:   non me la sento perciò di dire che qualcuno ha usato i giovani come cavie.  Capisco l’esigenza di rispondere sempre immediatamente a ciò che succede però in certi casi il silenzio è d’oro».

LA RIVENDICAZIONE DI ZAIA

Un concetto che andrebbe esteso anche ad altri. A Luca Zaia, il Doge veneto arrivato a rivendicare quello che fino a qualche giorno fa considerava un problema, «siamo la regione con minor dosi inoculate di AstraZeneca, ci sono  36mila persone che hanno necessità dell’eterologa e sono le categorie essenziali come Forze di polizia e insegnanti».

Una precisazione che non gioverà alla serenità degli interessati. Secondo l’azienda produttrice dei vaccini l’efficacia di AstraZeneca sarebbe fuori discussione. «Con due dosi di protezione si è sicuri al 92% di non prendere il virus, anche in caso di variante Delta».

Peccato che poco prima il professor Massimo Galli, direttore di Malattie infettive al Sacco di Milano aveva quasi scoraggiato chi ancora deve fare il richiamo spiegando che la seconda dose di AstraZeneca potrebbe anche non essere necessaria, perché «l’effettivo protettivo di una sola somministrazione ci dà una certa prospettiva di sicurezza». E il professor Fabio Crisanti, l’ideatore del tracciamento, molto cauto sul mix vaccinale: «Senza dati le opinioni non contano».

LA MAIONESE IMPAZZITA

Il combinato disposto governatori+virologi è una maionese impazzita. Il remake di un film in cui il lieto fine è tutt’altro che scontato. Il via libera al cocktail dei vaccini firmato dal direttore del Dipartimento prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza in qualsiasi altro luogo del mondo sarebbe stato sufficiente a fugare tutti i dubbi.

Tanto più che a suffragarlo c’era la determina di Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco e il parere del Cts che di fatto autorizzava l’utilizzo di un vaccino a mRna per il richiamo degli under 60.

Non è bastato. Vincenzo De Luca è corso alle tastiere e scritto:  «Ci auguriamo che le vicende degli ultimi giorni convincano tutti della necessità di porre fine al caos comunicativo e informativo sui vaccini. È indispensabile parlare con una voce sola. Cessino le comunicazioni quotidiane del commissario Covid, che va ricondotto a una silenziosa funzione tecnico-logistica. Cessino le esternazioni di esponenti di diversi organismi nazionali. Si affidi la comunicazione medico scientifica al solo Ministero della Salute, nella persona del direttore generale della prevenzione, così come avvenuto per la nostra richiesta di chiarimenti. E così come avviene in ogni paese civile».

E ancora, intervenendo anche sulle materie che non sarebbero di sua stretta competenza. «osserviamo che non è detto in modo esplicito cosa si fa in caso di terza dose per chi ha ricevuto due vaccini diversi».

Cos’altro doveva fare il ministero della Salute, oltre assumersi la responsabilità, citando i dati disponibili, due studi clinici condotti rispettivamente in Spagna e in Inghilterra, in merito all’efficacia (in termini di buona risposta anticorpale) e alla sicurezza (in termini di accettabilità degli effetti collaterali) sul completamento del ciclo vaccinale, con un vaccino a mRna, nei soggetti di età inferiore ai 60 anni che abbiano già effettuato una prima dose di vaccino Vaxzevria (ciclo vaccinale misto). Alla fine De Luca si adegua: sì al mix ma solo sotto i 60. Da diverso tempo in Germania, Francia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Canada e più recentemente in Spagna, si sta già utilizzando tale approccio e ad oggi non sono emersi segnali di allarme di vaccino-vigilanza.

Per la sintesi finale, per descrivere il corto circuito istituzionale, abbiamo scelto le parole di Francesco Laforgia, senatore di Leu: «Credo nella scienza e tutte le decisioni assunte dall’inizio della pandemia sono state guidate dalle indicazioni degli scienziati – la premessa –: il metodo scientifico viaggia per tentativi ed errori e la politica deve aggiungere un metodo precauzionale. Per questa ragione si è scelto di non proseguire con Astrazeneca per la popolazione sotto i 60 anni e la reputo una scelta giusta. Ma emerge un altro tema: l’architettura dello Stato e del rapporto tra Stato centrale e regioni. Così com’è non regge più, è uno dei limiti che la pandemia ha reso più evidenti».


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