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La Conferenza delle Regioni

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Anche il 2021 non porta cambiamenti, come negli ultimi 20 anni le Regioni del Nord avranno una fetta più grande della torta chiamata “Fondo sanitario nazionale”. La Conferenza delle Regioni ha trovato l’accordo sul riparto delle disponibilità finanziarie e ha dato il via libera alla proposta, ora l’intesa dovrà essere ratificata in Conferenza Stato-Regioni. E, nonostante 2,7 miliardi in più rispetto al 2020, resta il divario nella suddivisione.

Alla Puglia, 4,1 milioni di abitanti, dei 116,1 miliardi complessivi, sono stati riservati 7,63 miliardi: l’anno scorso ne ricevette 7,49, quindi +140 milioni. Potrebbe sembrare una vittoria, se non fosse che, ad esempio, l’Emilia Romagna (quasi a parità di popolazione, 4,4 milioni di residenti) riceverà 8,72 miliardi contro gli 8,44 del 2020: non solo 1,1 miliardi in più rispetto alla Puglia, ma potrà godere di un incremento rispetto all’anno scorso di 280 milioni, il doppio rispetto a quello ottenuto dalla regione guidata da Michele Emiliano.

Prendendo in considerazione il Veneto (4,9 milioni di abitanti) la sproporzione resta, visto che la Regione di Zaia incassa 9,48 miliardi: 1,8 miliardi in più della Puglia e 280 milioni in più rispetto all’anno scorso. Insomma, l’iniqua ripartizione non solo prosegue ma, in qualche modo, si amplifica. Cadono nel vuoto, quindi, le continue quanto corrette lamentele dei governatori Vincenzo De Luca e Michele Emiliano che più volte hanno rivendicato una distribuzione più equilibrata. Parole, però, che cadono nel vuoto.

La Campania, 5,8 milioni di residenti, avrà 10,8 miliardi contro i 10,6 dell’anno scorso, +200 milioni. È vero che il riparto del 2021 garantisce un incremento di finanziamento alle Regioni a statuto ordinario almeno pari al +1,7% rispetto al 2020, ma è anche vero che l’aumento avrebbe dovuto avvantaggiare le Regioni del Sud che, storicamente, ricevono meno.

«La Conferenza lavorerà già a partire da questo mese per avviare un percorso di revisione dei criteri di riparto e di ponderazione della popolazione, nonché delle percentuali di finanziamento della spesa sanitaria attribuita ai livelli assistenziali per rappresentare più efficacemente le specificità regionali», ha annunciato il neo presidente Massimiliano Fedriga. Ma nel frattempo, il Mezzogiorno è ancora penalizzato perché nulla è cambiato.

LEGGI IL DOSSIER – LA SPEREQUAZIONE TRA NORD E SUD

Le differenze si fanno ancora più palesi se prendiamo la spesa pro capite dello Stato per ogni cittadino: per la salute e le cure di un pugliese, lo Stato investirà nel 2021 1.861 euro, contro i 1.982 riservati ad un emiliano e 1.935 per un veneto. La Lombardia, che conta 10 milioni di residenti, riceve 19,42 miliardi contro i 18,8 miliardi del 2020: + 600 milioni in un anno e una quota pro capite pari 1.942 euro. La Campania solo 1.877 euro pro capite; la Calabria (quasi due milioni di abitanti) ottiene nella ripartizione del fondo sanitario nazionale solamente 3,67 miliardi, circa 70 milioni in più rispetto al 2020 e 1.837 euro pro capite.

Potremmo continuare: il Friuli Venezia Giulia che conta 1,2 milioni di residenti, incassa 2,39 miliardi: 1.992 euro per ogni suo cittadino. E ancora: il Piemonte, che pure negli ultimi anni come certificato dalla Corte dei Conti, non ha brillato nell’obiettivo di tenere sotto controllo la spesa sanitaria, incassa dallo Stato 8,53 miliardi, 200 milioni in più: 1.961 euro pro capite. Chiudiamo con la Toscana, 3,73 milioni di abitanti e 7,3 miliardi (200 milioni in più): 1.957 euro pro capite.

Insomma anche il 2021 conferma l’andamento degli anni precedenti, basta pensare che nel confronto tra il 2010 e il 2020, l’incremento percentuale del Fondo sanitario nazionale ha sempre premiato il Nord: negli ultimi 10 anni la Lombardia ha visto aumentare la propria fetta dell’11,4%, l’Emilia Romagna del 9,9%; 8,2% in più per la Toscana. La Basilicata, invece, ha avuto un incremento percentuale molto più modesto (+4,9%); l’Abruzzo del 6,7%; Calabria +5,7%; la Puglia e la Campania di circa l’8,1%.

Si dirà, le Regioni del Nord ricevono più soldi perché le spendono meglio. Falso mito. Tra il 2018 e il 2019, in Italia si è registrato un peggioramento del disavanzo nei conti del settore sanitario del 10 per cento: dai 990 milioni del 2018 si è passati a poco meno di 1,1 miliardi nell’esercizio appena concluso. Un peggioramento – certifica la Corte dei Conti nel Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica – da ricondurre «in prevalenza alle regioni non in Piano e a statuto ordinario, che vedono ampliarsi il disavanzo dai 69,1 milioni del 2018 ai 165,5 del 2019».

I giudici contabili stanno parlando proprio delle Regioni del Nord, lo chiariscono in un passaggio successivo: «Un risultato – si legge nella relazione – dovuto soprattutto al Piemonte, che quest’anno sembra chiudere l’esercizio con uno squilibrio di circa 79 milioni. Più limitati gli squilibri di Liguria, Toscana e Basilicata». L’esame dei dati è tratto dai conti economici consolidati. Le regioni a statuto speciale segnano un incremento più contenuto (+6,6 per cento), pur confermando il risultato fortemente negativo a cui fanno fronte immettendo risorse aggiuntive. Le regioni in Piano, cioè sostanzialmente quasi tutti quelle del Mezzogiorno, nel 2019 continuano a registrare un riassorbimento degli squilibri. Fatta eccezione per il Molise che peggiora i suoi conti passando da disavanzo di 30 milioni del 2018 a uno di 120 nel 2019, le altre migliorano.


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