Mario Draghi
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Ed eccoci al rischiatutto. Dal 26 aprile o la va o la spacca. La cabina di regia del governo in carica da circa 3 mesi ha deciso di riaprire gradualmente tutto. Si parte con i ristoranti, considerati ormai un’emergenza nazionale, 330 mila piccoli e grandi somministratori che spingevano alle porte del Palazzo e hanno trovato la sponda giusta in Matteo Salvini e nei governatori.
Potranno servire i loro pasti caldi o freddi purché all’aperto sia a pranzo che a cena, anche se il coprifuoco dalle 22 alle 5 per il momento resterà in vigore. Via libera anche alle altre attività di sport e spettacolo con modalità diverse, ad eccezione di tutto ciò che si svolge al chiuso. Per cinema e teatri, si applicherà la norma del precedente decreto che fissava la riapertura al 26 marzo.
Consentiti anche dal 1° maggio gli spostamenti fra regioni gialle, con un pass speciale si potrà anche “sconfinare” nelle zone arancioni o rosse. Negli stadi sarà inoltre consentita la presenza a mille persone sugli spalti, via libera al calcetto.
Mario Draghi insomma ha detto sì. Si è piegato. Una scelta imposta dal pressing delle regioni e delle categorie, quasi obbligata. La bandiera a scacchi dello starter rimane però saldamente in mano al presidente del Consiglio che potrà interrompere la corsa in qualsiasi momento.
Per annunciarlo agli italiani che aspettavano con ansia questo momento, ha convocato, ieri pomeriggio, a Palazzo Chigi una conferenza stampa al quale ha preso parte anche il ministro della Salute Roberto Speranza.
Dal 15 maggio riapriranno le piscine, dal 1° giugno le palestre, il 1° luglio semaforo verde anche per il comparto fieristico. Lo spostamento da una regione all’altra sarà consentito per motivi di salute o lavoro, con un certificato che dimostri di essersi sottoposti al vaccino, con un tampone effettuato 48 ore prima o dimostrando di avere avuto il Covid e di essere guariti. Rinviata invece ogni decisione sulle isole cosiddette Covid-free.
PRUDENTE OTTIMISMO
Draghi è pienamente consapevole che si cammina in equilibrio su una fune. Che il governo sta prendendo “un rischio ragionato e fondato” su dati che considera in miglioramento (Rt 08,5 con previsioni in discesa).
Sa che le aspettative dei cittadini e delle categorie più colpite dal Covid vanno in questo senso e che un ulteriore rinvio avrebbe alimentato altre tensioni sociali, tirato la corda già sfilacciata in più punti. “Guardare al futuro con prudente ottimismo”, è la parola d’ordine.
Con un occhio al cielo, perché senza un robusto contributo del meteo e della primavera, senza un rialzo delle temperature, le concessioni potrebbero ridursi a niente. L’ex presidente della Bce doveva fare i conti con la componente aperturista del governo, cercare un equilibrio con i seguaci della prudenza.
Da una parte Salvini e dall’altra Speranza con la maggioranza dei ministri dem e 5 Stelle. Con il numero dei decessi, che anche ieri hanno toccato quota 429, parlare di riaperture tout court non sarebbe stato affatto facile. Per questo le regole saranno valide nelle regioni che hanno un basso contagio e numeri da zona gialla. I colori e le fasce non scompariranno e in caso di nuove impennate si potrà tornare indietro. Anche se non è questo per il governo equivarrebbe ad un mezzo fallimento.
SCONTRO NELLA CABINA DI REGIA
Non è un segreto di Stato che la decisione di riaprire alla volta sia stata presa nonostante qualche scambio di vedute molto acceso, preoccupati che l’onda della protesta si sollevi.
Draghi ha parlato di una «atmosfera buona nel governo» e non poteva fare altrimenti. Ha difeso a spada tratta Speranza, «che gode la mia stima e la mia fiducia».
Non poteva certo mettere in discussione in piena pandemia un ministro che in questa fase non è stato peggiori di altri. Anzi. Se ha scelto di acconsentire alle riaperture all’indomani della Festa della Liberazione – mai evocativa come in questo caso – è perché, come ha spiegato, «il piano vaccinale sta andando bene, siamo arrivati a 14 milioni di persone che hanno ricevuto la prima somministrazione con l’80% di ultra 80 enni vaccinati.
Una decisione così importante – ha ammesso il rettore di Palazzo Chigi – non poteva non contemplare anche diversità di vedute su singoli aspetti. È stata presa all’unanimità ma non a maggioranza», ha specificato, anche se forse intendeva l’esatto contrario.
A parte le pressioni politiche molto ha inciso in questa scelta uno studio scientifico sull’incidenza del contagio all’aperto. Lo stesso studio che ha dato il via libera ai ristoranti e ai bar di New York dove i tavoli all’aperto sono stati sempre consentiti. «La premessa – ha insistito molto su questo punto Draghi – è che questi provvedimenti siano accompagnati da cautela». Non bisognerà insomma ripetere i comportamenti della scorsa estate dove le restrizioni furono osservate in modo, per così dire, molto creativo, senza gli adeguati controlli.
Molti dubbi restano. Uno su tutti: perdere la scommessa delle riaperture anticipate, aprire dunque per poi richiudere, sarebbe deleterio e produrrebbe danni incalcolabili, forse insostenibili per un Paese duramente provato, con il rapporto debito/pil all’11,8% e un indebitamento al 160%.
I dati per stabilire quali regioni entreranno in questa sorta di Zona gialla rafforzata saranno quelli presi a partire dal prossimo 23 aprile . In teoria dovrebbero rientrarci Emilia-Romagna; Friuli Venezia Giulia; Lazio; Lombardia; Molise; Piemonte; province di Bolzano e Trento; Puglia; Umbria e Veneto. «Avevamo un tesoretto da spendere e lo abbiamo utilizzato per la scuola», ha chiarito Speranza che conserverà la poltrona ma ha perso il braccio di ferro con Salvini e i governatori delle Regioni. Tutto si giocherà nell’arco di un mese. Se il quadro della curva epidemiologica evolverà in senso positivo il Paese potrà ripartire. L’altra ipotesi è il Cigno nero, ed è meglio non prenderla in considerazione.
PIÙ RISTORI E PIÙ RISTORATI
Le riaperture saranno accompagnate dagli altri due blocchi di provvedimenti. Lo scostamento di bilancio: 40 miliardi, che verranno utilizzati anche per i ristori concessi, ha confermato le indiscrezioni Draghi, secondo nuovi criteri.
Non solo il calo di fatturato «ma un sostegno alle aziende più discriminante», verrà considerato il coefficiente dell’utile d’impresa insieme ai costi fissi, ad esempio, l’affitto. «Ma questo nuovo conteggio allungherà i tempi, almeno di 4 settimane», ha detto Draghi che ha affrontato la questione con il ministro dell’economia Daniele e i tecnici del Mef. Si allargherà la platea delle partite Iva che riceveranno ristori.
Di Recovery plan – 191,5 miliardi, di cui 69 a fondo perduto, più miliardi del fondo di accompagnamento per le opere che l’Ue non approverebbe – si parla in un’altra parte di questo giornale. Mario Draghi non ha voluto esprimersi sui principali dossier industriali aperti, ad accezioni del caso Alitalia del quale ha detto che considera “debito buono” un sostegno destinato a rendere di nuovo competitiva la compagnia e “debito cattivo”, l’aiuto a pioggia, fine a se stesso. Preoccupato per la montagna del debito pubblico? È sostenibile? La risposta di Draghi: «La domanda da porre non è questa.
Con la pandemia il mondo è cambiato, quello che prima si misurava sui tassi di interessi ed era, come dicono gli economisti, la capacità di “servire” il debito, ora va considerato in un altro modo e guardato con altri occhi. Tutto dipenderà da quale sarà la crescita».
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