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I medici li chiamano “panchinari”. Fanno parte di una lista suppletiva e sono pronti a subentrare se qualcuno non si presenta. Anche loro dovrebbero far parte delle cosiddette categorie protette, disabili, fragili, anziani e anzianissimi. Sono riserve. Vengono convocati all’ultimo istante per utilizzare fiale che altrimenti andrebbero perse.

Ma ce lo vedete voi un ultra 80enne, un paziente in carrozzina, un malato oncologico che esce di casa, attraversa di corsa la città e si precipita per offrire il braccio all’infermiere? Infatti non succede quasi mai. Più spesso il panchinaro è l’amico dell’amico, l’Italia delle regioni, delle categorie privilegiate e dei cugini che si fa avanti pronta a esibire il cerotto come un trofeo.

A dire il vero a ingenerare confusione è stato anche anche il generale degli Alpini, Figliuolo quando all’inizio disse in casi estremi “vaccinare chi passa”. Una ingenuità. E purtroppo anche l’appello lanciato da Mario Draghi finora è caduto nel vuoto.

Le Regioni che spingono e chiedono date certe per le riaperture sono le stesse che procedono a passo di lumaca con le vaccinazioni degli over80 e dei 70enni, le fasce più esposte al rischio. I vaccinati classificati nella categoria “altro”, quella dove maggiormente si annidano i furbetti, è salita a circa 2 milioni e 385 mila persone. Cui si aggiungono altri 550 mila “non sanitari”. Una categoria indistinta.

L’obbligo di vaccinazione è stato allargato infatti agli operatori di “interesse sanitario”. In questa fessura lasciata semiaperta dalla norma sono entrati a migliaia. «La responsabilità però è di tutti – si difende Andrea Bottega, segretario nazionale del più importante sindacato nazionale degli infermieri – se infatti è chiaro quali siano le professioni sanitarie, meno chiaro è chi siano questi lavoratori. Si è ampliata la platea ad una serie di persone giovani: chi fa manutenzione nelle strutture, chi fa le pulizie, chi ha mansioni amministrative».

E tutto questo mentre gli anziani continuano a morire più di qualsiasi altro Paese europeo.

Le regioni in cui si è fatto largo uso di panchinari sono quelle in cui sono scattate le inchieste. In Piemonte, a Biella, le persone finite nel registro degli indagati sono circa 60. Le carte sono ancora segreta, ma a quanto pare le riserve comunicavano con l’azienda ospedaliera tramite una chat. È successo in Sicilia, Val d’Aosta, Calabria e Campania. Si sussurra che tra i beneficiati possa esserci, oltre a parenti e amici, anche qualche vip.

A MILANO CONVOCATI DUE VOLTE PER LA PRIMA DOSE

Furbetti a Biella, furbetti a Oristano, furbetti e salta-lista a Bari. Un capitolo a parte merita la Lombardia. L’alto numero di rinunce provocate dalla disastrosa gestione della comunicazione su AstraZeneca ha allargato le maglie. E in molti, a quanto pare, in questo vuoto ci sarebbero infilati. Mentre continua il caos delle prenotazioni.

Un caso tra i tanti. Il signor Andrea Marazzi da Monza, 53 anni, uno dei tanti caregiver rimasti senza vaccino. Ha preso carta e penna e ha scritto al presidente della Regione Attilio Fontana e all’assessora al Welfare Letizia Moratti per raccontare la sua odissea. Sua moglie è invalida al 100×100 ed è stata vaccinata il 28 marzo scorso. Lui, il marito, no. Respinto con perdite tutte le volte.

«Ormai rassegnato, dopo essere rimbalzato da un centralino all’altro – racconta- ho provato a prenotare di nuovo mia moglie per la prima dose inserendo il suo codice fiscale. Volevo vedere se il sistema mi negava l’accesso visto che a mia moglie il vaccino è stato già inoculato».

Ebbene, il sistema ha accettato la prenotazione. Come mai? «Perché il data base della mia Ats brianzola non comunica i dati. E ho ricominciato il ping pong. Mi hanno detto “si rivolga al vax manager”, il quale a sua volta mi ha girato al medico di base. Una trottola».

Per spingere la Regione a seguire le direttive nazionali, il consiglio regionale, il 16 marzo scorso, dunque con largo anticipo, votò all’unanimità una mozione in cui si chiedeva di privilegiare nel piano vaccinale gli anziani e i più fragili. Poco meno di una premonizione.

IL FRONTE DELLE RIAPERTURE

Il fronte delle riaperture intanto si compatta I governatori subiscono le pressioni di Confindustria stringono alleanze, premono sui sindacati, vorrebbero far tirare su le saracinesche già il prossimo 20 aprile. Così che Mario Draghi e chi come i tecnici del Cts si trincerano dietro i numeri finiscono accerchiati.

C’è anche chi (copyright Walter Veltroni) sostiene che indicare una data per le riaperture è indice di democrazia, tipico di quei paesi anglosassoni che non a caso «non hanno mai conosciuto dittature». Riferimento all’Inghilterra, che all’inizio negò il virus e agli Stati Uniti all’epoca guidata da Trump.

I più agguerriti restano i presidenti del centrodestra. Un caso a sé Vincenzo De Luca, più realista del re. «Dopo aver completato la campagna di vaccinazione dei più fragili e degli anziani procederemo per categorie economiche e non per fasce d’età», fa sapere. Il governatore campano che tra le priorità indica lavoratori del trasporto pubblico locale, dipendenti comunali e delle Poste, commesse dei supermercati.

E al premier Draghi che si è scagliato contro i furbetti appellandosi al senso civico e alla “coscienza”, replica: «Ho ascoltato quel grido di dolore e di indignazione, mi chiedo a mia volta però con quale coscienza si può togliere ai cittadini campani una quantità di 10 mila dosi di vaccino…». In Toscana ha rinunciato a vaccinarsi un 10% dei prenotati, un dato che il presidente della Regione Eugenio Giani considera però “fisiologico”.

Il veneto Luca Zaia chiede – provocatoriamente – le dosi di AstraZeneca rifiutate dalle altre regioni. E Nicola Zingaretti, da quasi un mese presidente a tempo pieno dopo le dimissioni da segretario dem, propone un patto ai suoi colleghi del Centro Italia, ai quali nei prossimi giorni scriverà una lettera, «Abbiamo davanti una stagione di grandi investimenti pubblici e anche privati, dobbiamo programmare pensandoli insieme».

L’obiettivo è “lanciare forme” di coordinamento in vista del Giubileo 2025. Dopo la Pandemia, ci salverà l’Anno Santo?


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