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C’E’ UNA contabilità parallela alla serale elencazione quotidiana dei lutti: quelli che si sarebbero potuti evitare se tutte le Regioni non avessero proceduto in ordine sparso. Un calcolo che analisti e statistici conoscono bene. L’unità di misura è la morte: dai 150 ai 100 decessi da Covid in meno al giorno.

Sarebbe bastato che anziché stabilire ognuna un suo criterio di priorità, un elenco delle categorie alle quali dare la precedenza, le regioni avessero vaccinato i più anziani, fragili e disabili, come è avvenuto in altri Paesi europei dove il virus con tutte le sue varianti è meno letale. I nostri 20 piccoli stati hanno seguito invece regole molto diverse tra loro.

Chi ha vaccinato avvocati, chi giornalisti, chi operatori della giustizia, chi cuochi e addetti alle mense, mettendo tutti in un calderone, senza distinzione di età e percentuali di rischio. Persino con i sanitari che avevano la precedenza assoluta si sono seguiti criteri diversi, inserendo anche amministrativi in smart-working e operatori di servizi non proprio essenziali.

Con un diversa impostazione della campagna vaccinale il conteggio sarebbe meno drammatica. Il professor Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi (Istituto di politica internazionale), ha raccolto e analizzato i numeri della Pandemia. Spiega: «Con una campagna vaccinale concentrata sugli ultraottantenni avremmo dimezzato i decessi e invece li riduciamo solo di un quinto.

A causa della diversa distribuzione dei vaccini – ha calcolato Villa – abbiamo tra i 150 e 100 morti in più al giorno. E questo ci dà l’idea di quanti danni può fare non aver centrato questa campagna. Nella prima fase il 16% di dosi è andato a persone che non ne avevano urgenza. Vuol dire che almeno 1 o 2 due dosi su 10 sono andate a chi avrebbe potuto aspettare. Si sono persi due mesi».

LOMBARDIA: 11 MILIONI PER UN SERVIZIO GRATUITO

Villa, – intervistato di recente da Radio1 – ha messo il dito nella piaga. «Con poche dosi a disposizione abbiamo deciso di darle a persone che forse, almeno non tutte, se lo meritavano. Persone non facenti parte del sistema sanitario e con un rischio molto basso, utilizzando oltretutto il Pfizer fino a rimanerne senza». In alcuni Paesi europei i benefici dei vaccini hanno già dato risultati incoraggianti.

Noi stiamo ancora troppo indietro ma un piccolo miglioramento c’è. «Stanno diminuendo le vittime con più di 90 anni – ha rimarcato Villa – mentre la percentuale degli ultraottantenni vaccinati ha superato il 40 %». Sotto questo soglia, solo al 3% delle persone tra i 70 e 79 anni è stato somministrato il vaccino. Nel Regno Unito tutti gli over 50 sono stati vaccinati».

Le dosi di AstraZeneca che ha ricevuto il Regno Unito (15 milioni) sono state di poco inferiori a quelle ricevute dal resto dei Paesi Ue. Ma qualcosa comunque non torna. Prendiamo le convocazioni. In alcune regioni, ad esempio la Lombardia, sono stati usati gli sms, in altre semplici telefonate, in altre istituita un’agenda. Sbagliando destinatari, con destinazioni in alcuni casi molto lontane dal luogo di residenza. E solo nelle ultime 48 ore si è cominciato a vaccinare i pazienti allettati. L’utilizzo di diverse piattaforme informatiche ha generato altro caos.

Cinque regioni si sono rifiutate di utilizzare il portale gratuito di Poste italiane. Tra queste, inizialmente, la Lombardia, costretta a fare marcia indietro. Il Pirellone aveva preferito affidare il sistema delle prenotazioni ad un call center esterno sborsando più di 11 milioni di euro. Con risultati che ora sono sotto gli occhi di tutti e che hanno comportato alle le dimissioni in blocco del Cda di Aria Spa.

IL RIFIUTO DELLA TOSCANA: «FACCIAMO DA SOLI»

In questa dissennata gestione del siero chi ha fatto peggio, contro ogni previsione, sono le regioni del Nord. La Basilicata, tanto per fare un esempio, entro il 3 aprile prossimo avrà somministrato la prima dose Pfizer a tutti gli over 80. Nel Lazio, che spera di tornare arancione, da domani si vaccinerà anche di notte accettando le prenotazioni delle classi 52/53. Ieri si è toccato il record delle 25 mila inoculazioni in un giorno. In Toscana il governatore Eugenio Giani si è rifiutato di armonizzare i portali della regione utilizzando per le prenotazioni Poste italiane. «Il nostro funziona regolarmente, cambiare in corsa sarebbe peggio», ha detto.

Nessuna parola però sui 70 mila fragili che non sono riusciti a prenotarsi. Nelle Marche circa ventimila persone considerate categoria prioritaria, impiegati e amministrativi meno esposti al Covid , hanno già ricevuto la prima dose. Cosa che è riuscita ai non deambulanti over 80, impossibilitati a recarsi nei 15 punti vaccinali. Il consigliere regionale pd, Antonio Mastrovincenzo ha presentato un’interrogazione. Vuol vederci chiaro, capire come mai «1.888 persone che non sono personale sanitario, sono rientrate nella categoria degli addetti ai servizi in contatto con i pazienti mentre nelle Rsa solo in 145 hanno ricevuto il vaccino». Senza parlare delle 40 mila dosi avanzate, della cancellazione delle prenotazioni, delle fiale Astrazeneca destinate a pazienti incompatibili per le loro patologie, convocati e poi rimandati a casa.

Non stiamo parlando dei furbetti. Ma del “modello Andrea Scanzi”. La corsia preferenziale per aggirare la fila adducendo la qualsiasi. I genitori malati, le fragilità presunte, l’inoculazione last minute per non disperdere il prezioso siero. In teoria, in Pandemia comanda lo Stato, come confermato di recente dalla Corte costituzionale. Definisce le categorie prioritarie, detta gli obblighi, indica le raccomandazioni vaccinali, fissa i paletti.

Manca però un documento vincolante che stabilisca gli obiettivi regionali. Solo così, adottando un decreto ad hoc, lo Stato avrebbe potuto intervenire correggendo le inefficienze. In assenza di atti normativi resta solo un’offerta di collaborazione generica alle regioni. Aiuto che i governatori rispediscono regolarmente al mittente.


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