Una vaccinazione anti-Covid
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Prima regola: proteggere il personale sociosanitario, le Rsa, gli over 80, le persone vulnerabili e i disabili. Quindi gli operatori dei cosiddetti “servizi essenziali”. Ed è in questa zona franca, non meglio precisata, che si è aperta una breccia, un percorso facilitato verso il vaccino. La valutazione varia a seconda delle regioni, delle categorie coinvolte. Può variare anche da provincia a provincia, da comune a comune, da Asl ad Asl.
Il sentiero è stretto ma il ventaglio delle possibilità ampio. Nel comparto dei “non sanitari” sono compresi anche cuochi, centralinisti, operai della manutenzione, addetti alle pulizie, camerieri delle mense, uscieri. Come considerali? Vaccinabili o no? Regione che vai “categoria prioritaria” che trovi.
AVVOCATI VACCINATI MA SOLO IN 4 REGIONI
Il caso più eclatante è quello degli avvocati. I giudici togati su base volontaria hanno potuto aderire alla campagna vaccinale. Loro no. Fanno eccezione la Toscana, che li ha accolti a braccia aperte e già inocula il siero anche gli under 55, considerandoli a tutti gli effetti “operatori del settore giustizia”, la Puglia, la Campania e la Sicilia, dove a metà marzo saranno tutti vaccinati.
In Umbria, dove la diffusione della variante inglese ha fatto scattare ovunque zone rosse, la protesta corre sui social. Nel Lazio, che conta il maggior numero di iscritti, gli avvocati – “nel totale silenzio del ministero della Giustizia” – hanno firmato una petizione. “Chiediamo che tutti gli operatori della giustizia, nessuno escluso – chiarisce l’avvocato romano Filippo Carusi – vengano considerati categorie da vaccinare con priorità”.
Cancellieri, ausiliari, segretari, la lista è lunghissima. “Siamo in Italia ma purtroppo sembra di stare in venti Paesi diversi – commenta l’avvocato Pietro Di Tosto, promotore della petizione che ha ricevuto sin dall’inizio tantissime adesioni – andiamo negli uffici giudiziari, incontriamo persone, andiamo in udienza, tutti i giorni siamo esposti al contagio. Se non verremo ascoltati andremo avanti e scriveremo una lettera al presidente della Regione Zingaretti perché venga data anche a noi la possibilità di vaccinarci”.
In assenza di una direttiva che riconosca ai lavoratori di uno stesso settore pari trattamento si procede in ordine sparso. Si può svolgere lo stesso lavoro ed essere fragili in Lombardia ma non in Sicilia. O il contrario, La “fidelity card” che in una regione dà l’accesso alle procedure di immunizzazione può non valere in un’altra. Gli Ordini hanno fatto pressione a livello distrettuale per ottenere dalla propria regione l’inserimento nei rispettivi piani vaccinali.
La presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi ha scritto alla ministra della Giustizia Anna Maria Cartabia. “Non è una questione di privilegio rispetto alla nostra categoria ma di riguardo alla funzione – si legge nella lettera –. Il Cnf ha aderito alla richiesta formulata dalla Associazione nazionale magistrati per inserire tutti gli operatori del comparto tra i soggetti ai quali va somministrato il vaccino in via prioritaria svolgendo un servizio essenziale”.
“Ci troviamo – scrive ancora la Masi – nella situazione che sin dall’inizio si desiderava scongiurare di non parità di trattamento, non solo tra i diversi operatori della giustizia, ma anche all’interno della stessa categoria forense che alcune regioni hanno inserito nei piani di vaccinazione e altre no”.
LETIZIA MORATTI: VACCINEREMO NELLE AZIENDE
Letizia Moratti assessore regionale al Welfare assicura che le categorie prioritarie verranno rispettate. Nel frattempo, però, presentando il piano della Regione Lombardia, ha annunciato ieri di essere pronta a lanciare il piano per vaccinare i lavoratori direttamente in azienda. E Confindustria Lombardia, che ha formato un protocollo con la regione, fa sapere che in questo modo si potranno immunizzare 400 mila dipendenti, “progetto che si potrebbe allargare alle loro famiglie”.
E la fascia prioritaria? E se il criterio dei parenti venisse anche a medici, insegnanti, carabinieri e poliziotti? Chi decide? La scarsità delle dosi ha complicato la situazione, ridisegnato le priorità, stravolto le tempistiche.
In questo ingorgo di piani, uno diverso dall’altro, piani che si sovrappongono, si confondono e ci confondono. Da oggi intanto dovrebbe iniziare nei penitenziari la vaccinazione dei detenuti.
MEDICI DI BASE NEL CAOS, SOLO 10 FIALE E SOLO IN 5 REGIONI
Ma non finisce qui. Ci sono anche i medici di base. Dove si procede, tanto per cambiare, in ordine sparso. Gli accordi per utilizzarli nella campagna di vaccinazione sono partiti solo in 5 regioni con 10 dosi per medico. Che vuol dire 10 fiale a settimana ogni 15 giorni. L’attesa per ricevere il vaccino potrebbe durare perciò mesi o anni.
Le regioni dove i medici di medicina generale hanno iniziato a iniettare le fialette (per ora solo) agli over 80 sono Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Val d’Aosta, Toscana e, limitatamente, la Campania, e solo in alcune Asl di Napoli. “Sarebbe opportuno stabilire chi fa cosa e suddividere la popolazione per evitare sovrapposizione e il problema di gestione dei richiami”, ha sommessamente suggerito Silvestro Scotti, segretario nazionale Fimmg.
“Comprendo e faccio mie le preoccupazione di quei governatori che lanciano un appello per richiedere una maggiore disponibilità di sieri per i propri territori ma consiglio loro di evitare di ingaggiare sterili battaglie politiche alla ricerca di un capro espiatorio – si è inserito nel dibattito a distanza e ha suggerito il sottosegretario alla Salute Andrea Costa -. Il Paese ha bisogno di cooperazione tra le parti coinvolte e non della contrapposizione tra Stato e Regioni”. E su questo sono tutti d’accordo.
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