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Fabrizio Curcio, nuovo capo della Protezione civile

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HA CAMBIATO la catena di comando, riportato la Protezione civile al centro del villaggio, ripristinato le gerarchie, chiamato un generale al posto di Arcuri. Ma ha fatto anche altro: ha stabilito il principio che per contrastare la pandemia serve un’unica cabina di regia non venti risposte diverse.

LA CONSULTA

Una sanità nazionale non una sanità privatistica e federale, spalmata a pioggia a seconda delle variabili locali. Se glielo lasceranno fare, perciò, Mario Draghi applicherà alla lettera il parere dato dalla Corte costituzionale il 24 febbraio scorso, quando i giudici furono chiamati ad esprimersi sul ricorso che il governo Conte aveva presentato impugnando una legge anti-Dpcm della Val d’Aosta varata dalla giunta del governatore Erik Lavevaz (che ieri ha incontrato la ministra agli Affari Regionali Maria Stella Gelmini per valutare in che modo rimodulare il contributo regionale alla finanza pubblica).

L’ennesima norma di una dinamica suicida che annullava tutte le restrizioni del governo. Il solito gioco al massacro. La Consulta stabilì che l’autonomia speciale finisce in secondo piano, anzi, va proprio va a farsi benedire quando in ballo c’è la saluta pubblica di tutta una nazione nella lotta per il contenimento del Covid. Tradotto vuol dire che la pandemia non è questione che possa riguardare solo le comunità delle valli alpine o circoscritta al perimetro della Val Brembana, ma è di competenza esclusiva dello Stato in quanto “profilassi internazionale”. Una legge regionale sovrapponendosi alla norma statale “espone di per se stessa al concreto a attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor vigore”, scriveva il relatore, il costituzionalista Augusto Barbera. Una svolta.

Resta da chiedersi come mai il precedente governo abbia lasciato tanto spazio al legislatore regionale azzuffandosi ad ogni Dpcm quando sarebbe bastato affermare il principio che a decidere sul Covid è lo Stato. In questa luce, persino la disputa sulla zona rossa nella Bergamasca e in Lombardia andrebbe letta con un’altra lente. Chi non ricorda le dispute per i bar e i ristoranti aperti o chiusi a seconda delle occasioni? L’ex ministro Francesco Boccia spesso lasciato da solo a fare la voce grossa per chiedere il rispetto dei decreti della presidenza del Consiglio. Un caso limite. Alimentato, però, anche dalle incertezze del governo Conte finito per due volte nella trappola dei super-governatori. La prima con la Lega, la seconda con il Pd.

IDEA CENTRALISTA

“Mario Draghi ha commissariato le regioni”. E’ la frase che nei corridoi dei palazzi non si deve pronunciare. L’altra è: “C’è voluto un generale…riferendosi a Francesco Paolo Figliuolo, il successore di Arcuri. L’importante è non scatenare non suscitare la permalosità dei governatori, gente dall’io ipertrofico. Il cambio in corsa di Arcuri, il commissario di tutto e di più, e la decisione di chiamare in quel ruolo apicale un generale dà il senso della battaglia che il premier si prepara a combattere.

Con i presidenti delle Regioni e con la Conferenza Stato-Regioni il rapporto vuol essere di reale collaborazione e quando sarà possibile improntato alla concertazione. Ma il potere decisionale resterà in capo a palazzo Chigi. Su questo non si discute. Il premier non darà spazio alla litania dei presidenti bravi a stare con un piede in due staffe. Con il governo quando si decidono le restrizioni. E con le categorie quando si contesta scegliendo la strada delle contumelie, dello scaricabarile e del conflitto. La ripresa economica dipende dall’efficienza della campagna vaccinale. In assenza di un piano serviva un cambio di passo: il ritorno di Fabrizio Curcio alla Protezione civiile, un tecnico di grande esperienza, rimetterà in gioco la capacità operativa di una struttura che sotto stress ha dato sempre il meglio di sé. Si riparte dal milione di dosi di vaccino rimaste nei freezer in assenza di un piano.

Mentre Luca Zaia, ancora ieri, continuava a ripetere che volendo acquistando sul mercato privato le fiale in 100 giorni avrebbe potuto immunizzare 5 milioni di veneti. Con Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna che insiste: “Da noi saremmo in grado di fare un milione di vaccini in un mese, il problema sono le dosi”.Draghi non vuole un nuovo braccio di ferro con le Regioni. Oggi alle 9.30 è in programma un nuovo vertice e non si esclude un nuovo passaggio con le Regioni alle quali verrà presentata la nuova stretta.

Il tema più controverso resta la scuola. Importante sarà il parere dei membri del Cts, l’interpretazione che daranno dei dati Recepite le ultime osservazioni vivaddio si decide.


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